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Lombardia, un tesoro da scoprire: la Certosa di Pavia

certosa paviaUna meraviglia non completamente valorizzata, un complesso di una bellezza e di una maestosità che ne fa un’opera davvero importante, arte, religiosità, meditazione.

Non lontana da Pavia, in un angolo tra il verde, accoglie i visitatori ala fine di un lungo viale, un ampio parcheggio, a pagamento, un infopoint e un piccolo bar. Tutto questo sicuramente molto gradito ai numerosi turisti che arrivano anche in pullman.

Il viale che porta alla Certosa è fiancheggiato da alti alberi, la passeggiata, breve, è gradevole e qualche panchina permette anche un’eventuale sosta.

Ma negli ultimi tempi la Certosa avrebbe bisogno di altro, come un orario di visita non interrotto dalla lunghissima pausa dalle 11:30 alle 14:30, oltre a una valorizzazione più ampia, completa, come dimostra la ricca Gipsoteca e la Pinacoteca del Museo della Certosa di Pavia, custodita nel grande palazzo a fianco dell’edificio.

La Certosa di Pavia, voluta da Gian Galeazzo Visconti, cominciò la sua storia il 27 agosto 1396, con la posa della prima pietra del cantiere.

Con la legge 3036 del 7 luglio 1866 il monastero fu dichiarato monumento nazionale italiano e i beni ecclesiastici divennero proprietà del Regno d’Italia, anche se fino al 1880 alcuni monaci certosini continuarono ad abitare il monastero.

Dal 10 ottobre 1968 a oggi nella Certosa vivono i monaci cistercensi della congregazione Casamariensis dell’Abbazia di Casamari che, oltre alla vita monastica, si occupano delle visite guidate alla chiesa, ai chiostri del convento e alla vendita di articoli sacri e di vari prodotti tipici nei locali del palazzo posto sul lato destro del cortile antistante alla chiesa.

La facciata della Certosa di Pavia è ricca di decorazioni, tipico procedimento dell’architettura lombarda, mentre il portale è frutto di una collaborazione tra l’Amadeo e il suo allievo Benedetto Briosco (1501) ed è caratterizzato da colonne binate e bassorilievi con Storie della Certosa.

Nella sacrestia vecchia è visibile un trittico in avorio e osso, opera del fiorentino Baldassarre di Simone di Aliotto, appartenente alla famiglia degli Embriachi (Baldassarre degli Embriachi), donato alla Certosa da Gian Galeazzo Visconti, decorato con piccoli tabernacoli con dentro statuine di santi; nello scomparto centrale accoglie 26 formelle illustranti la leggenda dei Re Magi secondo i vangeli apocrifi; nello scomparto di destra e in quello di sinistra 36 bassorilievi (18 per parte) sono raccontati gli episodi della vita di Cristo e della Vergine.

Nella parte destra del transetto c’è la tomba del fondatore della Certosa, Gian Galeazzo Visconti; la figura di Galeazzo, sorvegliato da angeli, si trova sotto una canapa di marmo, e la Madonna in una nicchia al di sopra, iniziata nel 1494-1497 da Giovanni Cristoforo Romano e Benedetto Briosco, ma finita solo nel 1562 e in quella sinistra il monumento funebre di Ludovico il Moro e di sua moglie Beatrice d’Este; opera di Cristoforo Solari, di cui lo stesso Ludovico il Moro commissionò l’esecuzione dopo la morte della moglie nel 1497.

All'interno del chiostro piccolo si trova il lavabo in pietra e terracotta, con la rappresentazione della scena della Samaritana al pozzo (terzo quarto del XV secolo).

Sul chiostro grande si affacciano 24 celle o casette, abitazioni dei monaci, ognuna costituita da tre stanze e un giardino mentre, di fianco all'ingresso delle celle, siglate da lettere dell’alfabeto, è collocata una piccola apertura entro cui il monaco riceveva il suo pasto giornaliero nei giorni feriali, in cui era prescritta la solitudine.

Per i pasti comunitari, ammessi solo nei giorni festivi, ci si riuniva nel refettorio, con le colonne delle arcate, decorate da elaborate ghiere in cotto, con tondi e statue di santi, profeti e angeli, alternativamente in marmo bianco e marmo rosa di Verona.

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