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La pubblicità, una necessità impertinente

La pubblicità, un’innovazione che ci sovrasta, che s’insinua nelle nostre case, nel nostro vivere quotidiano pur senza esserne stata invitata.

Che cosa è la pubblicità? La definizione che è data è che con questo termine s’intende quella forma di comunicazione usata dalle imprese per creare consenso intorno alla propria immagine, con il chiaro obiettivo di conseguire le proprie finalità commerciali, legate, ovviamente, a un guadagno economico.

Un discorso diverso va fatto per la pubblicità progresso, poiché le finalità sono legate al sociale e non all'aspetto puramente di guadagno. Si può affermare senza tema di smentita che la pubblicità è affare che risale molto indietro nel tempo, tanto è vero che a Pompei, nella Via dell’Abbondanza, si possono ancora leggere le insegne di una bottega di stoffa che invita all'acquisto perché merce garantita e di qualità. Da allora ne ha fatta di strada, e oggi, grazie alla tecnica e alla scienza della comunicazione, la pubblicità ha acquisito potere di spazio e di tempo. Anzi, permettetemi di dire che secondo la mia personale idea, questo tempo e questo spazio sono esagerati, e andrebbero senz'altro ridimensionati. Non intendo certo sostenere che la pubblicità debba essere abolita, quel che invece voglio sostenere e difendere, è il diritto delle persone a essere rispettate, mi spiego meglio con qualche esempio.

Siamo seduti a tavola per consumare un meritato pranzo o cena, quand'ecco che una pubblicità impertinente, magari proprio mentre stai mettendo in bocca un boccone desiderato, t’informa del “profumo delle ascelle”, “del pannolino da usare o da cambiare”, “delle gengive che sanguinano o della dentiera che non vuol saperne di stare al suo posto”. Ora, non dico che le aziende interessate non debbano far conoscere i loro prodotti, ma possibile che non si vogliano programmare gli annunci tenendo in considerazione il rispetto per le persone, che poi potrebbero esserne anche l’utente?

Un altro aspetto che definisco deleterio e offensivo è quella pubblicità che vuole usare la donna come oggetto del desiderio. Ma come, si fa tanto parlare di mancanza di rispetto del sesso femminile, di violenza contro le donne, e poi si propongono come “miele per attirare le mosche”? Dove sta la serietà, la coerenza tra il dire e il fare? Oppure quando ti stai godendo un film che ti piace e, nel momento più bello, e qui secondo me è fatto apposta, ti tolgono il film e ti rifilano una serie di pubblicità; e qui alzi la mano chi non si spazientisce. Questi sono solo alcuni esempi, potrei citarne altri ma penso che si sia capito il senso del discorso. A conti fatti quest’atteggiamento cosa dimostra? Semplice, che la voglia e il desiderio di far denaro conta molto di più del rispetto della persona.

È pur vero che il telecomando della tivù o il bottone della radio lo abbiamo noi, è anche vero però che non possiamo continuamente spegnere e riaccendere o fare continuamente zapping tra un canale e l’altro. Interessante sarebbe anche esaminare i contenuti di alcune pubblicità, che sono davvero surreali se non ridicoli, ma il discorso mi porterebbe lontano, e non posso occupare uno spazio eccessivo. È operante anche, nel nostro ordinamento, un Codice dell’Autodisciplina Pubblicitaria, così come l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, senza voler entrare più nel merito, è loro così impossibile intervenire per pianificare meglio gli spot pubblicitari?

Tuttavia prima di terminare un riferimento alla Pubblicità Progresso mi sento doverlo fare. Questa è una fondazione italiana no-profit che dal 1971 dedica tutto il suo impegno a portare all'attenzione di tutti e alla possibile soluzione di problemi morali, civili, educativi per l’intera comunità. Ecco sotto elencate alcune sue campagne pubblicitarie:

  • A favore della raccolta di sangue
  • Per il rispetto dell’opinione altrui
  • Contro i rifiuti abbandonati
  • Contro il maltrattamento dei minori
  • Contro la pirateria informatica

Allora un plauso alla pubblicità? Sicuramente sì alla pubblicità Progresso, a quella puramente commerciale preferisco essere più cauto ed esaminarne i contenuti. 

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