Intervista a Mariangela Comotti, Segretario di un importante sindacato bancario
Ripubblichiamo l'interessante intervista a Mariangela Comotti, segretario responsabile di UNITA’ SINDACALE FALCRI-SILCEA in Intesa Sanpaolo, che risponde ad alcune domande sulla delicata situazione in un periodo storico difficilissimo per il Paese e in un mondo in frenetico cambiamento.
E’ dall’ormai lontano luglio 2008 che, in qualità di Segretario di Coordinamento del Sindacato che rappresenta, non rilascia interviste. A cosa è dovuto questo lungo periodo di assenza dalle “luci dei riflettori”?
Il nostro Sindacato si è sempre caratterizzato e distinto per il saper stare con e tra le Lavoratrici ed i Lavoratori, per i quali Unità Sindacale Falcri-Silcea è indissolubilmente legata alla “faccia” del proprio sindacalista di riferimento sul territorio. Da noi siamo abituati ad agire e comunicare così, tutti assieme – seppure ognuno con il proprio ruolo – in una modalità che non vede di buon occhio “i riflettori”. Preferiamo i fatti concreti al protagonismo fine a sé stesso. Ciò non toglie tuttavia che in situazioni veramente particolari – come era purtroppo quella del 2008 e - ancora di più - si dimostra essere l’attuale – risulti opportuno che chi rappresenta l’organizzazione inviti le Lavoratrici ed i Lavoratori ad alcune riflessioni sugli scenari difficili nei quali saremo nostro malgrado costretti a muoverci già da dopodomani.
- Iniziamo subito allora da una situazione che non ha precedenti nel Gruppo Intesa Sanpaolo: lo sciopero del 2 luglio scorso, al quale hanno aderito in massa i Lavoratori. Cosa sta succedendo nel Gruppo?
Con i comunicati agli iscritti, Unità Sindacale Falcri-Silcea ha già abbondantemente parlato dello sciopero. Qui vorrei soffermarmi sul significato “più profondo” di un’adesione così massiva da parte dei Lavoratori, significato che nessuno può permettersi di ignorare o sottovalutare. Se così tanti hanno aderito ad una forma di lotta fortemente conflittuale, alla quale non si era più ricorsi da anni, e che (guarda caso) da anni si cerca di “raffreddare, regolamentare, se non addirittura di disarmare” (ed invito tutti i Lavoratori a riflettere sull’importanza di questo strumento che taluni politici e qualche massimo vertice sindacale tentano di smantellare) significa che in questo Gruppo la “misura è ormai colma”, che le condizioni di lavoro sono continuamente ed inesorabilmente peggiorate e che è pericoloso negare l’esistenza del conflitto tra lavoro e capitale, che riesplode ogni qualvolta la “concertazione troppo sbilanciata” porta a situazioni di cancellazione di diritti irrinunciabili delle Lavoratrici e dei Lavoratori, sacrificati ad un potere datoriale sempre più pervasivo ed arrogante. Cosa sta succedendo nel Gruppo? Intesa Sanpaolo vorrebbe far pagare ai propri Lavoratori il conto della riforma pensionistica della Ministra Fornero, aggiungendoci – se occorre – ulteriori risparmi derivanti dagli scenari di crisi.
Il 29 luglio 2011 le parti sociali firmarono un accordo che prevedeva il realizzo di un risparmio di circa 300 mln di euro, anche mediante l’uscita anticipata di circa 5.000 Lavoratori (buona parte dei quali sarebbero dovuti transitare dal Fondo di Solidarietà del settore). A quei tempi Elsa Fornero ricopriva il ruolo di vice presidente del Consiglio di Sorveglianza in Intesa Sanpaolo, e quindi è impensabile che non conoscesse ed avesse condiviso questo percorso. Unità Sindacale Falcri-Silcea non ritenne allora di siglare il protocollo perché – a nostro avviso - non prevedeva adeguate tutele per tutti i Lavoratori coinvolti nel “Progetto 8000” (così fu denominato), specialmente in presenza delle prime non tanto velate avvisaglie sulla necessità di mettere mano al sistema pensionistico così come era allora delineato. Altrettanta attenzione non fu invece, malauguratamente, condivisa da tutti gli altri attori delle delegazioni trattanti, pronti anzi a rassicurare sulla “blindatura” di un siffatto accordo, che avrebbe garantito tutti da ogni possibile rischio… i rapidi eventi successivi ci hanno dato purtroppo ragione e – mi creda – non ne sono affatto felice.
