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San Valentino a Milano: cantastorie, memoria popolare e una ballata ritrovata

  • Redazione MilanoFree.it
Cuori e luci rosse in una piazza: atmosfera di San Valentino a Milano
San Valentino: memorie, canti e tradizioni popolari.

Tra gli anni Sessanta e Settanta le piazze dei mercati, specie in provincia, si animavano della voce di cantastorie con chitarra e leggio: ballate che mischiavano cronaca locale e sentimenti universali. Quando arrivava San Valentino, quelle strofe scaldavano i cuori e si potevano persino comprare su grandi fogli illustrati, i famosi “lenzuoli”.

Chi erano i cantastorie nelle piazze lombarde

Erano narratori popolari che mettevano in rima la vita di tutti: amori, gelosie, timori e speranze. Un patrimonio di memoria che oggi è documento di costume: lessico semplice, rime dirette, immagini vivide. Da un vecchio “lenzuolo” di famiglia riemerge questa ballata dedicata agli innamorati.

“San Valentino, l’amore vicino” — testo

Fa molto freddo, ieri è nevicato
ma io sono innamorato
e sento un fuoco nel mio cuore:
sarà passione, sarà amore.

La mia morosa lavora alla manifattura
e di persona è una bella figura:
c’incontriamo due volte la settimana,
così posso lisciar la sua pelle di porcellana.

Appena la vedo vado in confusione,
quasi mi servisse una trasfusione;
poi la bacio e mi sento rinato,
anche se fatico a prender fiato.

Spesso passeggiamo per la brughiera,
di pomeriggio o quando si fa sera
e stretti stretti ci perdiamo nel sentiero,
quello che porta al sentimento vero.

Quando pensiamo al nostro futuro,
ci vien spontaneo fare uno scongiuro:
non è un tributo alla magia,
ma un riflesso d’idiosincrasia
verso l’ignoto che va oltre il domani
e non possiam vedere stamani.

Don Anselmo ci invita al matrimonio,
dice che il lungo fidanzamento è un tributo al demonio,
e noi stiam pensando al grande passo,
doveroso ma di sconquasso.

Oggi si festeggia san Valentino
e a lui questo mattino
ho innalzato una breve preghiera,
semplice, semplice, e sincera:
"Io sono un povero allevatore,
non so ben cantar l'amore,
a volte la mia lingua s'inceppa
come una slitta zoppa nella steppa,
ma a Giuditta voglio un gran bene,
come a una donna retta si conviene.

Fa che presto diventi la mia dolce metà,
così da esser la mia felicità".
E par che il santo m'abbia risposto, suggerendomi, tosto:
"Regala a Giuditta la tua vita:
sarà per lei una gioia infinita".

Perché rileggerlo oggi

Questa piccola ballata parla un linguaggio senza età: timidezza, desiderio, progetto di futuro. Ripubblicarla significa custodire una tradizione orale milanese e lombarda che racconta un San Valentino fatto non solo di rose, ma di quotidiano coraggio e promesse semplici.

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