La crisi del giornalismo in Italia: intervista al giornalista pubblicista Gianluca Amatucci
La forte crisi economica, causata dalla pandemia da covid19, ha toccato molteplici settori, tra questi anche il mondo del giornalismo.
La carta stampata, in crisi da più di un decennio,per colpa dell'informazione digitale, moltopiù veloce, numerose testate giornalistiche hanno deciso di non produrre più il proprio quotidiano da vendere in edicola. Le emittenti televisive, locali e nazionali, hanno diminuito il numero del personale, lasciando a casa tanti professionisti senza lavoro.
In un paese dove circola meno l'informazione, aumenta il rischio di una grave crisi culturale e sociale sempre più profonda.
I giovani, appassionati del settore, sono scoraggiati nell'intraprendere o continuare la professione del giornalismo, perché poche appaiono le possibilità di occupazione. Abbiamo voluto intervistare Gianluca Amatucci, giornalista pubblicista dal 1994.
Gianluca, in Italia c'è una grave crisi del settore del giornalismo, perché?
Nel settore televisivo, locale oppure regionale, non è facile trovare spazio.
Cosa significa tutto questo?!
Significa che con il trascorrere degli anni, ci sono realtà che non sono riuscite a confrontarsi con quello che chiedono i telespettatori, cioè un'informazione dove ci sia spazio per tutto. Infatti c'è poco spazio per lo sport, poca considerazione per il sociale e meno interesse per la cultura.
Gli editori, affrontano costi esorbitanti per mantenere aperte le strutture, pagare stipendi, attrezzature ecc… L'unico introito sono gli sponsor, diminuiti vertiginosamente con la pandemia.
Di solito paragono le emittenti televisive a delle società di calcio, come sempre costrette ad investire soldi difficilmenterecuperabili.
Per quale motivo succede questo?
È difficile trovare editori lungimiranti che riescano a creare e portare avantiun progetto cercando di essere molto attenti ai costi.
Molte delle volte manca una figura che gestisca attività e passività, tutto questo genera un rischio in cui si investe rischiandogravi perdite economiche.
Cosa fa la politica oppure come si comportano le istituzioni per supportare questo mondo?
Le istituzioni devono dare una mano in più, i crediti che spesso mettono a disposizione per supportare qualsiasi ente di informazione riconosciuto sono pochissimi, rispetto al costo che bisogna affrontare per portare avanti un progetto, soprattutto nel mondo del cartaceo sempre ancora più in crisi.
Lo stato deve avere un maggior occhio di riguardo per l'informazione, senza puntare a propriobeneficio.
Sono del parere che in Italia dobbiamo avere un organo di informazione libera, aspetto che sta diventando sempre più difficile.
Pochissimi sono anche i ragazzi che intraprendono la carriera giornalistica, oppure tanti che rinunciano dopo un periodo di carriera.
Perché accade questo?
Perché sono diminuite le opportunità di lavoro, le richieste sono pochissime e con pochi introiti l'editore fa fatica ad assumere. Un altro problema è il fenomeno dei blogger e dell'influencer, dove chiunque può scrivere autonomamente quello che pensa.
Sicuramente questo è molto più democratico, però allo stesso tempo non c'è nessuna censura da parte dell'editore.
Secondo te ci sono delle soluzioni a questa crisi?
Si, deve esserciper forza un modo, questo momento necessita di una soluzione!
C'è bisogno di un gruppo di lavoro preparato, valorizzato che dia voce alla gente, cosa che accade pochissimo. Lo stato non può rimanere immobile a guardare, anzi deve intervenire al più presto, promuovendo progetti attraverso undialogo più profondoe unconfronto più stretto.
Il giornalismo non può finire così, abbiamo bisogno di persone serie lungimiranti che garantiscano una sfida per l'oggi e ancheper ildomani.