Papa Pio IV prima di diventare pontefice
PAPA PIO IV, TUTTA LA STORIA DEL PONTEFICE PRIMA DELLA SUA ELEZIONE AL SOGLIO DI PIETRO
Molti conoscono Pio IV come il Papa che elargì la Bolla del Perdono nel 1563, ma, penso, pochi conoscano la vita del pontefice prima della sua elezione avvenuta nel 1559. Chi scrive vuole dare un contributo ed uno spunto ad una maggiore conoscenza degli avvenimenti in Italia ed Europa.
All’epoca della nascita del futuro papa Pio IV, al secolo Giovanni Angelo Medici di Marignano il 31 marzo 1499, (allo stato attuale delle ricerche non si è trovata nessuna connessione tra i Medici di Marignano e i Medici di Firenze), la città di Milano viveva un dei periodi più fulgidi della sua storia. La signoria di Ludovico il Moro è infatti iscritta negli annali della storia dell’arte come il secolo del Filarete, di Leonardo e di Bramante, del rinnovamento urbanistico con il quale si tentava di dare un più moderno assetto a quella che stava già diventando una metropoli a livello europeo.
Ma sotto la patina della ricchezza della Corte e della borghesia cittadina covava la brace che porterà, nel secolo seguente, a lotte fratricide ed a guerre per il dominio del ducato. Al di là delle Alpi, nel castello di Amboise muore il 7 aprile 1498 re Carlo VIII, lasciando come erede Luigi XII del ramo degli Orleans. Il re di Francia intende subito scendere in Italia e rivendicare, come il cugino Carlo VIII, l’eredità milanese della nonna Valentina Visconti; il 18 ottobre 1499 Luigi XII entra in Milano e si appropria senza colpo ferire del ducato sforzesco, mentre il Moro lascia precipitosamente la città. Capo della Chiesa dal 1492 è, in questi anni cruciali, papa Alessandro VI Borgia, la cui famiglia inaugurerà un famigerato ventennio di assassinii e violenze di ogni sorta.
La giovinezza del futuro papa fu ricca di traversie; la famiglia, composta dai genitori Bernardino e Cecilia Serbelloni e da 24 figli, di cui solo 10 raggiunsero l’età adulta, nacquero tutti nella casa, ora scomparsa, situata nella parrocchia di S. Maria di Nosigia, pur essa oggi non più esistente, ubicata dove oggi è il Palazzo Belgioioso, conobbe sia momenti di povertà che di agiatezza, coinvolta nelle aspre vicende che, per il dominio del milanese, vedeva combattersi le forze imperiali di Carlo V contro quelle francesi del re Francesco I. Il 24 febbraio 1525 a Pavia i francesi persero clamorosamente, mentre il loro re Francesco fu condotto prigioniero in Spagna (in quell’occasione disse: “tutto è perduto, tranne l’onore”).
In quel fatidico anno Giovanni Angelo Medici si laureò a pieni voti in giurisprudenza presso l’università di Bologna ed iniziò una proficua carriera di giurista e di diplomatico che in breve lo avrebbero portato alle più alte cariche ecclesiastiche. Il 1° marzo 1532 Gian Giacomo Medici, fratello del nostro Giovanni Angelo, dopo una vita vissuta da militare di valore ma in continua lotta contro la Signoria milanese del duca Francesco II Sforza depose le armi, anche grazie ai buoni uffici del fratello Giovanni Angelo, ricevendo in cambio dal duca il Borgo ed il territorio di Melegnano (ma la famiglia Medici volle sempre essere denominata marchesi di Marignano, conservando la vecchia titolatura) eretto in marchesato.
Ma nel frattempo l’Europa cattolica si stava disgregando sotto la spinta di forze a cui i vertici della Chiesa non furono in grado o non vollero porvi rimedio. Infatti papa Leone X Medici (1513-1521), alla ricerca di sempre nuove entrate per l’erigenda Fabbrica di S. Pietro aveva dato uno smodato impulso, diventando in breve un vero e proprio “traffico”, alle indulgenze, ammesse dalla dottrina Cattolica come remissione delle colpe commesse in vita dai credenti. Si arrivò al punto che per propagandare le indulgenze il domenicano Giovanni Tetzel compose il motto: “Quando il soldin cade nella cassetta l’anima sale in cielo benedetta”, dichiarando che non era necessario essere in “Grazia di Dio” per “essere dispensati” dai propri peccati ma bastava solo pagare una certa somma, corrispondente all’entità del peccato, per avere salva l’anima ed avere la sicurezza di ascendere al Paradiso. La splendida Roma papale, dove la cultura, la letteratura e l’arte sotto le più diverse forme stava vivendo e toccando il suo acme ma che con il suo sfacciato nepotismo, i suoi costumi corrotti, il lusso sfrenato della Corte papale stava assurgendo a scandalo della cristianità, suscitando moti di protesta e rivolte in molti paesi cattolici, avrebbe ben presto innescato la miccia che nel giro di un decennio avrebbe piombato l’Europa nel baratro di lotte sanguinose e fratricide.
