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27 gennaio Giorno della Memoria. Il violino di Auschwitz, per non dimenticare

«La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere."cancello di auschwitz

Gli articoli 1 e 2 della legge 20 luglio 2000 n. 211

La Giornata della Memoria è una ricorrenza internazionale che si celebra ogni anno il 27 gennaio con l'obiettivo di ricordare tutte le vittime dell'Olocausto, il genocidio di cui furono responsabili la Germania nazista e i loro alleati nei confronti degli ebrei d'Europa avvenuto poco prima della seconda metà del 900.

La data di commemorazione, per l'appunto il 27 gennaio, non è casuale. Si è deciso di celebrare il Giorno della Memoria ogni 27 gennaio perché in quel giorno del 1945 le truppe dell'Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz sancendo la fine dell'Olocausto.

IL VIOLINO DI AUSCHWITZ

"Cominciò come un venticello senza importanza, che incattivì e diventò bufera. E niente fu più come prima. Niente."

Una lettura che vi consiglio per non dimenticare è "Il violino di Auschwitz" di Anna Lavatelli, editrice Interlinea.

E' la storia dello strumento che ha vissuto il dramma di Auschwitz e quella delle persone che l’hanno posseduto, ricostruita grazie ad uno straordinario ritrovamento di Carlo Alberto Carutti, ingegnere milanese appassionato di arte e collezionista di strumenti a corda, che nel 2014 ha scovato un pregiato violino «Collin-Mézin» presso un antiquario di Torino.

"Un giorno di novembre del 1938, il signor Edgardo aprì il “Corriere della Sera” e sedette affranto sul divano di casa.

«Stai bene, papà?» chiese Eva Maria, che stava uscendo a far compere, infagottata come un’eschimese. «Hai una faccia!»

«Guarda qui, in prima pagina. Sono state emanate le leggi per la difesa della razza» disse lui con voce cupa.

«E adesso?»

«Se la prenderanno con noi ebrei, Cicci. Ecco cosa sta per succedere».

La sua voce era così desolata che la ragazza non osò più chiedergli nulla.

Ma presto fu tutto chiaro.

Enzo e Eva Maria non potevano più andare al cinema, a teatro, al ristorante. Così, da un giorno all’altro.

E neanche frequentare club sportivi, sale da ballo o altri luoghi di divertimento pubblico.

Questo significava non trovarsi più con gli amici. Andare in vacanza, al mare, in montagna.

Quando i figli sbuffavano, i genitori non reagivano quasi mai nello stesso modo.

La signora Egle diceva, di solito: «Senti, senti! E cosa dovrebbe dire vostro padre, che non può più lavorare?»

Mentre il signor Edgardo con più tranquillità proponeva: «Possiamo sempre fare un festone a casa nostra».

Ma c’erano cose ben più gravi nel futuro dei due ragazzi.

Per esempio, non potevano più andare a scuola.

E c’era anche un’assurda lista di lavori che non potevano più svolgere, come fare il medico, il ferroviere, l’avvocato, l’insegnante, l’impiegato statale, l’allenatore sportivo, il musicista...

Questo significava, per Eva Maria, l’addio alla carriera di violinista."

 

Scrive Anna Lavatelli nel suo libro «Il violino di Auschwitz»: “Carutti subito si accorge che è un violino molto particolare: ha una stella di Davide incisa sul retro della cassa e all’interno c’è un cartiglio con delle note musicali, una scritta in tedesco e il numero 168007, che scopre essere stato il numero di matricola ad Auschwitz di Enzo Levy Segre.

Piano piano riesce a ricostruire tutta la storia: la famiglia di Enzo fu costretta, a causa delle leggi razziali, a fuggire da Torino per rifugiarsi nella Villa Truffini di Tradate, dove vennero ospitati dagli Sternfeld e dove attendevano l’occasione di fuggire in Svizzera.

Qui però, il 12 novembre 1943, Enzo, la sorella Eva Maria e la mamma Egle furono arrestati dai tedeschi, mentre il padre Edgardo si salvò.

Eva Maria decise di non abbandonare il suo amato violino e lo portò con sé. I tre vennero portati a San Vittore, dove rimasero fino al 6 dicembre 1943, quando vennero deportati al campo di concentramento di Auschwitz. Solo i due fratelli superarono la selezione, ma furono costretti a separarsi. Eva Maria, proprio grazie al suo violino, fu portata a Birkenau, dove entrò a far parte di un’orchestra femminile.

Enzo, invece, fu destinato a Monowitz dove lavorò per un’azienda produttrice di gomma sintetica. Eva Maria perse la vita nel campo di sterminio, probabilmente nella seconda metà del 1944, mentre Enzo riuscì a salvarsi e, soprattutto, a recuperare il violino della sorella. Tornato a Torino dopo la liberazione, Enzo si tolse la vita, ma non prima di aver fatto restaurare il violino.

Il grande liutaio a cui si rivolse ne ricompose la tavola armonica sventrata, aggiunse sul fondo la stella di Davide a losanghe di madreperla e applicò un cartiglio con 6 misure di una frase musicale accompagnata dal motto «Der Musik Macht Frei» (La musica rende liberi).

 

Il violino, che fa parte della collezione di strumenti storici di Carlo Alberto Carutti, è oggi conservato al Museo civico «Ala Ponzone» di Cremona nella Sala della musica. Sempre grazie alla tenacia e all’interessamento dell’ingegner Carutti, è stato protagonista come testimone della Shoah di diversi eventi e commemorazioni per il Giorno della Memoria e nel 2017 è tornato a suonare anche a Birkenau, in una simbolica rivincita del potere della musica contro l’ingiustizia e la sopraffazione”.

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