Il lungo viaggio della Sindone: da Gerusalemme a Torino
Alla fine del mese di Marzo 2024, si celebra, nel mondo cristiano, la Santa Pasqua, la festa più importante e significativa del cristianesimo, perché ricorda la risurrezione di Gesù. Nei racconti evangelici si narra di come avvennero i fatti, e come, prima due donne e poi due apostoli, trovarono la tomba completamente vuota, salvo un lenzuolo ripiegato. Quel lenzuolo è conosciuto come la Sindone, che, come ben sappiamo, si trova custodita nel Duomo di Torino. Ma quale percorso ha compiuto questo lenzuolo prima di raggiungere la città piemontese? Proprio di questo tragitto intendo raccontare nell’articolo.
Il Ritrovamento nel Sepolcro 🕊️
Partiamo dall’inizio. Nel sepolcro, le bende erano a terra e probabilmente vi sono rimaste, mentre il lenzuolo-Sindone era ripiegato ordinatamente. La domanda da porsi è: chi, tra coloro che sono entrati nel sepolcro, può aver raccolto la Sindone? Una risposta certa, purtroppo, non esiste; tuttavia, proviamo a formulare una possibile ipotesi. Nel sepolcro sono entrati Pietro, Giovanni, Maria di Màgdala, Giovanna, Maria di Giacomo e Salomè, madre di Giovanni. È allora ragionevole ritenere che la Sindone l’abbia raccolta una di queste persone; ma chi ha materialmente compiuto il gesto? Sono propenso a credere che l’autore sia stato l’apostolo Giovanni, proprio per la sua forte vicinanza a Gesù, e che una volta acquisito l’abbia consegnato nelle mani della madre di Gesù. Perché? Perché è l’azione più ragionevole e affettiva; infatti, chi non donerebbe a una madre un oggetto appartenuto al proprio figlio morto? Un vangelo apocrifo sostiene che sia Gesù in persona a consegnare la Sindone a un certo sacerdote. Ritengo questa possibilità un po’ azzardata e che contrasta con lo svolgersi degli avvenimenti, senza contare che consegnandola a un sacerdote del Sinedrio, sicuramente tra l’altro non uno qualsiasi, poteva voler dire farla sparire o distruggerla perché troppo compromettente.
Il Percorso Storico della Sindone 🏰
Proviamo allora a seguire la pista iniziata. Sono propenso a credere che la Sindone sia stata custodita da Maria, madre di Gesù, e dall’apostolo Giovanni e quindi, per seguire gli spostamenti del Sacro Lino, dobbiamo seguire le tracce dei due protagonisti.
L’apostolo Giovanni visse un primo periodo a Gerusalemme, associato all’apostolo Pietro, con il quale condivideva l’annuncio della Buona Novella e che con lui fu incarcerato e subì la flagellazione. Verso l’anno 54, lasciò Gerusalemme e si recò nell’Asia Minore dove resse la Chiesa di Efeso. Fu esiliato nell’isola di Patmos, sita a 70 chilometri da Efeso, per poi rientrare, in un secondo momento, a Efeso. Con riferimento alle parole di Gesù sulla croce dette a Giovanni, ossia “Donna ecco tuo figlio, e a Giovanni: Ecco tua madre”, Maria visse questi anni con l’apostolo ed è facile ritenere che la Sindone sia rimasta in loro possesso. Una testimonianza in tal senso l’abbiamo anche dai vangeli apocrifi i quali affermano che Maria viveva con Giovanni, e che quando lei fu assunta in cielo, Giovanni venne incarcerato. Anche ricerche archeologiche avvalorano questo, ricerche avviate sulla base delle visioni della stigmatizzata monaca agostiniana Anna Caterina Emmerick (1774-1824), con scavi che hanno portato alla luce, a circa 9 Km a sud di Efeso, la casa dove vivevano Maria e Giovanni. Proseguendo nell’indagine vediamo come la città di Efeso non sia nominata, ma al suo posto sia citata la città di Edessa, sempre in Turchia. Qui abbiamo la presenza di un altro personaggio, l’apostolo Giuda Taddeo, il quale predicò nella Mesopotamia, nell’Armenia e in Persia, oggi Iran. Una tradizione vuole che Giuda Taddeo abbia vissuto in Edessa e che ivi sia anche morto. Nella chiesa di San Bartolomeo a Genova vi è un dipinto dell’artista Giulio Benso, che ricorda il battesimo praticato da Giuda Taddeo a tale Anania proprio in Edessa. Le sue reliquie sono venerate a Reims e a Tolosa in terra di Francia; questo fatto teniamolo presente perché ci porta ai Templari crociati. La presenza di questo apostolo a Edessa non può essere passata inosservata a Giovanni, così come è verosimile pensare che i due si incontrassero e che, probabilmente, alla dipartita della madre di Gesù, e considerato che Giovanni pellegrinava da un luogo all’altro, la Sindone possa essere stata affidata proprio a Giuda Taddeo, il quale l’avrebbe custodita.
