Aler e problema affitti non pagati
Azienda Lombarda Edilizia Residenziale Milano, ovvero ALER. Nel 1908 a Milano vi era l’Istituto Autonomo Case Popolari, poi nel 1996 la Legge numero tredici della Regione Lombardia la trasforma in azienda assumendo la denominazione di ALER.
In più di cento anni sono stati costruiti, nella nostra città, più di 150 quartieri abitativi dove, a tutt’oggi vivono più di 350.000 persone. Tuttavia quest’articolo non vuole fare la storia di questa realtà, ma vuole semplicemente evidenziare il grande e difficile problema degli affitti non pagati.
Dai quotidiani si legge che il 35 per cento degli inquilini delle case Aler, non pagano né l’affitto né le spese elettriche e di riscaldamento. La situazione, a detta dei responsabili, nel 2013 era di un disavanzo di sessantacinque milioni di euro, pertanto è necessario portare, in tre anni, questo disavanzo di cassa almeno a venticinque milioni di euro. Per ottenere ciò, quale strategia adottare?
Una delle strategie che si vogliono adottare è quella di rivolgersi a una società di recupero crediti, la quale dovrà fare pressione solo su quegli inquilini morosi che, pur avendo la possibilità di pagare, non lo fanno. Gli appartamenti che l’Aler potrebbe affittare sono circa cinquemila, ma che non possono essere assegnate perché mancano i soldi per la loro ristrutturazione. All’interno dell’Azienda si pensa di ridurre poltrone e riorganizzare l’assetto territoriale, per poter così risparmiare almeno cinque milioni di euro.
Da parte loro i Sindacati si dicono preoccupati per i lavoratori dell’Azienda e per gli inquilini delle Case popolari di Milano e provincia. Questa è, a grandi linee, la situazione. Io però non posso non fare alcune considerazioni; le situazioni non giungono per caso, ma avvengono perché si sono preferite precise strategie di comportamento, l’enorme deficit è frutto di un modo di amministrare “a manica larga”, e un valido amministratore, se tale, sa perfettamente che così facendo si va incontro al dissesto finanziario. Nel nostro Paese, purtroppo, si è preferito il comportamento da cicale piuttosto che da formiche. Il problema non è solo relativo a un dato economico, ma riguarda anche il senso di giustizia, cui deve essere sempre assegnato il posto d’onore, perché senza giustizia nascono i disagi, le giuste rivendicazioni, le lotte.
Infatti, non è giusto che l’inquilino onesto debba rimetterci per colpa dei disonesti, non è giusto che l’Aler non faccia rispettare le regole, non è giusto che gli appartamenti vuoti siano presi di forza da abusivi che assolutamente non pagano, non è giusto che si lascino cinquemila appartamenti sfitti perché non si possono ristrutturare, mentre persone bisognose si adattano alla precarietà e, a volte, all’indigenza. Si sente spesso lo slogan “la casa è un diritto”, certamente sì, ma non a discapito di altri e nel rispetto di giuste regole che salvaguardino tutti. Allora nasce una domanda: è possibile cambiare il modus operandi? La mia risposta è sì, ma per farlo è necessario rispettare quei principi morali che permettono un agire corretto e scevro da facile buonismo e permissivismo a buon mercato.
Perché, ad esempio, non convenire, con chi è, per motivi seri, impossibilitato a far fronte alle spese dell’affitto, a una forma di pagamento diversa quale ad esempio impegnarsi in un lavoro di piccola manutenzione e tenuta del quartiere? È un modo per non pesare sull’economia generale e per contribuire alle proprie spese. Insomma, sono convinto che le soluzioni si trovino, bisogna però volerlo.
Buon senso e ragionevolezza sono la guida da seguire.