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Appello per un Lambro pulito

“Il Lambro torni il fiume delle scuole” L’appello di Don Antonio Mazzi al convegno su “I Fiumi d’Italia come Custodi della Biodiversità”, organizzato dalla Fondazione Exodus Onlus in collaborazione con il Consorzio Parco Regionale Valle del Lambro, a quattro mesi dallo sversamento doloso di idrocarburi nelle sue acque.fiume lambro melegnano foto cicala

Per una mattina la suggestiva Cascina Molino Torrette, storico avamposto della Fondazione Exodus di Don Antonio Mazzi nel Parco Lambro di Milano, ha fatto da cornice al convegno “I Fiumi d’Italia come Custodi della Biodiversità”. E non è un caso che sia stata proprio “la cascina di Don Mazzi”, come la chiamano i frequentatori abituali del parco, ad ospitare un dibattito sui fiumi con un accento particolare sul Lambro.

Perché da più di 25 anni Exodus è presente nel Parco Lambro a due passi dall’omonimo fiume, che solo quattro mesi fa è stato protagonista di uno dei più gravi eventi di inquinamento da idrocarburi mai avvenuto in Italia.

“Fin da quando è nata l’avventura di Exodus il parco Lambro e il fiume ne sono stati tratti distintivi – afferma Don Antonio Mazzi, intervenendo al convegno -. A volte forse è stato un vicino di casa “invadente”, ma come non farsi affascinare dai suoi colori, dai suoni… eppure ci si accorge della sua presenza solo nei casi di inquinamento”.

E continua: “Va benissimo parlare a difesa dell’ambiente, di riqualificazione… ma bisogna passare dalle parole ai fatti. Ai gesti concreti”. 
E sono tanti quelli che ha in mente il fondatore di Exodus a partire “dalla roggia che, staccandosi dal Fiume Lambro, passa attraverso la mia Cascina e che da febbraio è ancora una fogna a cielo aperto e da allora è un valzer di scarica barili per capire chi potrà ripulirla”.

È un fiume in piena il Don Mazzi che tenta di tirare le fila dei vari interventi, e che vuole così scuotere istituzioni pubbliche e private presenti al convegno.

“Io sono convinto che sia importante sensibilizzare sui temi dell’ambiente. Credo sempre più che il verde sia educativo, pedagogico e terapeutico e che fare un giro nel parco valga più di 44 ore di psicanalisi – continua il fondatore di Exodus -. Per questo credo che questo parco debba tornare a essere il parco delle scuole!  Mi piacerebbe portare i ragazzi invece di tenerli chiusi nelle aule delle scuole, lì potrebbero studiare e recuperare: questo in mezzo al verde e al parco è possibile!”.

Un intervento duro quello di don Mazzi che, dicevamo, chiude una mattinata serena sia nei toni che nelle intenzioni, anche quando da scherzare c’è ben poco, come sottolinea Massimo Soldarini, Dirigente Nazionale della LIPU intervenuto al Convegno con una splendida mostra fotografica a cura della locale sede cittadina:

“La cosa più preoccupante di quello che è avvenuto nel Lambro quattro mesi orsono è che non capiamo assolutamente come siano morti gli animali che siamo riusciti ad intercettare. Incredibilmente la fauna fluviale non presenta le tipiche caratteristiche dell’avvelenamento da idrocarburi. Per esempio – continua Soldarini – gli stomaci degli volatili analizzati non hanno traccia di queste sostanze cancerogene, sostanze che invece sono andate ad intaccare altri organi, come fegato, pericardio e centri nervosi. E questo è la prima volta che succede. Vogliamo allora sapere cosa è capitato veramente , quale sostanza ha ucciso questi animali e soprattutto cosa ci dovremo attendere dal futuro”.

Ma vicino alle ombre inquietanti esistono eccellenze di gestione “altre” che possono aprire uno spiraglio di luce anche per il fiume più importante di Milano. A portare in scena questa eccellenza amministrativa allora è Giuseppe Petruzzo, Direttore dell’Ecomuseo Adda di Leonardo che dedica il suo incipit proprio alle parole del Manzoni, pronunciate dal suo fuggiasco Renzo al limitare di Gorgonzola: “È l’Adda!”, un’esclamazione che in una parola riesce a racchiudere l’amore per un fiume che si trasforma in sicurezza, felicità e gioia popolare.

