Sanità economia e finanza: la lezione del Coronavirus
Questa accidente di coronavirus ci ha obbligato, volenti o nolenti, a esaminare alcuni comportamenti, sia personali, sia a livello sociale che politico finanziario, e proprio su quest'ultimo mi voglio brevemente soffermare.
Non si può ignorare di come le nostre società cosiddette progredite, osannanti al nuovo umanesimo e inclini a considerare la scienza come strumento unico e onnipotente per portare l'umanità "all'olimpo degli dei", abbia dovuto piegare le ginocchia di fronte a un esserino di qualche milionesimo di millimetro che, silenzioso e mimetizzato, ha rimesso in discussione tutto, facendo intravvedere, e purtroppo non solo, lo spettro della morte. Impotenza dell'uomo!
Si sentono echeggiare slogan come "ce la faremo", a fare cosa? A essere come? "Non sarà più come prima", e come sarà allora? Si sentono appelli che invocano l'unità, la collaborazione, il senso di responsabilità, la tutela della vita e della salute e via dicendo, ma questi valori non esistevano anche prima? Certo che si, solo che li abbiamo messi in soffitta per dare spazio a una nuova ideologia di libertà, considerata come "sono libero di fare le scelte che più mi piacciono senza avere nessun vincolo morale".
Solo che quell'invisibile virus ha scombussolato un po' le cose, riportando l'uomo all'essenziale. Lo abbiamo visto, e non è ancora finita, di come medici e infermieri/e si stanno adoperando per curare i colpiti dal virus davvero con sacrificio e determinazione, mettendo a frutto la loro scelta professionale e rispettando il motto Ippocratico di votarsi per il bene, la vita e la salute. Purtroppo però la sanità ha dovuto fare i conti la politica e la finanza, e qui le cose sono, per la sanità, peggiorate.
Nel 2011, con il governo Monti, ha preso il via la disgraziata "spending review" che nella nostra lingua italiana significa "revisione della spesa pubblica", e imposta – notare questo "imposta", dall'Unione Europea. Per la sanità è iniziata la tragedia. Bisognava dare più importanza agli indici di stabilità economico-finanziaria, al PIL e alla legge di mercato, i quali imponevano tagli di spesa che, guarda un po' il caso, si sono riversati abbondantemente sulla sanità.
Eppure l'articolo 32 della nostra Costituzione afferma di tutelare la salute come fondamentale diritto dell'individuo, fondamentale ha un ben preciso significato mi pare! Invece quella scelta succube alle finanza economica ha portato a tagli di spesa di non poco conto: ospedali, posti letto, personale medico e infermieristico ne hanno pagato il prezzo.
A fine anni '90 vi era un letto ogni 94 abitanti, oggi un letto ogni 314; a inizio epidemia ci siamo trovati con 6852 letti disponibili di terapia intensiva, un letto ogni 8756 abitanti, mentre in Germania la disposizione era di 28.000 letti, uno ogni 2900 abitanti. Quella scelta sciagurata di penalizzare, come al solito, la sanità ecco a cosa ci ha portato, e meno male che il personale ha dato prova di coraggio e abnegazione facendo l'impossibile! Onore a loro, non certo alle scelte politiche che hanno badato più all'aspetto economico e di far quadrare i bilanci che a quello della salute dei propri cittadini.
Riportiamo allora la Sanità, esse maiuscola, al ruolo che le compete, fornendo tutto ciò che gli spetta e smettendola di depauperarla sottomettendosi a una stolta revisione della spesa pubblica che umilia e impoverisce il nostro Paese. Contenere la spesa pubblica è possibile, ma incidendo su quelle spese maldestre, speculative, di varie trame finanziarie, mirando a istituzioni ben diverse dalla Sanità.
Si sente spesso dire "se c'è la salute c'è tutto", vi è anche una canzone romana che dice "basta la salute", in parte è vero, ma se non cambia la mentalità politica... chissà che il virus non abbia loro dato una lezione!