Ricomincia la scuola: tutti in classe
SUONA LA CAMPANELLA, TUTTI IN CLASSE
Che ansia, ricomincia la scuola
Alzi la mano chi non ha mai sobbalzato al suono perforante della campanella scolastica: la mattina per il ritardo, durante un compito in classe non terminato, ad intervallo finito. E anche per chi è uscito dalla scuola da un pezzo, l’ansia rimane se si hanno figli in età scolare (che magari e per fortuna la prendono più sportivamente).
Ecco il suono della campanella a sancire la fine dell’estate, la fine della vacanze, la ripresa del lavoro scolastico.
Settembre, per antonomasia è il mese della scuola assieme a giugno. Il primo ne decreta l’inizio, il secondo la fine. Ricomincia un nuovo anno scolastico, pronto a scandire la vita dei bambini, dei ragazzi, ma anche quella degli adulti ( e non solo di chi è genitore); sarà forse perché a conti fatti si trascorre sui banchi il primo quarto di vita, quello che traccia i solchi e semina: i frutti colti più avanti rimarranno dei promemoria di quello che è stato. Sarà anche perché ogni inizio segna una nuova tappa nel percorso di crescita, e l’anno scolastico facilita la memoria nel ricostruire lo storico dei propri progressi o della propria prole.
L’inizio della scuola rianima la vita famigliare e della società comunque assopitesi durante le vacanze, e nonostante la diffusa abitudine di non concentrare più le ferie nel periodo estivo. Le strade la mattina si intasano di macchine, motorini e biciclette (sì, finalmente anche qui questa sana abitudine) cariche di scolari; gli stessi che poi affollano i marciapiedi all’uscita delle scuole, e che nel pomeriggio si riversano nei parchetti per dare sfogo all’argento vivo che i grembiuli a stento riescono a contenere. E che crescendo non serviranno più, essendosi spenta tra TV e videogiochi tutta la sana vitalità.
Ed ecco l’ansia fare capolino: per i compiti delle vacanze non terminati, o forse già per le interrogazioni che ricominceranno, i problemi di matematica e le versioni di latino. E gli stessi genitori non ne sono immuni. Non solo perché ricomincia la gara (per fortuna non per tutti) a poter vantare il migliore della classe, ma anche per la gimcana pomeridiana tra le varie attività a cui viene sottoposto il pargolo per trasformarlo in una star. Sarebbe forse utile ogni tanto fermarsi e chiedere al diretto interessato (o alla diretta interessata -sottinteso ovviamente in tutto l’articolo) cosa gli piacerebbe fare, ma forse si teme di non sapere né volere gestire la sua ingenua risposta “sono stanco di correre in giro, vorrei restare a casa a giocare e basta.” Come altrettanto utile sarebbe evitare di pianificare tutto il tempo libero dei propri figli, giochi compresi, per permettere alla loro fantasia di sbizzarrirsi.
Ma c’è anche qualcuno, forse più di uno, anzi tutti quelli che non si possono permettere nonni o tate di sostegno estive, che all’inizio della scuola tirano un sospiro di sollievo e recuperano le forze spese per trascorrere le tre settimane di ferie in compagnia degli amati figli, magari premiando in cuor proprio chi durante l’anno li accudisce pazientemente e battendosi il petto per averli sempre difesi a prescindere.
Certo, non possiamo trascurare gli altri protagonisti indiscussi del copione, gli insegnanti, senza però addentrarci nell’annosa questione assunzioni, concorsi, annessi e connessi. E’ comprensibile la loro ansia. Che cosa li attende? La società evolve e così anche i ragazzi; gli stessi bambini non sono più quelli di una volta. Sempre più precoci, sempre più arroganti, più maleducati, egoisti, irascibili; sempre più stressati ...a quell’età? Già. Del resto imparano per imitazione, assorbono per osmosi: una cosa non è cambiata, la loro funzione di cartina tornasole. Ci riflettono come degli specchi i nostri stessi vizi e virtù, ma noi abbagliati non ci rendiamo conto che sono la nostra fotocopia in miniatura. E allora, un po’ di comprensione per chi ha scelto l’insegnamento e non l’ha adottato come impiego di ripiego. Due professioni in particolare richiedono una vocazione che travalica se stessi: il medico e l’insegnante (escludendo ovviamente “le vocazioni” per antonomasia, e senza nulla togliere alle altre, visto che qualsiasi lavoro fatto onestamente è dignitoso). E lo testimoniano i risultati del loro operato. Non si arrendono né si scoraggiano perché si prendono a cuore i loro “pazienti”.
E l’ansia della campanella finalmente ha dato una scossa anche al governo, che nella situazione di crisi in cui versa l’Italia ha capito che se non interviene alla base delle impalcature che sostengono la nazione, questa sprofonda. Senza rischi. E’ un dato di fatto, non una probabilità. E alla base c’è il sistema scolastico che istruisce e costruisce il domani. Finalmente pare che si torni ad investire nella scuola, stando alle ultime parole del presidente del consiglio Enrico Letta. Ben 400 milioni di euro da impiegare per favorire lo studio dei meno abbiente e più meritevoli, per combattere l’evasione e la diserzione dalle lezioni, per approfondire i percorsi scuola-lavoro. Evviva!
“Drin drin drin”, sta suonando la campanella, il discorso sarebbe ancora lungo, ma il tempo è scaduto.
Buon inizio, a tutti.