Una Madonna del Latte ad Expo. Lo stand Granarolo nel Padiglione Italia ospita un altorilievo quattrocentesco
Expo è iniziato con i suoi ospiti italiani ed internazionali: per tutti quelli che passeranno dal Padiglione Italia desideriamo far notare al suo interno la presenza dell'altorilievo con la madonna del latte di Francesco Ferrucci, che mostra ai visitatori come il nostro primo nutrimento sia stato attraverso i secoli protagonista dell'Arte, e come l'Arte sia stata nutrimento della nostra identità nazionale.
La tradizione figurativa, soprattutto quella sacra, ha lasciato eccellenti esempi di come alcuni elementi della vita quotidiana siano stati assunti a simbolici, fondamentali per un racconto per immagini. Per questo motivo nello stand di Granarolo, che vuole presentarsi al visitatore come una "milk experience" sulla conoscenza dell'alimento latte, la sua produzione e il suo utilizzo, si trova un angolo denominato "the milk heritage" che illustra, con un filmato e attraverso questo capolavoro rinascimentale, la presenza secolare del latte nella nostra cultura.
Si tratta di un tondo in gesso, ritrovato nelle cantine di palazzo Tartagni-Bianchetti a Bologna, alla fine del 2013. Attualmente l'edificio è di proprietà dell'Opera Diocesana Madonna della Fiducia, ma nel XV secolo apparteneva alla famiglia di Alessandro Tartagni, noto e facoltoso giurista i cui figli fecero innalzare dopo la sua morte, avvenuta nel 1477, un monumento funebre in marmo all'interno della basilica di S. Domenico. L'intera realizzazione fu affidata allo scultore fiesolano Francesco di Simone Ferrucci (1437-1493), che lo portò a compimento nel periodo compreso tra la fine degli anni '70 del Quattrocento e la metà del decennio successivo. Nella sommità del sepolcro, inscritta in una lunetta delimitata da due angeli in preghiera, si trova la stessa iconografia del tondo, la Madonna intenta ad allattare il Bambin Gesù reggendolo col braccio destro. Era pratica diffusa a quel tempo che i committenti chiedessero una replica del soggetto per la devozione privata, soprattutto connessa al culto mariano: fu così che la bottega del Ferrucci consegnò l'opera che noi oggi possiamo ammirare nel padiglione Italia ad Expo.
L'iconografia ha origini molto più antiche, e quella qui rappresentata è frutto del massimo sviluppo del naturalismo rinascimentale, per questo così vicina alla devozione mariana e allo stesso tempo espressione del talento cresciuto sugli esempi dei grandi maestri, talvolta coevi. Ricordiamo che si cimentarono col soggetto artisti del calibro di Leonardo, Botticelli, Bergognone, e nello stesso ambito disciplinare Donatello con il bassorilievo denominato "Madonna Dudley". La grande fortuna della Madonna del Latte, e il suo successo devozionale, vengono in concomitanza dello sviluppo progressivo del naturalismo a partire dalla versione del soggetto di Ambrogio Lorenzetti, quindi tra gli anni venti del Trecento, che permetteva un maggior avvicinamento dei personaggi sacri alla nostra realtà umana.
Ci colpiscono la delicatezza e l'intimità dei gesti dell'opera di Ferrucci: la madre offre il proprio seno al bambino accompagnando la mano a quella di quest'ultimo che volge il capo e lo sguardo nella direzione del fedele antico o dell'osservatore moderno, secondo l'iconografia codificata, poco prima o poco dopo l'atto dell'allattamento. Questo atteggiamento sottolinea l'importanza dell'azione, esemplare della reale incarnazione del divino, umanizzato in pienezza perché fa ciò che farebbe un bambino come lo siamo stati tutti. Il Latte diventa quindi simbolo della congiunzione tra Dio e l'Uomo. Di conseguenza la vergine Maria , una donna terrena in carne ed ossa, si divinizza nello svolgere la propria funzione di madre, diventando il tramite attraverso il quale non sarebbe stato possibile la crescita umana del figlio di Dio, e il suo sacrificio per l'Umanità.
Senza astrazione o ieraticità, si presenta a noi una scena intima e realistica della tenerezza tra due persone unite da un legame concreto, madre e figlio ripresi a mezzo busto con abiti ed elementi contemporanei come il cuscino su cui è appoggiato Cristo, e con un'accorta rappresentazione dei dettagli fisici e dell'espressione dei volti per esprimere i tratti psicologici, come gli occhi socchiusi di Maria che rivelano dolcezza e pazienza. Inoltre il genere del rilievo, utile alle pratiche devozionali private che si sviluppano proprio nel quindicesimo secolo, permette di rendere maggiormente "tangibile" e comprensibile l'immagine, grazie al protendersi di forme e volumi verso il fedele.
Purtroppo l'opera ha subito qualche lieve danno nel suo abbandono secolare: alcuni segni e fratture superficiali, dovute al contatto con superfici dure, e la perdita parziale del piedino destro del Bambin Gesù. Inoltre si vedono tracce di cromia molto leggere, soprattutto della doratura sulle aureole, mentre sul retro è presente uno strato di rinforzo del gesso detta zaffatura. Questi due ultimi elementi testimoniano lo sviluppo di una storia devozionale intensa, e anche se oggi non è tanto e soltanto quella a farci apprezzare il tondo, ringraziamo i fedeli del palazzo che l'hanno custodita a lungo , la ricognizione delle restauratrici bolognesi Elena dalle Donne ed Elisa Mattei, l'impegno della Fondazione Lercaro con Francesca Passerini, per il suo ritrovamento. La Madonna ritornerà nella sua città natale dopo Expo, per essere nuovamente custodita nella raccolta Lercaro.
Michela Ongaretti