Tempo pochi mesi ed Elsa Fornero diventa Ministro: il primo atto formale che compie è proprio quello di modificare le regole di accesso alla pensione senza salvaguardare appieno la validità degli accordi già sottoscritti sulla materia, con la conseguenza - davvero strabiliante - di creare profonde incertezze, tutt’ora presenti, sulla sorte dei Lavoratori interessati dal piano. Ora l’Azienda si dichiara – guardacaso - disponibile a “salvare” questi Lavoratori (sia posticipandone l’uscita, che valutando la possibilità di reintegro in servizio per quelli già usciti da gennaio e che da allora non percepiscono “un euro” da nessuno) ma con il presupposto che il costo dell’operazione sia trasferito sugli altri Lavoratori. Noi la riteniamo una proposta inaccettabile, tanto più se avanzata da un Gruppo solido come il nostro.
- Strabiliante davvero (per non dire incredibile), specialmente se si pensa che Elsa Fornero ha appena incassato il compenso per la propria attività 2011 nel Gruppo, che ammonta a ben 332.000 euro. Comunque, come pensa l’Azienda di presentare ai Lavoratori il conto dei mancati risparmi conseguenti a tutto questo “enorme pasticcio”?
E’ presto detto, le proposte sono: sospensione dell’attività e riduzione dell’orario (cioè si sta a casa con riduzione dello stipendio), revisione del sistema degli inquadramenti ed attribuzione delle mansioni, mobilità territoriale (in pratica revisione al ribasso degli accordi di armonizzazione), applicazione degli orari di lavoro e di sportello stabiliti dal rinnovo del CCNL, flessibilità delle articolazioni individuali di orario e ricorso al part-time, fruizione delle ferie ed ex festività.
- E il Sindacato come pensa si debba invece procedere?
Per tutt’altra strada. Non siamo “fuori dal mondo”, sia chiaro, ma tagliare ancora sulla voce lavoro (la sola fino ad oggi compressa fino al limite di rottura) produrrebbe gli stessi effetti devastanti che – a livello nazionale - sta producendo la politica di eccessivo carico fiscale. Se fino ad oggi il primo gruppo bancario del nostro Paese è passato senza grosse ammaccature attraverso una stagione di perenni fusioni, incorporazioni, aggregazioni, è stato principalmente grazie al proprio Personale, che ha sopperito con una mai abbastanza riconosciuta professionalità, senso del dovere e spirito di servizio agli inevitabili “buchi” e “vuoti di risposte” che si sono creati, cercando di attutirne il più possibile l’impatto sulla clientela.
Il Management non può ringraziare il Personale per il lavoro svolto, riconoscendone il valore, e contemporaneamente mortificarlo sempre ed ancora di più: c’è un limite di rottura a questo “meccanismo”, ed è ormai stato raggiunto. Unità Sindacale pensa – anzi – che questo è il momento per dare al Personale un Contratto Integrativo che ormai manca da anni: sarebbe un segnale concreto da inviare anche ai “mercati” in coraggiosa ed illuminata controtendenza, dimostrando che questa Azienda crede nel proprio futuro, e non solo a parole, recuperando una credibilità ed una trasparenza purtroppo “appannate” negli ultimi tempi.
Tagliare si deve, come abbiamo detto più volte, ma si dovranno tagliare gli sprechi veri: le consulenze che non hanno ragione di esistere, tanto più quando portano a risultati addirittura dannosi, e che pesano sui conti del Gruppo, privando contemporaneamente del lavoro strutture all’uopo designate e già a libro paga.
E che dire dei 189 consiglieri nei vari consigli di amministrazione delle molteplici società del gruppo? Bisogna chiarire che quelli che vengono erogati non sono semplici “gettoni di presenza”, invito tutti ad andare a leggere i dati resi pubblici in occasione dell’ultima assemblea degli azionisti del 28 maggio scorso.
Il nostro Board viene pagato come e più che ai tempi delle “vacche grasse di biblica memoria”, ma il segnale di discontinuità deve arrivare proprio da lì: si è credibili solo quando si dà l’esempio, e va pure sottolineato che un conto è tagliare del 20-30% uno stipendio di svariate centinaia di migliaia di euro: si è un poco meno ricchi, ma si può vivere bene comunque; altra faccenda è tagliare invece anche solo del 5-10% lo stipendio di chi percepisce poche decine di migliaia di euro: in molti casi la soglia della povertà non è poi così distante.
