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Gli effetti del payback sui dispositivi medici: danni per le imprese italiane e abbassamento della qualità dei servizi nella sanità

L'azienda Prinoli Enrico & C. s.r.l. (attualmente 10 dipendenti), opera da quasi 100 anni nel settore della distribuzione di dispositivi medici, dal bisturi fino al motore che si usa in neurochirurgia, dallo strumentario utilizzato in qualunque tipo di chirurgia open a quello monouso che si usa negli interventi di laparoscopia, dalle clip per aneurisma alle clip vascolari, senza tralasciare ciò che si usa in sede di diagnostica (misuratori della pressione, otoscopi, oftalmoscopi, laringoscopi, dermatoscopi).

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Fornisce principalmente gli Enti pubblici, senza disdegnare dei progetti di fornitura, così detti "chiavi in mano", ai privati. I suoi fornitori abituali sono i principali fornitori mondiali di articoli sanitari, sia per volume di affari sia per la qualità dei materiali forniti, come ad esempio il marchio tedesco Aesculap (del gruppo B. Braun Milano S.p. A.) e la francese MicroFrance (del gruppo Integra Lifesciences Italy srl). La Pirinoli srl è rivenditore esclusivo per il territorio di Nord-Ovest.

Enrico Prinoli titolare dell’azienda Prinoli Enrico & C. s.r.l ci racconta gli effetti distorsivi del payback e rischi per la sanità.

Si sta parlando in queste settimane di introdurre il payback nel biomedicale (dispositivi medici), con impatti devastanti nel vostro settore. Raccontaci.

Avevamo già sentito questa parola, ma non applicata all'ambito dei dispositivi medici. E' un provvedimento che è già in vigore per il settore del Farmaco, ma rispetto ai Dispositivi Medici sono una famiglia completamente diversa.

La differenza è che il Farmaco, essendo detentore della molecola, può imporre i propri prezzi e quindi anche fare extraprofitti, mentre nel settore Dispositivo Medico, i prezzi vengono generati da gare d'appalto dove la P.A. decide la base d'asta e i fornitori possono solo procedere al massimo ribasso per aggiudicarsi la fornitura.

Ma faccio un passo indietro per spiegare il meccanismo.

Il Payback opera in questo modo: noi piccola impresa piemontese (ma vale lo stesso per qualsiasi regione ed anche per le multinazionali), partecipiamo ad una gara pubblica per fornire agli ospedali lo strumentario di cui hanno bisogno. L'ente stabilisce la base d'asta e noi, come su detto, possiamo solo andare al ribasso.

Se ci va bene e vinciamo la gara, possiamo fornire, garantendo all'Ente il prezzo bloccato per tutta la durata della gara (anche 5 anni), indipendentemente dagli aumenti che subiremo dai nostri fornitori.

L'ospedale compra, ma supera abbondantemente il tetto di spesa che la Regione aveva concesso, in base agli stanziamenti previsti dal Governo per il capitolo Sanità. Quindi a distanza di 7 anni, comunica lo sforamento e decide che noi fornitori dobbiamo ripianarlo restituendo, bada bene, non una percentuale dell'utile prodotto, bensì una percentuale (tra il 40 e il 50%) del rapporto tra il nostro fatturato al lordo dell'iva dell'anno incriminato e appunto lo sforamento certificato. Dunque noi, che siamo fornitori e non soci della Regione, dovremmo ripianare per gli anni che vanno dal 2015 al 2018, 835.000,00 €. Solo per Regione Piemonte. Visto che lavoriamo anche con Liguria, Valle d'Aosta, Friuli e Veneto, dobbiamo l'obolo anche a loro. E per gli anni a venire?

Quali sono le iniquità di questo provvedimento?