Da questo momento, ammesso che l’ipotesi sia esatta, della Sindone se ne perdono le tracce. Vicende storiche legate alla caduta dell’Impero Romano, alla presenza dei Bizantini, alla conquista musulmana, fanno perdere ogni traccia del sacro Lenzuolo. Da una serie di studi, purtroppo con indizi fragili, si potrebbero ipotizzare queste tappe: Gerusalemme, (Efeso), Edessa, Costantinopoli, Atene, Lirey, Chambery, Torino. La storia certa del passaggio e della visibilità della Sindone inizia intorno alla metà del 1300 quando venne collocata nella Collegiata di Lirey. E prima di tale data? Vi sono delle ipotesi avanzate da studiosi che vedono, nel 944, la Sindone trasferita a Costantinopoli da dove scomparve durante il saccheggio perpetrato dai Franchi. Una lettera datata 1 agosto 1205 e indirizzata al papa Innocenzo III da parte di Teodoro Angelo, parente dei deposti imperatori bizantini, recava una lamentela per la razzia di reliquie fatta dai crociati. Un cavaliere crociato, Robert de Clarì, afferma di aver visto un Lenzuolo su cui si vedeva l’immagine intera di un corpo. Questo Lenzuolo sarebbe stato conservato nella chiesa di Santa Maria delle Blacherne, in cui si conservavano anche le vesti della Vergine portate dalla Palestina.
Nel frattempo, ad Atene si insedia Ottone de la Roche, uno dei crociati che, guarda caso, ebbe il quartiere generale dove sorgeva la chiesa di Blacherne. Per quale motivo si parla di Atene? Perché in quel periodo Atene era una città dei Cavalieri Templari, tra cui appunto il cavaliere templare Ottone de la Roche. Due legati pontifici, Benedetto di Santa Susanna e Nicola d’Otranto, si apprestavano a raggiungere la città di Atene, questo però mise in allarme il templare, il quale cercò di liberarsi della preziosa reliquia. Non si conosce il motivo per cui abbia sentito l’esigenza di liberarsene, né se la cedette o la vendette a qualcuno, oppure, come pare capire da flebili tracce, l’abbia affidata ad alcuni templari che rientravano in Francia. A mio avviso, questa potrebbe essere stata la scelta effettivamente fatta, considerato che la Sindone ha un legame con la terra di Francia. Pertanto, il percorso supponibile sarebbe stato: Atene, San Giovanni d’Acri, dove sorgeva una fortezza templare, Cipro e Marsiglia. Una volta giunta nel porto di Marsiglia, il sacro Lenzuolo sarebbe stato affidato al padre di Ottone, Ponzio de la Roche, il quale probabilmente l’ha custodita per ben 35 anni; poi della Sindone non si seppe più nulla. Il nobile Goffredo di Charny, signore di Lirey, sposato a Giovanna De Vergy, nel cui albero genealogico troviamo proprio quell’Ottone de la Roche, venne in possesso della Sindone, che depose nella chiesa da lui fondata nel 1353 nel suo feudo di Lirey, e vi resta sino alla prima metà del 1400, dove, a causa dell’acuirsi della guerra dei cent’anni tra il Regno d’Inghilterra e il Regno di Francia, Margherita de Charny la preleva, nel 1418, portandola sempre con sé nei suoi vari spostamenti per l’Europa. Trovò poi accoglienza presso la corte dei Savoia, ai quali