E’ difficile prevedere come si svolgerà la vertenza, anche perché le posizioni delle parti sono – come si vede – diametralmente opposte.
- Sul Sole 24 Ore del 4 luglio scorso ha fatto scalpore la dichiarazione dell’Abi “Banche pronte a chiedere i licenziamenti collettivi”. Che lettura dà di questa dichiarazione in un momento in cui non è necessario versare altra benzina sul fuoco?
L’8 luglio del 2011 ABI e Organizzazioni Sindacali sottoscrissero un accordo che riformava l’ammortizzatore sociale del nostro settore – il cosiddetto “Fondo Esuberi” che – è bene ricordare – non grava per neppure un euro sui conti pubblici poiché il relativo costo pesa esclusivamente sui Lavoratori e sulle Aziende di credito. Il nuovo Fondo può essere utilizzato, tuttavia, solo dopo l’emissione dei necessari decreti attuativi da parte del Governo, la mancanza dei quali – a più di un anno dall’accordo in argomento - è veramente inspiegabile.
Ricordo che anche il più volte citato accordo del 29 luglio 2011 nel Gruppo Intesa Sanpaolo prevedeva l’essenziale condizione che - nel frattempo - il Fondo Esuberi fosse “riformato” con i conseguenti decreti ministeriali.
Il 4 luglio 2012 ABI ha deciso di non ricorrere ad una normale e “diplomatica” dialettica, che non può non esistere con il Governo, ma ha scelto di lanciare il “guanto di sfida” dalle pagine del più importante quotidiano finanziario del paese: “Caro Governo, o emetti i decreti entro 15 giorni o – visto che “i mercati” non aspettano ed i gruppi bancari non possono fermarsi sulla strada delle ristrutturazioni a pagare saranno i Lavoratori“ … una mossa neanche tanto innovativa - già utilizzata in altri settori produttivi - ed anzi ormai prevedibile ed abusata …. se non ci fosse in ballo la vita delle persone verrebbe da commentare “the show must go on”.
Unità Sindacale Falcri-Silcea è uscita il giorno stesso della dichiarazione di Abi con una nota del proprio Segretario Generale che invitava il Governo a non aggravare, con atteggiamenti inspiegabili, una situazione pesante che già vive l’intero settore e a dare vita ai decreti attuativi dell’accordo sul rinnovato Fondo di Solidarietà senza ulteriori indugi.
Certo non possiamo non notare che il Ministro deputato a licenziare i decreti è sempre lo stesso … Elsa Fornero.
Unità Sindacale Falcri-Silcea ritiene necessaria – al riguardo - maggiore “sobrietà” e prudenza da parte degli attori in gioco: esasperare ulteriormente ed inutilmente gli animi non serve, è una pratica che a volte può rivelarsi azzardata.
- Certamente nel Vostro lavoro - davanti alle Vostre resistenze ed alle ragioni dei Lavoratori che rappresentate – i sacrifici Vi saranno stati così motivati: “non si può fare diversamente, dipende dal contesto economico-sociale, viviamo in un epoca di globalizzazione economica liberista, di obblighi comunitari, e siamo in presenza di una crisi globale”. Unità Sindacale Falcri-Silcea cosa risponde?”
La risposta implica un ragionamento che richiede più tempo e più spazio rispetto a quanto ne possano offrire queste poche pagine. Ammetto che non è facile rispondere a tali osservazioni, specie quando provengono da fonti autorevoli ed importanti, ma penso che non bisogna mai farsi intimorire.
E’ necessario smarcarsi da questa logica, sfatando il “sacro mito” del libero mercato ed i comandamenti della finanza che stanno presentando il pesantissimo conto del loro pressoché totale fallimento.
