Dimmi come scrivi e ti dirò chi sei: la grafia
C’era una volta il Calligrafo… una sorta di artigiano della scrittura che si limitava a copiare o comporre i testi in corsivo. Oggi il calligrafo è un esperto di grafia che guarda essenzialmente alla forma delle lettere, secondo un’impostazione metodologica che però risulta completamente superata. Quella che - con terminologia contemporanea - chiamiamo “analisi del testo grafico” è una disamina condotta dai periti specializzati del settore secondo criteri che non riguardano più soltanto l’aspetto statico e morfologico dello scritto, ma fanno riferimento principalmente alla sua intrinseca dinamicità - cioè alle modalità con cui si svolge l’atto scrittorio - e alle peculiarità dell’azione che lo realizza, arrivando a poter stabilire l’autenticità o la contraffazione di un testo, oppure le particolarità comportamentali dello scrivente – nella maggior parte dei casi con un’approssimazione vicina alla certezza matematica.
Si comincia con l’osservazione e la misurazione non tanto delle singole lettere, quanto – essenzialmente - di gruppi di tre/quattro di esse (cosiddetti “gruppi idioritmici”), l’esame dei quali consente di ricostruire il ritmo ed altri dati relativamente alla grafia di qualunque manoscritto, con un approccio interattivo alle discipline coinvolte nell’acquisizione delle informazioni, a loro volta opportunamente integrate dall’impiego di nuovi software dedicati, da indagini complesse sul tipo di carta impiegata e sul supporto grafico sottostante, dall’esame chimico degli inchiostri, dall’accertamento sulla pressione del tratto grafico, dalla creazione di archivi dei dati grafici, e da quant’altro sia in grado di contribuire a conferire alla materia grafologica un carattere di scienza.
Sappiamo che scrivere è un’attività complessa, compiuta dall’uomo sintetizzando due processi: uno di carattere cerebrale, dal momento che ogni cervello elabora un’idea unica della modalità di realizzazione di un determinato simbolo grafico in corrispondenza di un certo suono; un altro processo riguarda l’aspetto motorio, in pratica gli impulsi grafici che guidano i movimenti dell’avambraccio, della mano e quindi delle dita nella fase di utilizzo dello strumento scrittorio. Quest’ultimo può essere una biro, una matita, un pennino, un pennarello … determinando ciascuno di essi, come risultato, differenti caratteristiche del tratto.
Come la tristezza, l’entusiasmo, la paura o la gioia caratterizzano le nostre espressioni facciali - oppure altre manifestazioni corporee quali la sudorazione e i battiti del cuore - allo stesso modo gli stati d’animo condizionano la nostra grafia. E’ opinione concorde degli studiosi che gli impulsi grafici alla base del gesto scrittorio - provenienti dal cervello - siano la risultanza di tutta una serie di fattori, rispetto ai quali lo scrivente non sempre ha consapevolezza, essendo molti di questi l’espressione dell’inconscio, altri l’espressione della sua parte cosciente. Trattasi di:
- fattori di tipo cognitivo, riconducibili ai dati esperienziali e culturali, propri del bagaglio di conoscenze pratiche e teoriche di cui l’individuo è provvisto;
- fattori ambientali, come per esempio, particolari condizioni di esposizione alla luce sussistenti al momento dell’atto scrittorio, ovvero la diversa posizione del soggetto (in piedi, seduto, a letto);
- fattori emotivi, comportamentali o patologici, riferibili allo stato di ansia della persona, ai suoi atteggiamenti istintuali oppure a malattie degenerative fisiche o mentali.
Già nel porsi davanti al foglio bianco, prima ancora di appoggiare la penna sulla carta, ciascuno di noi manifesta alcune importanti caratteristiche personali, le quali - man mano che si scrive - si trasferiscono nel testo, dotandolo di chiare impronte grafomotorie, perfettamente rilevabili per l’esaminatore competente; la stessa scelta del come e del dove iniziare a scrivere sulla pagina, la collocazione delle parole tra di loro e quella tra le lettere dell’alfabeto, i cosiddetti “gesti-tipo”, la distanza tre le righe e quella del testo rispetto ai margini, nonché moltissimi altri elementi, sono tutti indici di un orientamento che riproduce sul foglio il modo individuale di posizionarsi nello spazio fisico circostante, oltre che le singole modalità di relazione con il mondo esterno. La direzione della scrittura, se orientata verso sinistra, è segno di introversione, di involuzione e regressione verso il legame materno; se orientata verso destra, indica estroversione, disposizione verso gli altri e proiezione verso il futuro. L’accentuazione degli elementi grafici nella parte sottostante al rigo di base (cioè di quella linea reale o immaginaria lungo la quale la scrittura viene tracciata), ad es. nelle lettere come la “p”, la “g”, la “q”, indica una personalità in cui è preminente la materialità e la forza degli istinti primari (ad es. nutrizione, sessualità); contrariamente, l’accentuazione degli elementi grafici delle lettere che si estendono sopra il rigo di base, come la “d”, la “t”, la “l”, indica una personalità in cui prevale l’elevazione spirituale, la creatività e l’immaginazione; una pressione decisa dello strumento grafico sul foglio indica un’intensa vitalità e un carattere energico; la ridotta velocità della scrittura, la sua scarsa fluidità, la presenza di segni di tremore, possono evidenziare contraffazione o – comunque - denunciare problemi di salute, basso livello di attenzione o condizionamenti esterni tali da incidere sulla qualità del tratto.
In apparenza paradossalmente, i dati che agli occhi del profano sembrano meno appariscenti sono quelli che di più attirano l’attenzione del tecnico (come quelli denominati “gesti fuggitivi”, “contrassegni”, “ricci”, ecc.) essendo fortemente individualizzanti: per tale motivo essi vengono considerati di maggior significato probatorio, e di conseguenza più idonei di altre informazioni a determinare un giudizio di autenticità o di apocrifia anche nei casi più complessi, come accade per la verifica di una firma piuttosto che di una sigla. Con somma sorpresa dei non addetti ai lavori, proprio la firma e la sigla, offrendo pochissimi spunti per lo studio e l’approfondimento a causa della loro brevissima estensione, finiscono per diventare - anche nella prassi giudiziaria - i testi grafici più difficili da sottoporre ad accertamento.