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Passeggiando con Renzo e Lucia sulle rive del lago di Como

luoghi manzoniani 1Dal convento di fra’ Cristoforo alla casa di Lucia, dal palazzotto di Don Rodrigo fino ad arrivare a casa Manzoni: i quartieri e le strade di Lecco e della sua provincia, sospesi fra concretezza urbanistica e volo letterario, ci ricordano alcune delle pagine più belle dei Promessi Sposi.

E’ estremamente suggestivo ed emozionante cercare di ritrovare nelle costruzioni reali, gli elementi generali o anche i particolari che il Manzoni fa propri nel suo indimenticabile romanzo.
 
Diverse generazioni hanno letto e studiato a scuola quest’opera storica, affresco di un seicento attraversato da guerre e epidemie, palcoscenico variegato che fa da sfondo a una vicenda alla quale tutti siamo affezionati.
 
Tra accertamento filologico e le suggestive ipotesi, per i critici manzoniani c'è solo una certezza: il quartiere di Pescarenico è l’unico borgo lecchese che viene espressamente citato da Manzoni nel romanzo, in cui è descritto come “un gruppetto di case, abitate la più parte da pescatori, e addobbate qua e là di tramagli e di reti tese ad asciugare.” luoghi_manzoniani_2.jpg
 
Appena fuori dal piccolo insediamento rivierasco, dove in un fitto intreccio di angusti viottoli si posso ammirare alcune vecchie dimore con ballatoio in legno, ci sono i resti del convento di fra Cristoforo, la guida spirituale di Lucia che collaborerà al piano di fuga dei due innamorati, avvenuta presso la foce del fiume Bione, poco distante dal paese. 
Sulla direttrice del corso, troviamo la piazza dedicata a Padre Cristoforo, dominata dalla chiesa dei santi Materno e Lucia, antico tempio dei Cappuccini.
La chiesa nel 1600 era consacrata a San Francesco, mentre il convento dei cappuccini di Pescarenico era stato edificato nel 1578, col suo semplice portico di bassi pilastri.
Fino agli inizi del Novecento il paese natio di Renzo e Lucia era identificato in Acquate, ma il geologo e geografo Antonio Stoppani si mise a studiare accuratamente la pianta del paese immaginario per verificarne le corrispondenze con la realtà. 
Dopo lunghe e accurate ricerche, il geologo comasco giunse alla conclusione che fosse il paesino di Olate, a pochi passi da Lecco, la patria dei Promessi Sposi.
Ad Olate quella che oggi è conosciuta come la casa di Lucia si trova vicino al piccolo nucleo antico del paese. 
Nel Settecento la casa era la masseria degli Airoldi Marchesini di Acquate, che erano lontani parenti del Manzoni e vi potevano abitare otto o nove  famiglie.
Fra gli edifici osservati da Lucia nel suo “addio ai monti” vi troviamo anche il palazzotto di Don Rodrigo, che è descritto nel romanzo con queste parole “pareva un feroce che ritto nelle tenebre, in mezzo a una compagnia d’addormentati, vegliasse, meditando un delitto.” 
La costruzione, che sovrasta il borgo di Olate dal promontorio dello Zucco, è stata riedificata seguendo il modello razionalista, ma fino al 1938 era il palazzo cinquecentesco descritto nei Promessi Sposi. 
Attraverso una strada campestre che conduce a Germanedo si arriva al tabernacolo dell’appostamento, oggi noto come la cappella di via Croce, dove i bravi intimarono al pavido don Abbondio che il matrimonio fra Renzo e Lucia “non s’ha da fare”.
Presso il quartiere Caleotto di Lecco si trova la Villa Manzoni nella quale lo scrittore trascorse la sua infanzia e la  giovinezza, da cui in seguito trasse numerosi e preziosi spunti d’ispirazione per il suo romanzo. 
Oggi la villa ospita il Museo Manzoniano, con dieci sale tematiche che propongono alcune rare edizioni dei Promessi Sposi, manoscritti e numerosi cimeli come la culla in vimini dello scrittore. Inoltre alcune stanze sono arredate con gli antichi mobili risalenti al 1818, quando Manzoni, a malincuore, dovette vendere la casa che da oltre due secoli era della famiglia.
Fin da subito i critici del Promessi Sposi identificarono la Rocca di Chiuso o di Vercurago come il modello per il castello dell'Innominato.
 
Il castello, che si trova nella valle bergamasca di San Martino, è solcato da una valletta attraversata dal torrente Galavesa . 
Forse non tutto è reale, non tutto appartiene al Manzoni, ma certamente è di un certo effetto poter riconoscere molte delle ambientazioni descritte dallo scrittore, si potrebbe  quasi provare la stupefacente sensazione di poter  incontrare Agnese o Don Abbondio o Perpetua, o magari l’Innominato.
 
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