Sono diverse:

1) è un provvedimento retroattivo, colpisce adesso su bilanci che sono già chiusi e sui quali le aziende hanno pagato le tasse; se in quegli anni ci avessero chiesto queste somme, avremmo chiuso in perdita e non avremmo dovuto pagare tasse;

2) lo sforamento del tetto è stato comunicato 7 anni dopo, quindi, l'imprenditore, non poteva, conoscendo il problema, rifiutarsi di fornire l'ente per non trovarsi in questa condizione, appunto perché non sapeva dello sforamento;

3) Anche sapendolo, decidendo di non fornire, sarebbe incorso nel reato di interruzione di pubblico servizio, rischiando un procedimento penale; non solo, anche di dover far fronte al così detto acquisto in danno, e alla segnalazione all'ANAC.

4) le somme richieste non sono rateizzabili, se non fosse iniziata la protesta e non si fossero accesi i riflettori su questo problema, avremmo dovuto pagare in un'unica soluzione entro il 14 Gennaio u.s. Non pagando, saremmo stati costretti a continuare le forniture, ma senza ricevere alcun pagamento dalle ASL che erano tenute ad andare in compensazione.;

5) L'incidenza dei dispositivi medici sul totale di spesa per la sanità è tra il 5 e il 10%.

Dunque, perché far scontare solo a noi lo sforamento che è stato generato dai nostri prodotti per una percentuale minima?

Qual è il quadro normativo attuale?

Il provvedimento è stato pensato inizialmente nel 2011 dal Governo Monti, ma è rimasto latente. Nel 2015, Renzi lo ha nuovamente tirato in ballo, con il DL 19/06/2015 n. 78, rimasto inapplicato per la mancanza di decreti attuativi. Infine, a Luglio, Draghi ha inserito il provvedimento nel decreto Aiuti bis, poi convertito in Legge (142 del 21/09/20222). Successivamente le Regioni hanno pubblicato gli elenchi dei fornitori interessati al provvedimento ed infine entro il 15 Dicembre u.s. hanno quantificato le somme e richiesto un pagamento spontaneo entro 30 giorni (ossia senza emissione di cartelle esattoriali).

Il 12 Gennaio u.s. , è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale, la proroga al 30 Aprile p.v.

Ovviamente questo lasso di tempo dovrebbe servire al Governo per trovare coperture economiche e strumenti giuridici per ovviare a questa catastrofe sanitaria, entro la pubblicazione del DEF (Documento di programmazione Economico/Finanziaria), ma, ovviamente, questa proroga, benchè gradita non ci risolverebbe il problema. E' un primo passo, cui speriamo ne seguano altri.

Cosa proponete e chiedete?

Chiediamo la cancellazione completa di questo provvedimento iniquo ed incostituzionale, viziato, tra l'altro, anche dalla mancanza di trasparenza in quanto non è possibile risalire con certezza alla correttezza delle cifre richieste in applicazione della legge.

Cancellazione a valere non solo per il pregresso, ma anche per il futuro, in quanto, se il meccanismo restasse quello attuale, si riproporrebbe di anno in anno.

Quale sono le conseguenze per le aziende e gli impatti sulla sanità?

Per le aziende, se non si riuscirà a trovare un accordo, verrà meno l'istituto stesso del contratto e l'imprenditore non avrà nessuna certezza. Pertanto, non potrà fare impresa.

Per la sanità tutta, si potrebbe correre il rischio che le multinazionali si rivolgano a mercati esteri dove non sono esposte a questi pericoli. Le aziende piccole, sono destinate a chiudere. Così come destinato al fallimento sarebbe tutto il servizio sanitario nazionale, in quanto potrebbe approvvigionarsi solo dai grandi gruppi, che restando i soli sul mercato avrebbero facoltà di decidere i prezzi a loro piacimento.

Poiché vorremmo continuare ad essere curati in tempi brevi e con i buoni standard qualitativi di cui oggi ciascun fornitore nonché cittadino fruisce e poiché la salute è un diritto di tutti, questo non deve assolutamente succedere

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