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Difendersi in strada col Keysi Fighting Method

  • Stefano Todisco

Intervista al maestro di Keysi Fighting Method (KFM) Roberto Cereda, attivo in provincia di Milano.

D: Ciao Roberto, ci puoi spiegare in breve cos’è il Keysi Fighting Method, da cosa nasce, come si sviluppa e come si può utilizzare?

R: Quattro domande … in breve? Ci provo. il Keysi Fighting Method nasce negli anni ’80 quando Justo ed Andy, i due fondatori, decidono di elaborare un metodo di difesa basato sulle esperienze maturate per la strada. Il metodo si sviluppa partendo da una posizione di difesa attiva chiamata “Pensador”. E’ un tipo di difesa molto istintiva e può essere utilizzato da chiunque, senza distinzione alcuna.

 D: Qual è la differenza tra il KFM e le arti marziali (come ad esempio il karate, il kung fu, la thai boxe ecc…)?

R:Non mi piace fare paragoni, chiunque può provarlo di persona e fare confronti con le realtà che conosce meglio. Posso solo ribadire che si tratta di un metodo di difesa personale estremamente efficace in quanto basato su esperienze dirette oltre che su un lungo lavoro di introspezione.

 D: A cosa si deve il crescente interesse al KFM e perché è ancora relativamente poco conosciuto, almeno in Italia?

R: Diciamo che il Keysi … non passa inosservato. I praticanti si allenano su tutte le distanze di combattimento e in tutte le situazioni possibili quindi in piedi, in ginocchio, seduti e anche da sdraiati. Non è molto diffuso  in quanto, oltre ad essere arrivato nel nostro paese solamente da una decina d’anni, non ha mai cercato di acquisire Istruttori a scopo commerciale. Il percorso è abbastanza impegnativo e ha tenuto lontano i “cacciatori di diplomi”. Questo ne ha rallentato la diffusione a tutto vantaggio della qualità.

 D: Ci sono determinate condizioni, situazioni o ambientazioni in cui “conviene” praticare il KFM?

R: Ti chiedo: vi sono situazioni in cui è opportuno attraversare la strada senza guardare se arrivano veicoli? Direi di no. Lo stesso vale per la difesa personale. Dovrebbe far parte del nostro bagaglio di conoscenze, indipendentemente dal luogo in cui viviamo o dal nostro stile di vita.

 D: Quindi il KFM è a tutti gli effetti un metodo di difesa personale applicabile in situazioni da strada?

R: Per strada e solo in strada. Non ha niente di sportivo, non ha finalità agonistiche o competitive, non vi è nulla di coreografico. Nasce ed è stato testato per la strada e deve essere utilizzato per difendere la propria incolumità in un contesto di difesa personale.

 D: Come avviene la preparazione usuale durante gli allenamenti?

R: Da soli, a coppie ma soprattutto in gruppi di tre o quattro per fare esperienza delle difficoltà quando ci si trova a dover gestire più aggressori. Con o senza colpitori (focus) utilizzati per poter colpire a piena potenza.

 D: In strada quanto conta l’aspetto psicologico in una situazione di pericolo? Come si può lavorare su questo aspetto?

R: Per strada la differenza la fanno le persone, non le discipline che praticano. Quello che dobbiamo fare, come Istruttori, non è insegnare “soluzioni” (che semplicemente non esistono) bensì dare agli allievi l’opportunità di esplorare le proprie reazioni emotive in varie situazioni. Lo scopo di questo processo è quello di sviluppare la capacità di reagire. Ritengo che il Keysi non insegni “tecniche” di difesa ma sia un metodo che consente di esplorare i propri stati d’animo attraverso l’uso di pugni, calci, gomitate, prese e quant'altro possa servire per sopravvivere in una situazione di difesa personale.

 D: C’è chi ritiene che il KFM sia molto efficace soltanto negli scontri con distanze ravvicinate, è vero? Perché?

R: Quali sarebbero le distanze non ravvicinate? Per strada non si possono gestire le distanze come se fossimo su un ring.   

 D: Chi fosse interessato a saperne di più, dove può trovare i giusti recapiti?

R: Può iniziare visitando il mio sito kfm.tatamido.ite scrivermi all'indirizzo dogrob@kfm.tatamido.it

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