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Pillola anticoncezionale e correlazione con il cancro: dubbi e certezze

  • Mirella Elisa Scotellaro

Quella comunemente chiamata “pillola anticoncezionale” è un prodotto farmaceutico contenente ormoni steroidei che, nella loro formulazione più diffusa, sono sapientemente bilanciati in un mix di estrogeni e progestinici. La domanda è: la loro assunzione può generare neoplasie?pillola anticoncezionale

Può affermarsi con certezza che la pillola anticoncezionale, cosiddetto “contraccettivo ormonale combinato” il cui acronimo è CHC,  è un farmaco che - al di là della indiscussa efficacia nel controllo delle nascite - per anni ha alimentato il dibattito sulla sua presunta idoneità a favorire l’insorgenza del tumore al seno. Tuttavia uno studio recente, e molto autorevole, condotto presso il Policlinico di Modena, perverrebbe alla conclusione che si tratti un timore infondato.

La ricerca è stata effettuata sui documenti clinici di 2.527 donne che si sono volontariamente sottoposte a screening nell’ambito di una campagna di prevenzione del cancro alla mammella. I soggetti coinvolti sono stati accuratamente selezionati: il 72% presentava una situazione “ad alto rischio” di contrarre la malattia, il 4,5% era portatore della mutazione BRCA che predispone espressamente al cancro, il 23,3% era classificabile come “a rischio intermedio”. Da notare, inoltre, che  il 51% del totale di queste donne aveva già contratto in passato la patologia in questione.

Lo studio avrebbe evidenziato non solo che l’utilizzo della pillola anticoncezionale non è riconducibile alla comparsa del tumore del seno, a prescindere dal dosaggio e dalla durata della terapia contraccettiva, ma addirittura che in taluni casi il suo impiego avrebbe svolto una qualche funzione “protettiva” nei confronti del rischio-tumore.

Un diversa ricerca, portata avanti nell’Università di Oxford e pubblicata dalla rivista Lancet Oncology, rivelerebbe che l’assunzione degli anticoncezionali ormonali può proteggere le consumatrici di contraccettivi ormonali combinati dal tumore dell’endometrio; contrariamente, uno studio danese su pazienti di età compresa fra i 15 ed i 49 anni e pubblicato sul British Journal of Clinical Pharmacology, prospetterebbe una incidenza doppia dei tumori cerebrali.

Secondo altri ricercatori, poi, l’assunzione dei predetti contraccettivi favorirebbe il morbo di Crohn, una gravissima patologia intestinale.

In buona sostanza, se i contraccettivi in questione da un lato proteggerebbero da alcune tipologie di crancro – come quello del seno, delle ovaie e dell’endometrio - dall’altro esporrebbero la donna ad altre patologie, come la malattia di Crohn ed i  tumori del cervello.

Può dunque concludersi che i risultati di ciascuna ricerca non possono considerarsi esaustivi di ogni possibile interrogativo sull’uso dei CHC, in quanto la comunità scientifica su un solo assunto sembra concorde, cioè che gli effetti degli ormoni steroidei (non soltanto estradiolo e progesterone, ma pure estrogeni e progestinici di sintesi) comportano una risposta biologica non solo nei tessuti dell’utero - al quale è diretto il trattamento - bensì in quasi tutti gli altri tessuti del corpo, e quindi anche negli altri organi, come del resto chiaramente rilevato nel corso del 15° World Congress of Gynecological Endocrinology .

Non v’è dubbio, pertanto, che la risposta biologica collaterale che coinvolge l’organismo nella sua totalità, ad oggi non sia stata ancora sufficientemente indagata, cosicché l’assunzione di anticoncezionali deve continuare a richiedere prudenza e, soprattutto, adeguato controllo medico.

Mirella Elisa Scotellaro

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