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Miniera di Marcinelle: 60 anni fa, una tragedia da non dimenticare

tragedia miniera marcinelle 9 agosto 1956Sessant’anni fa, una tragedia da non dimenticare.

Otto agosto 1956, otto agosto 2016, una data, ma non come tante altre, una data che è bene ricordare perché racconta un pezzo di storia di noi italiani, dei nostri avi, partiti in cerca di lavoro e non più tornati perché l’angelo della morte li ha presi. Mi riferisco alla tragedia nella miniera di Marcinelle, centro minerario in Belgio. Tutti siamo a conoscenza, se non altro per averlo studiato a scuola, della necessità che ha spinto molti italiani a emigrare in cerca di un lavoro che desse loro la possibilità di vivere e mantenere la famiglia. Chi emigrava in paesi lontani come l’Argentina, l’America, l’Australia, chi invece in paesi più vicini, come appunto il Belgio. La miniera offriva l’opportunità di un lavoro, e così molti accettavano, impegnandosi in un’attività faticosa e molto rischiosa. La tragedia di Marcinelle, che è solo una delle tante, ne è testimonianza.

La miniera era a Bois de Cazier, nelle vicinanze di Marcinelle, e vi si estraeva il carbone. Nel turno di quella mattina dell’8 agosto, 274 uomini si calano nella miniera, a 1030 metri di profondità, per iniziare il lavoro. Alle ore 8,10, così è riportato dalle cronache, due carrelli rimangono incastrati in una gabbia di ferro, siamo a 975 metri di profondità. Nell'operazione per farli risalire, urtano una trave che, nel forte impatto, cede e nella sua caduta urta e trancia due cavi elettrici e tubi di olio e aria compressa. Dai cavi si sprigionano delle scariche elettriche molto forti che provocano l’accensione dell’olio che nebulizzando prende fuoco. In brevissimo tempo divampa un incendio immane riempiendo di fumo acre e irrespirabile l’intero impianto. Su 274 uomini, 262 hanno perso la vita, per il fumo, i gas tossici e le ustioni; 136 erano italiani. 248 le famiglie colpite, 420 gli orfani.

Il lavoro in miniera, la fatica più pericolosa che esista. Laggiù nella profondità della terra, alla tenue luce di lampade al carburo, o a olio, il rumore che ti assorda, il sudore che ti copriva di polvere, e quest’ultima che ti entrava anche nei polmoni attaccandosi come l’edera che si aggrappa a un muro e lo avvolge completamente. Quanti uomini morti per quel terribile male che si chiama silicosi, e morti ancora nel pieno della vita! E anche quanti giovani ragazzi, impiegati perché di corporatura minuta riuscivano a infilarsi in buchi stretti e “usati” anche per l’accensione delle micce, col pericolo che questo comportava. Oggi purtroppo vi sono ancora ragazzini sfruttati nel lavoro minerario, ad esempio in miniere in Africa e in Asia.

Ovviamente, citando questa tragedia, non vanno dimenticate le molte che sono accadute nelle miniere di tutto il mondo, e che ancora a volte accadono. Anche la nostra penisola è ricca di giacimenti, pensiamo alle miniere di Sardegna, in Val D’Osta, in Lombardia, in Sicilia, e in molte altre regioni, e anche il nostro paese ha dovuto piangere minatori morti.

Molta ancora ci sarebbe da dire sulla vita di questi eroici e sacrificati lavoratori, ma un semplice articolo obbliga alla sinteticità. Ho voluto rendere omaggio, ricordando la tragedia di Marcinelle, a tutti quelli che sono scesi in miniera, lasciandosi alle spalle gli amori e il cielo azzurro, faticando nel buio, nell'attesa che il turno finisse e si tornasse a riabbracciare la vita. 

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