Carletto Arena: ombra del sottosuolo
“Ma com’è bella la città, com’è grande la città”, cicalava qualche decennio addietro un giovane Gaber/Signor G., ironico nel descrivere i molteplici meandri del territorio urbano milanese; e ancor oggi la nostra città si palesa sempre più popolata non solo dall’ingombro di architetture in crescendo, ma anche – e soprattutto – dall’affollarsi di un microcosmo di personaggi, maschere e ombre il cui particolar folklore di rado viene riconosciuto…
Ecco, Carletto è uno di codesti “bravi”: lo potete incontrare mentre agita il suo claudicante figuro – permeato da uno stato di ebrezza alcoolica tangibile quanto perniciosa all’altrui olfatto – in alterno pellegrinaggio tra Parco Sempione e più bohemien quartierino di Brera. Sempre a portata di mano un cartoccio di Tavernello, un berretto logoro a incorniciare quella testa di cartapesta, Carletto – da oltre un decennio – “evapora” così le sue giornate milanesi, fraseggiando onomatopee incomprensibili (sarà un qualche codice cifrato del sottosuolo?), lo sguardo liquido rivolto al nulla.
Su di lui, si favellano diverse leggende metropolitane, la più nota e corroborata della quale, ci erudisce attorno al suo passato: si mormora di un soggiorno carcerario di diversi anni, contratto per un inusitato eccesso di legittima difesa (con allocuzioni più barbare: pare che egli si sia intromesso in una rissa, accoltellando allo stomaco un poco collaborativo rivale). Naturalmente, su tutto ciò, vige quell’imperativo morale inerente la mai sazia sospensione dell’incredulità…
Chiunque sia in grado di fornire più compiute informazioni inerenti il ns. “uomo ombra” è sì pregato di contattare con somma urgenza l’autore di queste scabre righe…
Yuri Benassati
Conosci un personaggio particolare di Milano? Segnalacelo, forse per qualche ragione merita di essere conosciuto.