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Giuseppe Verdi

giuseppe verdiGiuseppe Fortunino Francesco Verdi nacque nel parmense a Roncole il 10 ottobre 1813 e morì a Milano il 27 gennaio 1901. Fu un compositore italiano, autore di melodrammi che fanno parte del repertorio operistico dei teatri di tutto il mondo.

Nel 1832 si trasferì a Milano dove tentò inutilmente di essere ammesso presso il Conservatorio e fu per diversi anni allievo di Vincenzo Lavigna, maestro concertatore alla Scala. Nel 1836 sposò Margherita Barezzi, ventiduenne figlia del suo benefattore Antonio Barezzi, con la quale due anni più tardi andò a vivere a Milano in una modesta abitazione a Porta Ticinese. Nel 1839 riuscì finalmente, dopo quattro anni di lavoro, a far rappresentare la sua prima opera alla Scala: era l'Oberto, Conte di San Bonifacio, su libretto originale di Antonio Piazza. L'opera ebbe un buon successo e quattordici repliche.

Verdi morì a Milano in un appartamento dove era solito alloggiare dal 1872 al Grand Hotel et De Milan alle 2,50 del 27 gennaio 1901, a 87 anni. Il Maestro lasciò istruzioni per i suoi funerali: si sarebbero dovuti svolgere all'alba, o al tramonto, senza sfarzo né musica. Nei giorni che precedettero la morte di Verdi, via Manzoni e le strade circostanti vennero cosparse di paglia affinché lo scalpitio dei cavalli e il rumore delle carrozze non disturbassero il suo riposo eterno.

LA FIN

In di primm di del mila e noeuvcent-vun
se ven a savè purtropp che Lù el sta màl.
Quand se passa per Via Manzon, ognun
se và a informà de l'Omm eccezionàl.
De ann ghe n'ha tanti... vottantott...
Nissun voeur cred. Se sà che'l Gèni l'è immortàl...
Carr e carrozz, tramvai, vann tutti al pass...
Gh'è giò la paja per toeu via i frecass...

Vorrissen tutti vèssegh là taccaa
per passa via davanti a quel sò lett
su la ponta di pè, tegnend el fiaa,
per riandà col penser, con gran rispett,
tutt el ben che l'ha faa e l'ha somenaa
coi sò Oper, coi sò Musich benedett,
ch'hann esaltaa la Patria e ch'hinn staa bon
de delizià, o fà vegnl giò i gotton.

E in l'istèss mes, al trenta de Gennàr,
quand smorzen in di strâd tutt'i fanai,
ai sètt òr de mattina, appènna ciàr...
in San Francesch de Paola i funerai.
Tutta Milan l'è lì al passagg de'l càrr.
Ma hinn tutt'i cœur che'l porten oramai,
perchè tucc sann che on Omm compagn de quèll
nè prèst nè tard, se riessila a vedèll...

Traduzione:

Nei primi giorni del 1901, si viene a sapere, purtroppo, che lui sta male: Quando si passa per via Manzoni, ognuno si va informare su quest'uomo eccezionale. Di anni ne ha tanti: 88. Nessuno vuol credere. Si sa che i geni sono immortali... Carri, carrozze, tranvaj, vanno tutti al passo... C'è la paglia sulla strada per togliere i rumori...
Vorrebbero tutti essere la vicini, per passare davanti a quel suo letto, in punta di piedi, trattenendo il fiato, per riandare col pensiero, con grande rispetto, a tutto il bene che ha fatto e ha seminato con le sue opere, con le sue musiche benedette che hanno esaltato la patria e che sono state capaci di deliziare o far cadere le lacrime.
E nello stesso mese, il trenta di gennaio, quando spengono nelle strade tutti i fanali, alle sette di mattina, appena chiaro, in san Francesco de Paola i funerali. Tutta Milano segue il passaggio del carro. Ma è in tutti i cuori che lo portano ormai, perché tutti sanno che un uomo come quello, ne presto ne tardi si riuscirà a vederlo ancora.

La morte di Giuseppe Verdi in una cronaca dell'epoca.
Poco prima del Natale cominciò a preoccupare lo stato di salute del Maestro. Si aggravò nel gennaio 1901.
Venne chiamato a dare l'estrema unzione al Maestro, il preposto parroco di San Fedele, don Alberto Catena, che già aveva confortato gli ultimi momenti di Alessandro Manzoni.
Al 27 di detto mese Egli chiuse serenamente la gloriosa esistenza. Gli furono tributate due solenni onoranze funebri. La prima, la più commovente, alle sette del mattino del 30 gennaio in un'alba grigia e gelida. Carro di seconda classe, senza fiori, come lui aveva disposto. Folla enorme, triste, silenziosa, dileguantesi quasi in una nebbia azzurrina tra le piante nude del vecchio bastione. Folla che volle star vicina un'ultima ora al Maestro prediletto.
La seconda, organizzata dal mondo ufficiale, il 27 febbraio 1901. Trecentomila persone. Autorità in tuba, pennacchi al vento, bandiere, corone e finalmente, in luogo del modesto carro di seconda classe, uno splendido catafalco dorato, degno di Roma e di Cesare. Durante questa pomposa cerimonia ufficiale, si ebbe una commozione grande, sincera, quando Toscanini ai piedi del Famedio diede al coro il segnale del Va pensiero.
Ed il pensiero corse al povero Maestro giunto a Milano dalle sue Roncole e lo vedeva nel momento in cui, abbandonandosi alla sua fantasia, traeva per la prima volta dai tasti, la melodia del suo coro famoso.

Vedi anche la Storia di Milano

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