In materia economico-sociale non esistono leggi immodificabili: il modello di sviluppo che un popolo, una nazione, una federazione di stati (l’Europa in questo caso) decide di darsi e seguire rientra nelle prerogative della politica. Oggi purtroppo assistiamo invece ad una “follia collettiva” che sfugge al controllo dell’intera classe politica mondiale: reagiamo (non agiamo) a mosse strategiche messe in campo da un potere occulto, che sfugge ad ogni controllo, che non “ci mette la faccia”, che non risponde dei propri errori, per il quale “i popoli” sono merce da sfruttare: i cosiddetti “mercati”. Gli Stati hanno smesso di svolgere la loro funzione di garanti delle libertà e di regolatori dei rapporti sociali utili a contrastare - da un lato - le prevaricazioni del potere economico e promuovere – dall’altro – una più equa distribuzione tra le classi dei beni della vita.
Dobbiamo ricordarci che la politica – quella con la “P maiuscola” siamo noi, noi cittadini, uno per uno, ogni donna ed ogni uomo: dobbiamo tornare ad essere più attenti, presenti, dobbiamo tornare ad esercitare le nostre prerogative, i nostri diritti, dobbiamo incalzare chi abbiamo mandato a rappresentarci, dobbiamo chiedere conto di quanto fatto fino ad ora, anche perché nel frattempo il conto – salato – di questo totale fallimento viene presentato a tutti noi.
A fronte di un debito che strangola lo stato sociale e legittima lo sterminio dei diritti dei Lavoratori - in barba al dettato costituzionale che ancora, grazie a Dio, esiste - cosa possono fare i Lavoratori? Abbassare la testa e tornare ad essere servi della gleba dei tempi feudali o tornare ad alzarla prima che sia troppo tardi? Prima che ci cancellino definitivamente i diritti che almeno stanno scritti sulla carta (ed è già tanto)?
- Unità Sindacale Falcri-Silcea come affronta questi tempi e temi difficili che vanno oltre i problemi del quotidiano?
Come sempre nei momenti difficili della vita è bene ripassare “i fondamentali”.
La Costituzione, innanzitutto, che afferma che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, inteso non solo come “merce da scambiare” ma con una accezione ben più ampia: come mezzo per affermare e sviluppare la personalità dei cittadini e come strumento per garantire il progresso materiale e spirituale della società.
Questo purtroppo non sta avvenendo di questi tempi nel nostro paese: il lavoro è svilito a mera merce di scambio, utile solo a garantire competitività e profitto alle imprese.
Eppure “i fondamentali” sono scritti in tutti gli Statuti dei maggiori Sindacati, che fanno propri i principi inviolabili della Costituzione, definendo il lavoro “strumento di dignità della persona” e mezzo di “emancipazione sociale”, anche se qualcuno a volte – ammetto – dà la sensazione di averlo scordato.
E’ compito di tutti noi, nessuno escluso, “rispolverare” i nostri “fondamentali” e pretendere con forza la coincidenza tra quanto “si dice” e quanto “si fa”. La differenza sta tutta qua.
Se è vero che di questi tempi i Lavoratori sembrano essere sempre più soli e deboli davanti ad un potere che pare non avere limiti, mi rammento ogni mattina che la storia è anche “maestra di vita”: sono certa che le Lavoratrici ed i Lavoratori – ancora una volta – sapranno fare fronte comune unendosi come hanno fatto in passato “costruendo nuove armature e nuove armi per combattere con successo una guerra mai assopita e che apre sempre nuovi fronti”.
Unità Sindacale Falcri-Silcea afferma con forza che vuole continuare ad onorare la fiducia che le Lavoratrici ed i Lavoratori ci danno, con l’unico obiettivo di tutelarli, restando in mezzo a loro.
Vogliamo continuare a farlo perseverando nella nostra autonomia di pensiero, dicendo “sì” quando lo riteniamo giusto ed utile per i Lavoratori e “no” – invece – quando non lo è.
Anche se – spesso – farlo ci ha dato la patente di sindacato “scomodo” e “fastidioso”.
Per noi è un vanto ed un riconoscimento: la verità e l’onestà possono effettivamente a volte risultare scomode e fastidiose.
Ma è una “voce” destinata – come stiamo con soddisfazione riscontrando – a diventare un “coro” sempre più numeroso di consensi e, proprio per questo, sempre più ascoltato.
- Allora avanti così, verrebbe da dire, con l’augurio che il mondo sappia ritrovare in fretta equilibri nuovi e più umani. Grazie per il tempo che ha voluto dedicarci.
Grazie invece a tutte le Lavoratrici ed i Lavoratori che ci sostengono e che vorranno leggerci.