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Mentre combattevo contro il Coronavirus, diventavo papà

Dal 21 febbraio 2020 è stato un continuo di notizie sul corona virus, curve sui contagi, fake news sui complotti, storie di vite spezzate, fughe di studenti verso il sud.

In uno scenario così negativo, ci sono anche delle notizie positive, che ci temprano e ci lanciano verso un domani, dove saremo più forti dopo quello che abbiamo vissuto.

Una di queste è la storia di Calogero, che combatte la sua sfida più grande, contro un avversario difficile che guarda poco in faccia all'età e alle storie delle persone; tutto questo mentre lui sta per diventare papà.

Ciao, Calogero, parlarci di te, cosa fai nella vita?

Nella vita mi chiamano Carlo che fa più “Milanese”  visto che abito a  Milano, sono di Palermo ma ormai trapiantato nella città della “madunina” insieme alla mia compagna e ai miei due figli, ho 38 anni e lavoro come tecnico help desk informatico.

Come hai scoperto di aver contratto la malattia covid-19?

L’ho scoperto dopo aver realizzato che dopo i 5 giorni classici di febbre, non era normale che la stessa non si abbassasse mai sotto i 38,5 e che avessi sempre una tosse secca e persistente, inappetenza, svenimenti,  senso del gusto alterato, tutto questo mi procurava nausea e vomito,   soprattutto gli ultimi giorni quando non stavo respirando più.

Quale è stato il primo pensiero, dopo che hai capito quello ti era successo?

Già dal sesto giorno provavo costantemente a chiamare i numeri utili per segnalare che la mia non era semplice febbre ma qualcos'altro. Ho realizzato al sesto giorno che ero affetto da covid-19 senza dubbio, ma solo al decimo giorno quando stavo per spirare senza più respirare, ho capito quanto era presente e forte questo virus nel mio corpo.

Come hai vissuto l’esperienza al Niguarda di Milano?

La corsa in ospedale difficile da dimenticare:

ero rinchiuso a casa da 10 giorni e non sapevo fuori cosa stesse accadendo... ero senza forze…

In stato di semi incoscienza ormai – fuori c’era un silenzio assordante - arrivati al pronto soccorso sospinto da una carrozzella, mi hanno fatto i primi accertamenti del caso.

Dopo il primo tampone che risultava negativo, mi hanno eseguito una tac dalla quale è emerso che non si trattava di una grave polmonite interstiziale, e di conseguenza mi hanno fatto un tampone di controprova che è risultato positivo.

Stavo così male che mi hanno subito eseguito un trattamento sub intensivo con il Tocilizumab, il farmaco anti reumatoide cinese che il dott. Paolo Ascierto ha avuto il coraggio di sperimentare in Italia.

Dopo due giorni di ossigenazione massima senza poter staccare le maschere, sono riuscito a riprendermi e dopo cinque giorni a lasciare il reparto di terapia infettiva.

Hai avuto un momento in cui hai creduto di non farcela?

Il momento in cui ho pensato di non farcela è stato al decimo giorno di malattia,  quando al limite della sofferenza, ci siamo attaccati al telefono provando e riprovando a prendere disperatamente la linea con il 118, ma era tutto vano e allora mi sono arreso.. ho salutato la mia compagna, dato un bacio sulla testa a mio figlio più grande (5 anni) e baciato il pancione della mia compagna dove Emanuele dopo poco sarebbe uscito…

“gli ho detto scusa “perdonami ma sicuramente non c’è la farò a vederti” con le lacrime mi sono messo a letto e ho detto “signore se è quello che vuoi ti affido la mia famiglia ma non farmi soffrire ancora” e il respiro diventava sempre più corto... dopo 45 minuti di chiamata continua al 118 in semi incoscienza sono andato con loro, ma avevo già sentito per la prima volta la Morte da vicino..

Mentre tuo figlio stava per nascere, cosa hai pensato in quelle giornate in cui eri ricoverato?

Ero in piena lotta con il covid e mio figlio poteva nascere da un momento all'altro (scadenza parto 30 marzo).

Il l 26 marzo mi trovavo in medicina, il reparto che mi ha segnato di più, vedevo anche barelle con coperture zincate andar via, persone che con crisi profonde che abbandonavano il reparto per andare in terapia intensiva (il famigerato tubo fino ai polmoni) e “mi ripetevo “può toccare anche a me, se non mi dicono che sto bene e mi fanno uscire da questo reparto!”.