Ed è proprio il rapporto tra popolazione ed il suo fiume che sembra essere la spina dorsale di questo innovativo progetto. “Non un museo spazialmente definito – precisa Petruzzo – ma un museo all’aperto in cui riscoprire le sovrapposizioni storiche, artistiche, archeologiche e naturalistiche del territorio, un territorio che si fa comunità locale, la vera protagonista di un progetto che fa sì che l’Ecomuseo venga valorizzato e protetto”.

L’offerta turistica legata a questo splendido paradiso verde prevede oltretutto numerose attività che promettono d’attirare un numero sempre crescente di turisti con visite ai siti di archeologia industriale e alle opere su acqua del genio leonardesco attraversando navigli, chiuse e conche. Il tutto condito da percorsi ciclopedonali che aprono la via a numerosissime attività escursive.
 
La presenza istituzionale in questa mattinata di lavori è stata affidata alla competenza tecnica di Dario Fossati, Dirigente U.O. Tutela e Valorizzazione del Territorio D.G. Territorio e Urbanistica Regione Lombardia, seguito a ruota da Mario Clerici, Funzionario D.G. Ambiente, Energia e Reti. Questa “voce istituzionale” sovente chiamata in causa dai relatori è decisa a prendersi le proprie responsabilità ma anche a promuovere la realizzazione dell’auspicato “Contratto di Fiume” che unisca, nella difesa del bacino fluviale del Lambro Settentrionale, tutti gli Enti, i Comuni, i Parchi e le Comunità locali da esso interessati.

“Le Amministrazioni firmatarie di questo Protocollo – afferma Mario Clerici – prendono atto della necessità di avviare una serie d’azioni integrate che siano in grado di garantire in modo efficace la valorizzazione del paesaggio identitario del fiume, la sicurezza dei territori, il risanamento delle acque e più in generale una riqualificazione del bacino del Lambro”.

Uscendo dalle carte il problema posto sul piatto gira attorno alla verità di una forte pressione abitativa delle zone attraversate da questo sfortunato bacino fluviale, con tutto ciò che comporta questa densità demografica, per esempio, per la depurazione delle acque reflue dirottate verso il suo corso.

“Se non si agisce su come le comunità vivono il territorio – conclude Mario Clerici – noi continueremo a mettere qualche pezza, raccogliendo qualche successo ma ci troveremo sempre in situazioni di grande criticità. Il Contratto di Fiume invece racchiuderà indirizzi e misure alle quali si dovranno attenere tutti gli strumenti di governo del territorio”.

Un futuro di collaborazione che porterà al definire come “possibile” un risanamento del fiume Lambro, come spiega Daniele Giuffrè, Coordinatore Tecnico del Dipartimento di Riqualificazione Fluviale Parco Regionale della Valle del Lambro:

“Il fiume Lambro è spesso nominato quale fiume più inquinato d’Italia e probabilmente, in alcuni tratti, lo è. Questo inquinamento nasce dall’estrema urbanizzazione del territorio e dalla scelta di collocare lungo il Lambro gran parte dei depuratori della zona preservando così il Ticino e l’Adda.  Il nostro obiettivo per il miglioramento della qualità dell’acqua è l’eliminazione di tutti gli scarichi abusivi ancora esistenti e, soprattutto, il miglioramento dei sistemi di depurazione esistenti che, sebbene a norma, non sono compatibili con le basse portate del fiume Lambro”.

Ma il cambiamento è ancora una volta auspicato toccando il cuore delle persone che formano le varie comunità locali: “C’è una grande differenza di percezione del fiume Lambro nella zona di monte e della zona di pianura. – afferma Giuffrè - A monte, fino a Briosco, il fiume è vissuto come una risorsa, come un elemento di arricchimento del territorio. A valle, a causa del deperimento della qualità e del rischio idraulico, il fiume è vissuto come nemico o nella migliore delle ipotesi come un problema. Migliorare la fruibilità vuol dire avvicinare le persone al fiume attraverso la creazione di percorsi lungo le sponde, dei solarium e di zone attrezzate per la discesa in canoa moltiplicando così gli amici del fiume”.

Il convegno Fiumi d’Italia come Custodi della Biodiversità è stata l’occasione per un’importante riflessione sul destino della rete fluviale della Regione Lombardia, con un occhio a tutti i comuni lombardi e non solo che sono toccati dal fiume, proprio per quella biodiversità che l’ONU ha voluto scegliere a simbolo di questo 2010.

Tornare al locale per ripartire da uno sguardo sulla salute del Lambro dal gusto condiviso. Un futuro non solo auspicabile o possibile, ma assolutamente necessario.

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