Infatti tra le personalità che cercarono di opporsi a questo stato di cose ci fu il monaco agostiniano Martin Lutero che il 31 ottobre 1517, alle porte della cattedrale di Wittemberg affisse le sue famose 95 Tesi nelle quali, Lutero, intendeva confutare il metodo usato dalla Curia nella riscossione delle tasse ecclesiastiche e la validità delle Indulgenze, negandone la validità pratica. Il documento scritto in un primo tempo in latino fu poi tradotto dallo stesso autore in tedesco in modo da essere conosciuto dal maggior numero di persone. “Pur non afferrandone il significato specifico, forte fu infatti il loro turbamento [del popolo tedesco] e colsero il senso di quella protesta covata da tempo e forse riverberata inconsciamente nel loro animo; e fu tutta una reazione a catena che finì col distruggere l’unità europea e cristiana”. Il Papa in un primo tempo, con la Bolla Exsurge Domine, del 15 giugno 1520, condannò le “Tesi” di Lutero ed intimò all’autore di presentarsi a Roma, poi avendo appreso che il Monaco tedesco, in tono di sfida, aveva bruciato la Bolla sulla pubblica piazza, lo scomunicò con la Bolla Decet Romanum Pontificem il 3 gennaio 1521. La Chiesa cattolica era ormai considerata dal nascente movimento protestante come la “perfida Babilonia” dalla cui “cattività” era dovere di tutti i cristiani liberarsi. Nel 1534 anche il Re d’Inghilterra, Enrico VIII (1509-1547), autonominandosi Capo della Chiesa inglese, con l’Atto di Supremazia, si poneva effettivamente fuori dalla comunione con Roma e dal Papa.
Questi furono anni cruciali per il nostro Giovanni Angelo. Il 3 novembre 1534 veniva eletto al Soglio di Pietro Paolo III Farnese del quale Giovanni Angelo Medici era diventato “Familiare”; egli infatti fu sempre bene accetto dalla famiglia Farnese che ne rafforzò la posizione nell’ambito dell’amministrazione degli affari ecclesiastici.
Nel 1542 fu nominato Commissario della Città di Roma e Commissario Generale delle truppe pontificie, divenendo in breve uno dei più eminenti membri della Curia romana. Lo splendido testo biografico “Il Cuore e la Legge” di don Cesare Amelli mette bene in evidenza come l’ascesa di Giovanni Angelo Medici alle più alte cariche della Chiesa fosse dovuta alle “sue specifiche conoscenze professionali delle leggi ecclesiastiche e civili ed al suo carattere privo di catastrofismi”, sempre “teso alla chiarezza ragionata delle argomentazioni. Non è dunque da stupirsi se Paolo III lo teneva caro affidandogli anche compiti di governo in alcune città dello Stato della Chiesa”. Nel 1545 fu creato Arcivescovo di Ragusa (oggi Dubrovnik) in Dalmazia e l’8 aprile 1549 venne eletto Cardinale. Nel frattempo aveva cooperato alla composizione del Concilio che si inaugurò solennemente a Trento il 13 dicembre 1545. Dopo la morte di Paolo III, avvenuta nel 1549, vennero eletti, Giulio III Ciocchi del Monte, che tenne la Sede dal 1550 al 1555, Marcello II Cervini, per solo 22 giorni ed infine Paolo IV Caràfa, dal 1555 al 1559. Sotto questi pontefici la fortuna del Cardinal Medici andò sempre più aumentando tanto che con la morte del fratello Gian Giacomo nel 1555, egli ereditò il feudo di Melegnano divenendone il 2° marchese.