Quel giorno era anche, San Emanuele ovvero il nome scelto per mio figlio e la grazia di quel santo mi fu concessa: ero clinicamente guarito dopo 12 giorni e finalmente portato al reparto post covid.

Ho pensato che mio figlio mi avesse aiutato “papà non temere sono qui con te e voglio che tu mi conosca!”

Quando è nato tuo figlio?

Emanuele ovvero “Dio è con noi” ed è nato il 6 aprile ovvero lo stesso giorno in cui ho fatto uno dei primi due tamponi che poi sono risultati negativi per decretare così la mia completa guarigione

Come è stato il ritorno a casa, sapendo che c’era un nuovo membro della famiglia che ti stava aspettando?

 Il ritorno è stato molto strano in quanto mio figlio pur nato il 6 aprile, l’ho conosciuto dal vivo solo il 13 aprile, in quanto anche lui ha avuto dei problemini per fortuna risolti.

carlo corona

Ma quell’8 aprile ho rivisto mio figlio Andrea, che per una settimana è rimasto senza mamma e papà.. che gran santi i figli al tempo del covid!


Il piccolino l’ho conosciuto ben cinque giorni dopo, e la mamma dopo un mese da tutto questo incubo... ho pianto, abbiamo pianto come mai forse abbiamo fatto nella nostra vita e quando ho preso Emanuelino tra le braccia gli ho detto “sei un eroe figlio mio, noi siamo eroi e abbiamo sconfitto questo male e non ci lasceremo più!”

Che consigli senti di dare a quelli che stanno lottando in questo momento contro il corona-virus?

Le forme in cui si contrae il corona virus potrebbero essere non note a tutti, perché hanno diverse..  a me ad esempio mi ha lesionato i polmoni in forma grave tanto da andare in sub intensiva, altri lo hanno contratto come una lieve infiammazione ma sempre in presenza del virus,; altri muoiono subito perché troppo tardi magari sono stati curati o la forma è stata così grave perché poi va da soggetto a soggetto.

Una cosa importante comunque è la testa: mai perdere l’obiettivo che esso sia lottare per i propri cari oppure lottare per dare modo alla scienza di combattere questo male con il proprio contributo medico, tipo topini bianchi da laboratorio utili per magari trovare una cura ma soprattutto credere in Dio o se non si è credenti, avere la speranza di farcela che quella è sempre l’ultima a morire!

Sappiamo che hai realizzato un piccolo video tu instagram, ce ne parli.

Si, su Facebook come Carlo Guttuso o su Instagram come Carlo.guttuso ho postato un breve video, dove riassumo gli attimi dal ricovero all'uscita dall'ospedale perché guarito, ma soprattutto dove ribadisco il concetto di rimanere a casa, rimaniamo a casa perché è l’unico modo per fermare il virus e più perde la possibilità di andare avanti più lui si indebolisce e così molto prima torneremo a vivere le nostre vite

Vuoi ringraziare qualcuno e fare delle riflessioni?

Ringrazio i ragazzi del 118, la struttura del Niguarda che mi hanno curato e gli eroi che lavorano senza sosta per salvarci le vite in tutta Italia ricordando che anche loro sono persone umane

Se al 118 ti negano la possibilità di ricovero è perché non vogliono che tu muori, vogliono che tu non vada in vano al pronto soccorso per poi prenderlo davvero il virus!!!

Quindi affidati al tuo medico perché ne sanno più di noi! Quando incontri medici, dottori, infermieri, inservienti degli enti ospedalieri, prega per loro e le loro famiglie,

rischiano loro stessi in nome di qualcosa che va oltre il lavoro e che si chiama dedizione.

Gli ospedali, le strutture sono messe in totale emergenza covid: vuol dire che i medici si sono reinventati per il covid e “sacrificano” tutto per noi!

Questo vale per tutte le categorie l’urologo, il fisioterapista e gli inservienti.
I medici Eroi ma anche umani, ricordatevelo.

In queste giornate difficili per tutti, la vittoria di “Carlo” da speranza e trasmette positività che abbiamo un po' smarrito  in questi giorni.

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