In prima linea sempre: essere operatori sanitari al tempo del Covid-19
L'emergenza sanitaria in Lombardia
Un’emergenza sanitaria che imperversa in Lombardia e che non si accenna a placare: il maggiore sindacato dei medici ospedalieri italiani Anaao Assomed indica che in Lombardia il personale contagiato è pari al 12% del totale dei malati di Covid-19 ovvero 691 operatori sanitari positivi al Coronavirus in Lombardia.
Lo stesso assessore regionale al Welfare della Lombardia, Giulio Gallera, è intervenuto confermando i dati indicati dal sindacato, motivandolo come diretta conseguenza di quanto accaduto nei primi giorni della gestione dell’emergenza, quando non c’era ancora la consapevolezza dell’entità che il contagio avrebbe assunto e la percezione della situazione era stazionaria.
Volendo fare un discorso più ampio possiamo dire, sulla base di un calcolo della Federazione degli ordini degli infermieri, che tra gli operatori contagiati dal Coronavirus e quelli costretti alla quarantena tra le mura di casa in via precauzionale, sono circa duemila i medici e gli infermieri a livello nazionale tenuti lontani dagli ospedali.
Infatti, sebbene i primi ospedali dai quali medici e infermieri sono stati allontanati o messi in quarantena siano stati quelli di Codogno, Lodi e Cremona, ad oggi sono molti altri gli ospedali che conoscono il problema: dalle Molinette di Torino a quello di Piacenza, fino ad arrivare a quelli del Sud.
Nel frattempo, però, in Lombardia gli ospedali direttamente coinvolti nell’emergenza sono ormai vicini al collasso, in primis quelli della zona rossa di Lodi e Codogno, dove si deve fare i conti con il costante stress per eccesso di ricoveri e con le assenze di personale, a mancare sono soprattutto gli anestesisti indispensabili per i pazienti più gravi in rianimazione.
Difficili anche le situazioni del Giovanni XXIII di Bergamo, dove si deve fronteggiare l’impennata di contagi della vicina Val Seriana, in cui è peraltro avvenuta la dolorosa scomparsa di Giorgio Valoti, sindaco di Cene, in provincia di Bergamo, risultato positivo al Coronavirus, che ha causato un aggravamento delle sue condizioni di salute.
Secondo le prime stime di Regione Lombardia, fino al 4 marzo, gli operatori fermati o contagiati, sarebbero stati 500 poi i casi sarebbero continuati ad aumentare ma precisiamo non ci sono numeri ufficiali che sappiano dare un quadro generico completo.così Resta il fatto che la situazione è molto critica tanto da spingere i medici delle terapie intensive della Lombardia a inviare un documento al presidente della Regione Attilio Fontana nel quale denunciano quanto sta accadendo al fine di avere una migliore e più efficiente gestione dell’emergenza che stiamo vivendo.
“In assenza di tempestive e adeguate disposizioni da parte delle autorità – scrivono – saremo costretti ad affrontare un evento che potremo solo qualificare come una disastrosa calamità sanitaria”
Questa situazione di crisi mi porta inevitabilmente a riflettere sulla necessità di dover agire preventivamente per ridurre il più possibile l'impatto delle epidemie di malattie infettive sugli operatori sanitari e di avere strategie chire e puntuali per la costruzione di una forza-lavoro sanitaria robusta e pienamente attrezzata per rispondere alle crisi sanitarie. E' necessario a questo fine imparare dalle precedenti epidemie per migliorare la cura degli operatori sanitari e indirizzare le innovazioni verso il comparto sanitario guardando ad un'ottica a medio e lungo termine.
Concludo dicendo che il sostegno che meritano gli operatori sanitari che stanno dedicando la loro vita ad aiutare gli altri non manca ma maggiori sforzi vanno fatti al fine di creare una strategia sinergica tra componenti differenti - personale sanitario, istituzioni e cittadini - che possa risolvere questa fase epidemologica creando così solide basi per un ritorno progressivo alla normalità.
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