Milano e la raccolta differenziata
Ormai la raccolta differenziata ha preso piede in tutta la città: anche l’umido ha ottenuto il suo posto d’onore tra i rifiuti, con un cestino tutto suo. Onore ai rifiuti.
E a chi li produce, visto che sta diventando altamente qualificato nella conoscenza dei materiali di cui sono fatti gli involucri che racchiudono la merce (commestibile e non commestibile).
Certo che a fine giornata, solo a guardare il volume di spazzatura prodotto ci si sente male. Tralasciando l’esigenza di dover confezionare la merce per poterla trasportare e distribuire, è agghiacciante se ci si sofferma a riflettere sulle montagne di rifiuti riciclabili o meno che si riescono ad accumulare, pur mettendoci tutta la buona volontà ad usare per la spesa borse di stoffa invece che di plastica, oppure pannolini lavabili invece che usa e getta, o vuoti a rendere invece che a perdere.
Una cosa positiva però c’è: l’ingegno si aguzza, eccome! Non smetterò mai di stupirmi delle soluzioni che vedo in giro, forse perché io stessa sono un’accanita riciclatrice di qualsiasi cosa. Prima di buttare via accantono, metto in moto la creatività e affronto la sfida: in cosa si può trasformare? A cosa può essermi utile?
Ormai è diventato un giochino divertente che mi appassiona molto. Non so se l’ho trasmesso io ai miei figli o loro a me, visto che i bambini sono i primi a vedere oltre le cose, utilizzandole in modi diversi da quelli per cui sono state progettate e pensate.
Ecco, Milano tanto per cambiare è al passo.
Pullula di posticini che trasformano le cose più svariate riproponendole in altrettante svariate alternative. Già solo gli arredi di molti locali, se ci fate caso, non sono altro che bancali e cassette della frutta riassestate e riverniciate, o vecchi banchi di scuola restaurati. Oppure i bijoux, fatti addirittura con le cialde usate delle macchinette domestiche del caffè espresso (che costa di più di quello della moka, ma il fatto di sapere che poi non finisce in pattumiera ci fa apprezzare ancora di più il rito).
E che dire delle polpetterie che stanno aprendo come funghi in tutta la città? Non ultima quella inaugurata da Diego Abatantuono. Un bel modo per non buttare via nulla, neanche in cucina. Qui c’è un’intera bibliografia che si diletta ad inventare ricette molto sfiziose per utilizzare avanzi e ritagli di cibo che altrimenti andrebbe gettato (e che non vale la pena regalare alle varie mense per i poveri perché di quantità irrisoria). Ma in questo le donne di una certa età e cultura sono maestre.
Mi piace anche che stiano tornando di gran moda i corsi di taglio e cucito, quelli per imparare a sferruzzare e le sartorie: finalmente stiamo imparando a soppesare ciò che ormai è irrecuperabile e quello che invece si può rattoppare, riadattare, sistemare. Ci si scopre modelliste, creative, tuttofare. E il vintage ritorna in auge. Le bancarelle dell’usato affollano i mercati rionali, ma anche alcuni negozi. Addirittura si moltiplicano quelli dediti al baratto, soprattutto i vestiti dei bimbi, che spesso rimangono intonsi nell’armadio o vengono indossati al massimo quattro volte. Qui non servono i soldi per acquistare. Ogni capo ha un valore espresso in punteggio, attribuitogli in base allo stato, al tessuto, all’originalità, alla marca. E gli stessi colossi di abbigliamento tradizionali (leggi H&M oppure OVS o Intimissimi) stanno adottando la formula del “porta i tuoi capi usati e riceverai uno sconto sul tuo prossimo acquisto”.
L’usato nell’arredamento mai come ora è richiestissimo: provate ad addentrarvi tra la folla che puntualmente ogni ultima domenica del mese si accalca lungo il naviglio per adocchiare il pezzo da portarsi a casa. Che sia una cornice, o una sedia, o un tavolo, o un vecchio telefono con la rotella per comporre i numeri. Poco importa. E’ la soddisfazione di sfoggiare qualcosa di retrò tra le pareti domestiche ad invogliare la gente a curiosare tra le cianfrusaglie. E magari ignorando la cantina della casa dei nonni straripante di chicche simili.
Anche tra gli hobby sta ritornando in auge il bricolage, e allora facciamo un ulteriore passo avanti: diamoci allo svuotamento di garage e cantine e troveremo dei tesori, che necessitano solo di essere spolverati, incollati, riverniciati. E soprattutto, coinvolgiamo i bambini per instradarli su questa strada che sarà la sola percorribile per non farci sommergere dalla spazzatura.
E concludo con una citazione tratta da un ottimo libro (Cellophane di Cinzia Leone) che tratta l’argomento spazzatura da una angolatura bizzarra: “La vita è così mescolata, confusa e disordinata, e ciò che noi abbandoniamo o scartiamo o gettiamo via è esattamente il disordine della vita che accumuliamo sperando di disfarcene.” …. “La spazzatura ci racconta e ci tradisce, finisce per esserci molta più verità in quello che abbandoniamo che in quello che decidiamo di trattenere.”
Merita una riflessione, vero?