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Fibrosi cistica e Covid: pensieri verso la Ricerca

  • Roberto Bombassei

Quando il mondo si chiuse per l’arrivo della pandemia sars - cov 19 il mio primo pensiero fu rivolto a mia figlia Francesca, malata di fibrosi cistica.


La fibrosi cistica rappresenta la malattia genetica grave più diffusa in Italia con oltre 200 nuovi casi all’anno, causata dalla mutazione del gene CFTR (Cystic fibrosis transmembrane regulator), che colpisce soprattutto l’apparato respiratorio e digerente.fibrosi cistica ciclamini roberto bombassei

Questa alterazione genetica determina una produzione di muco molto denso che ostruisce i bronchi e porta a infezioni respiratorie ripetute, fino a una progressiva insufficienza respiratoria.

Il particolare interessamento dell’apparato respiratorio, tipico della malattia, aveva fatto ipotizzare come i pazienti affetti dalla mutazione del gene CFTR potessero rappresentare un gruppo a più alto rischio di infezione da SARS-CoV-2.

La mia preoccupazione, ma anche di tutti i pazienti e delle loro famiglie con casi simili, era enorme perché in un paziente affetto da Fibrosi Cistica qualsiasi infezione virale peggiora significativamente i danni a carico del polmone ed ancor di più se, come nel caso della COVID-19, il virus colpisce elettivamente l'apparato respiratorio e può provocare complicanze respiratorie progressive fino alla polmonite interstiziale.

Ma io avevo ipotizzato, pur non essendo né un medico né un ricercatore, che il covid non avrebbe provocato nessun danno (a parte chi aveva già problemi gravi respiratori) a chi era malato di FC.

Perché ipotizzavo questo? Perché essendo DNA dei pazienti già modificato per il gene CFTR, il covid sarebbe “entrato” ed “uscito” senza provocare danni. Per di più sapevo, dopo aver scritto la storia della fibrosi cistica nel mio libro “Respiriamo insieme- viaggio nel mondo della fibrosi cistica” che in passato, chi era malato di fibrosi cistica, non prendeva la malaria.fibrosi cistica roberto bombassei.jpg

Mi sono sempre chiesto se il gene CFTR, visto che è sopravvissuto all’evoluzione genetica di secoli, potesse avere anche altre funzioni di utilizzo: pensavo “magari potrà servire per decelerare altre malattie genetiche? “.

Ma un recente studio dell'ateneo di Verona che ha indagato sulla dinamica dell’infezione da SARS-CoV-2 nelle cellule dell’epitelio bronchiale di soggetti con fibrosi cistica sta dando ragione al mio istinto.

Lo studio ha evidenziato come nelle cellule bronchiali di soggetti affetti da fibrosi cistica, la replicazione di SARS-CoV-2 sia significativamente ridotta aprendo così originali considerazioni nella comprensione dei meccanismi di infezione da SARS-CoV-2 e, in prospettiva, essere da base per lo sviluppo di nuove strategie farmacologiche.

I risultati dello studio, realizzato grazie al sostegno di Fondazione Cariverona (Progetto Enact) e con il contributo della Lega italiana fibrosi cistica onlus Veneto, sono stati recentemente pubblicati sulla rivista scientifica Cells in un articolo dal titolo “CFTR modulation reduces SARS-CoV-2 infection in human bronchial epithelial cells”.

Del gruppo di ricerca, guidato da Davide Gibellini, docente di Microbiologia e Microbiologia Clinica, nel dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, in collaborazione con Claudio Sorio, docente di Patologia generale, e Andrea Sbarbati, docente di Anatomia e Istologia, fanno parte Virginia Lotti, Anna Lagni, Andrea Di Clemente, Marco Ligozzi, Flavia Merigo e Paolo Bernardi, con il contributo scientifico di Ercole Concia, già docente di ateneo. Alla raccolta dei dati hanno contribuito anche ricercatori delle università di Bologna e di Chieti-Pescara.

Il gruppo di ricerca dell’università di Verona ha studiato diversi modelli di cellule epiteliali bronchiali con e senza mutazioni del gene CFTR, individuando una significativa riduzione della replicazione del virus SARS-CoV-2 nelle cellule che presentavano CFTR mutato.

Ma non solo. L’importanza di questo studio riguarda la determinazione dell’efficienza dell’infezione da SARS-CoV-2 e i relativi meccanismi coinvolti, in modelli primari cellulari con e senza mutazioni del gene CFTR. Inoltre, la ricerca, portata avanti dal gruppo, fornisce la prima evidenza di come CFTR possa essere coinvolto nella regolazione della replicazione di SARS-CoV-2, suggerendo così nuovi spunti di approfondimento sia per definire l’entità del ruolo del gene CFTR nell’infezione, sia per lo sviluppo di nuove strategie farmacologiche per il controllo dell’infezione e della conseguente malattia.

Ulteriori studi sono in corso per chiarire nel dettaglio i meccanismi alla base di questo nuovo fenomeno.

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