Il pontificato di Paolo IV fu caratterizzato da una accesa avversione nei confronti della Spagna e del dominio spagnolo, tanto da scatenare una vera e propria guerra tra la Spagna di Filippo II (1556-1598) e le truppe pontificie al comando del fratello del Papa Carlo, da un accentuarsi del potere dell’Inquisizione, dalla creazione dell’Indice dei libri proibiti, e da drastiche misure per migliorare la moralità pubblica. Paolo IV era “dotato di incredibile energia [...] eletto pontefice fu consapevole della urgente necessità di riformare la Chiesa. La sua stessa vita sacerdotale [a differenza di quella dei suoi predecessori] era segnata dall’ascesi e dalla spiritualità a tutta prova, il carattere deciso e bruciante di zelo, si presentavano come una chiara ed efficace anticipazione di quella riforma che da tanto tempo e da tanti parti veniva insistentemente reclamata”. Il Concilio di Trento intanto era in un periodo di stasi, continuamente minacciato dai veti delle varie nazioni cattoliche e dalla montante reazione dei protestanti e trasferendosi da Trento a Mantova, a Vicenza fino al suo definitivo collocarsi a Bologna. Il Cardinal Medici inaugurò l’assise di Bologna con il preciso intento di aiutare il Papa nella ripresa dei temi conciliari e per una loro rapida conclusione. Paolo IV morì il 18 agosto 1559 scatenando la furia del popolo romano che aveva mal sopportato i provvedimenti restrittivi e moralizzatrici del defunto pontefice. Il 5 settembre 1559 si inaugurò il Conclave.
Si formarono tre correnti principali: quella spagnola, formata da 17 cardinali, la francese da 16 e quella capitanata dal fratello di Paolo IV Carlo, formata da 13 cardinali. Il Conclave si protrasse per lunghi mesi senza raggiungere unanimità di consensi sul nome da eleggersi fino alla notte di Natale quando, per i voti decisivi del Cardinale Carlo Caràfa e di quelli del suo gruppo, Giovanni Angelo Medici fu eletto al Soglio di Pietro assumendo il Nome di Pio IV.
Una testimonianza coeva dell’aspetto fisico del novello pontefice si ha dallo storico veronese Onofrio Panvinio, già segretario del Cardinale Ercole Gonzaga: “Egli era di corporatura normale, aveva la fronte larga, gli occhi azzurri, lo sguardo penetrante, il naso prominente e rosso, la barba rada, le membra tendenti alla pinguedine, la salute eccellente malgrado alcuni dolori articolari ai piedi e alle mani. Nell’incedere e nel volto portava un aspetto semplice senza superbia, facile alla cordialità [...] Era apprezzato per la correttezza e la buona reputazione finché fu uomo privato e finché ricoprì le magistrature inferiori sotto diversi pontefici; divenuto papa, per tutta la durata del Concilio di Trento offrì numerose prove di essere un buon pontefice, multa optimi praeclarique pontificis documenta dedit. Finito il Concilio si ritenne libero di seguire le sue idee”. La sua figura fu subito popolare a Roma, “lo si chiamava Padre dei poveri. La gente lo vedeva di buon occhio per i suoi gusti semplici, amava infatti i cibi rustici della sua infanzia, usciva di buon mattino ed era, a sessant’anni compiuti, un camminatore infaticabile. [...] Poteva considerarsi un prudente lombardo, amico della pace, con desideri concilianti e nella volontà di creare e rimanere in aperti e sereni rapporti con i Capi di Stato”. Tra i suoi parenti egli privilegiò il nipote, figlio della sorella Margherita, Carlo Borromeo, nato nella Rocca di Angera il 2 ottobre 1538, che fece venire a Roma e che, a soli 20 anni, egli creò cardinale. Carlo Borromeo aveva frequentato l’Università di Pavia ed aveva avuto un infanzia ed una adolescenza normali aliena dalla dissipazione e dalle distrazioni mondane.
Egli fu subito inserito nella Curia romana, anche se non ancora sacerdote; venne infatti creato Protonotario apostolico e Referendario della Segnatura (incaricato di riferire al Papa le suppliche e di trasmettere i pareri del pontefice ai prelati). Il 7 febbraio fu nominato Arcivescovo di Milano ed incaricato di varie Missioni che lo portarono ad essere Presidente della Consulta, una specie di Segreteria di Stato di quei tempi, quindi ad essere il braccio destro del Papa. Carlo Borromeo rimase al fianco dello zio fino alla sua morte e solo nel 1565 raggiunse e si stabilì nella sua Diocesi.
Nella seconda parte verranno raccontati i fatti salienti del suo pontificato e l’emanazione della Bolla del Perdono.
Federico Bragalini
Vedi anche la Storia di Milano