era legata da amicizia di famiglia, e, nel 1453, cede il sacro Lenzuolo ad Anna di Lusignano, moglie del duca Ludovico di Savoia. Per un certo tempo, i Savoia la custodirono nel loro tesoro privato, portandosela appresso nei loro viaggi; poi, nel 1471, Amedeo IX il Beato, ripose definitivamente la Sindone nella santa cappella del Santo Sudario a Chambery. Nel 1502, i Savoia ottennero dal Papa Alessandro VI il riconoscimento di una festa liturgica per la Sindone, che datava il 4 di Maggio. Il 4 dicembre del 1532, un incendio devastò la cappella, causando al Lenzuolo notevoli danni che saranno riparati due anni dopo dalle suore clarisse della città. Dopo queste e altre traversie, Emanuele Filiberto trasferì la Sindone da Chambery a Torino, era il 14 settembre del 1578. L’occasione di questo trasferimento fu propiziata dall’intenzione del cardinale Carlo Borromeo di fare un pellegrinaggio a piedi, da Milano a Chambery, come ringraziamento ad un suo voto fatto in occasione della peste del 1576. Per evitare al Borromeo questa fatica, il Filiberto decise appunto di “andargli incontro”, portando la Sindone da Chambery a Torino, che rimarrà poi la sua sede definitiva. Nel 1587, infatti, fu sistemata nel Duomo della città piemontese. Nel 1996, fu collocata nel coro del Duomo per via di un restauro al Duomo stesso; spostamento che salvò la Sindone da un incendio scoppiato tra l’11 e il 12 aprile del 1997. Nel 1983, per disposizione testamentaria di Umberto II di Savoia, la Sindone è donata al Papa e quindi di proprietà dello Stato della Città del Vaticano.
Un’altra considerazione è doverosa. Il riferimento è a quel velo che fu messo sul volto di Gesù nel sepolcro. Esiste una documentazione che attesta i luoghi in cui la Sindone, per ragioni di sicurezza, fu tenuta nascosta; eccone un elenco: quando, nel Maggio del 1536, i Francesi invasero la Savoia, la Sindone è portata in salvo prima a Torino, poi a Vercelli e quindi a Milano, nel Castello Sforzesco. Tuttavia, il Duca Carlo III di Savoia con famiglia e seguito riesce a fuggire, trasferendosi a Mantova, fermandosi però a Orzinuovi, in provincia di Brescia, ospite della famiglia Gualtieri, e come ringraziamento il Duca diede la possibilità a tutto il popolo di vedere la Sacra Sindone. Sappiamo poi che dal 1561 il sacro Leno ritorna a Chambery. Durante l’assedio di Torino, nel giugno del 1706, viene trasportata a Genova, dove vi restò per un mese per poi fare rientro nella città piemontese. Nella guerra 1915-1918, il Sacro Telo viene nascosto nei sotterranei del Palazzo Reale di Torino. Anche con la seconda guerra mondiale si vide la necessità di celare la Sindone e, in gran segreto, viene portata a Roma, al Quirinale, residenza dei Savoia, dove vi rimase per 18 giorni all’interno della Cappella dell’Annunziata, poi papa Pio XII consigliò di affidarne la custodia all’Abbazia di Montevergine, dove rimase sino all’ottobre del 1946 per poi ritornare a Torino, dove è tuttora.
Ecco, questo “viaggio” partito da un sepolcro in Gerusalemme e terminato a Torino è terminato.