Tanti auguri donne. Ma la strada è ancora lunga
Guardo mia figlia Gaia, che a breve compirà due anni. Proprio in questi giorni in cui si festeggia la ricorrenza dell’8 marzo non posso non domandarmi come sarà lei da adulta, riflettere su quali sono i valori da trasmettere per renderla una ragazza e poi una donna autonoma, indipendente nel pensiero e decisa nelle sue scelte.
Una donna che festeggia il suo “essere donna” tutti giorni, non solo l’8 marzo con il giallo delle mimose. Di quelle che preferiscono ricevere complimenti per la propria intelligenza piuttosto che per la loro bellezza e che sognano di diventare ingegnere (termine per il quale non esiste un corrispettivo femminile) piuttosto che fare la velina. Una donna soprattutto libera.
Ma guardando questo donnino in miniatura, soprattutto mi chiedo sarà la società che la vedrà crescere, studiare, avere dei figli, confrontarsi col mondo del lavoro. Sarà una società ancora silenziosamente maschilista come quella di oggi, che apparentemente decanta l’uguaglianza fra uomo e donna ma che pratica l’egualitarismo solo a parole e non nei fatti?
Una società in cui le donne faticano ancora a crearsi una posizione nel mondo del lavoro per la loro “condanna” ad essere potenziali madri (ricordiamo che l’astensione dal lavoro per maternità è un DIRITTO e non una concessione).
Nel 2012 solo in Italia ci sono stati oltre 100 femminicidi, una donna ogni due giorni (dati Istat e Telefono Rosa). Senza contare quelle scomparse nel nulla. Sono donne ma sono soprattutto madri, figlie, nipoti, fidanzate.
Non mi spingo ad analizzare gli sconfortanti i dati mondiali. Sono loro le donne che dovrebbero essere ricordate in questo giorno come in tutti i giorni dell’anno, donne che nel 60 % dei casi sono state uccise da uomini con i quali avevano una relazione. Uccise da uomini, come nella più cupa delle ere preistoriche. Quello che posso augurarmi per mia figlia, per tutte le figlie del mondo, è che possano vivere in una società in cui non debbano aver paura di girare in minigonna alla sera, in cui possano denunciare le violenze domestiche ed essere aiutate davvero. Una società svincolata finalmente da quelli che sono i consueti ruoli di donna-regina-del-focolare, ma popolata di donne realizzate nella loro vita lavorativa e familiare, che possano decidere di cucinare per il loro uomo perché ne hanno voglia e non perché DEVONO farlo. Una società che celebri la nascita di un bambino come la nascita di una madre.
Continuo a sperare in un futuro migliore per noi donne, quindi tanti auguri a me e a tutte noi, anche se strada per poter davvero festeggiare è ancora lunga.
Paola Cavioni