La rivincita di Caravaggio: un corso per ricostruire la sua vita
Quest’autunno la scena dell’arte sembra essere completamente occupata da Caravaggio. Uno dei più celebri pittori italiani di tutti i tempi, artista dallo straordinario genio creativo e dalla tormentata esistenza, Caravaggio viene riscoperto dopo quasi trecentocinquant’anni di oblio e assurto a fama universale solo nel 1951 grazie allo storico dell’arte Roberto Longhi, che in quell'anno curò a Milano la mostra di Caravaggio e dei Caravaggeschi.
Il FAI – Fondo Ambiente Italiano - ha dedicato all’artista delle mille luci e ombre (sia riguardo alla sua tecnica pittorica che alla sua vita turbolenta) l’annuale corso di Storia dell’Arte, curato da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, che si terrà all'Università degli Studi di Milano dal 5 ottobre 2016 al 24 maggio 2017. Un percorso a tutto tondo che, oltre alle lezioni in aula in cui parteciperanno gli attori diplomati alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano, prevede visite guidate esclusive e quattro appuntamenti speciali con protagonisti dello scenario teatrale italiano, con l’intento di illustrare e ricostruire la vita di Caravaggio attraverso i testi e i documenti dell’epoca in cui è vissuto.
In questi ultimi decenni sono state fatte molte scoperte riguardanti l’artista milanese (tra cui proprio il suo luogo di nascita, che non fu il paesino bergamasco di Caravaggio ma la città meneghina), e sono riemersi molti dettagli della sua vita tragica e movimentata, che permettono nuove chiavi di lettura.
Pochi giorni fa l’annuncio dello storico dell’arte Franco Moro, che ritiene di avere identificato ben 69 opere di Caravaggio tra dipinti e disegni sparsi in istituzioni museali di tutto il mondo. Dopo cinque anni di studi e ricerche Moro sta per dare alle stampe il suo saggio “Caravaggio sconosciuto. Le origini del Merisi, eccellente disegnatore, maestro nei ritratti e nelle cose naturali” (Allemandi editore), in cui l’autore parte proprio dall'intuizione che, vista l’accusa di omicidio pendente sul capo del pittore, seguita alla decretazione della sua damnatio memoriae nel 1608, quando si trovava a Malta, molti detentori delle sue opere abbiano potuto preferire cancellare o addirittura cambiare il nome del Caravaggio nelle stesse e negli inventari.
Ipotesi molto interessanti, ma sicuramente da prendere con le pinze, visto proprio il numero esorbitante delle proposte.
E sulle attribuzioni si concentra anche il nodo della discordia tra il direttore della Pinacoteca di Brera James Bradburne e il grande storico dell’arte italiana Giovanni Agosti, che il 25 ottobre si è dimesso dal Comitato scientifico di Brera.
Tutto nasce da una delle consuete iniziative della Pinacoteca, i “dialoghi”, in cui viene messo a confronto un “capolavoro” del museo con altre opere “ospiti”, proprio perché se ne generi un dibattito. Il terzo “dialogo”, che si terrà dal 10 novembre 2016 al 5 febbraio 2017, a cura di Nicola Spinosa, sarà dedicato a uno dei “pezzi forti” della Pinacoteca, la Cena in Emmaus di Caravaggio, che verrà accostato a 5 dipinti, alcuni di identico soggetto, con attribuzioni a Caravaggio variamente accolte, contestate o assegnate ad altri pittori suoi contemporanei. Il pomo della discordia è il dipinto francese di Giuditta che taglia la testa a Oloferne, che lascerà per la prima volta la Francia proprio in occasione di quest’esposizione.
L’opera, scoperta due anni fa nella soffitta di un’abitazione privata nella campagna francese, e affidata dai proprietari al mercante parigino Eric Turqui è attribuita al Caravaggio dallo stesso Spinosa, ma non è riconosciuta nel corpus dell’artista né da Agosti né da Mina Gregori, massima esperta di Caravaggio, e già Palazzo Barberini e Capodimonte si sono rifiutate di esporla con l’attribuzione proposta da Spinosa.
E il nodo sta proprio nell'attribuzione, perché il proprietario mette come condizione che il dipinto rechi nel cartellino dell’esposizione la paternità caravaggesca.
Agosti non ritiene opportuno promuovere l’esposizione di un’opera privata e di attribuzione incerta, che verrebbe così pubblicizzata per un suo possibile ingresso nel mercato entro il 2019, con il valore di 120 milioni di euro, il cui valore verrebbe anche dal prestigio acquisito dal quadro proprio per la sua esposizione a Brera accanto alla celebre Cena in Emmaus.
Tutto questo dimostra che il dibattito è più che mai vivo, e ciò non può che avere risvolti positivi. Un pensiero va inevitabilmente anche a Michelangelo Merisi, che dopo secoli di oblio torna quasi prepotentemente sulla scena, riprendendosi forse la sua rivincita.