Intervista al professore aggredito a Casavatore Enrico Morabito: non smetterò mai di battermi per i diritti di tutti
Picchiato con violenza, tanto da riportare 17 giorni di prognosi, il motivo: un rimprovero al proprio figlio. Il 17 febbraio Enrico Morabito, giovane docente di italiano presso istituto De Curtis di Casavatore, in provincia di Napoli, scuola in cui stava svolgendo una supplenza, è stato aggredito da quattro persone, nel cortile della propria abitazione, riportando ferite alla testa e a gran parte del corpo.
Una brutale violenza che ha lasciato i segni non solo sul corpo ma anche nell'anima del professor Morabito, costretto a ricorrere alle cure mediche presso l'ospedale San Giovanni di Frattamaggiore.
Dopo aver descritto l'accaduto alle forze dell'ordine, il giovane docente ha voluto continuare a denunciare attraverso varie trasmissioni televisive e quotidiani nazionali il disagio e il dolore che un insegnante prova nel momento in cui la scuola costituisce il covo di sentimenti e comportamenti violenti.
Un atto di solidarietà, quello compiuto dal docente partenopeo, nei confronti dei tanti colleghi che ogni giorno, sono vittime di fenomeni di violenza da parte sia degli studenti e come in questo caso, anche dei genitori.
La scuola sta cambiando e il lavoro dell'insegnante è in divenire più difficile e meno tutelato, lo testimonia non solo la storia del professore, ma anche la poca attenzione che il tessuto scolastico italiano ha subito nel corso degli ultimi anni.
Dottor Morabito una violenza inaudita verso di lei per un semplice rimprovero. Come è accaduto tutto questo?
Guardi sono ancora sconvolto! Erano le 16, avevano citofonato e mia madre rispondendo aveva pensato che fossero degli amici.
Io sono sceso dopo dieci minuti, ad aspettarmi sotto casa c'erano quattro persone che dopo avermi chiesto se fossi il professore dell’istituto De Curtis, mi hanno riempito di botte, minacciandomi alla fine di non dire nulla ai carabinieri.
Cosa che io ho fatto subito, perché non voglio abbassare la testa davanti ad un evento così grave.
Cosa ha provato in quel momento e cosa prova adesso?
In quel momento ho provato un senso di grande paura perché ero solo e non riuscivo a capire per quale motivo di tanta violenza nei miei confronti.
Ero davvero solo anche perché ci tengo a precisare che anche il portiere del palazzo sempre presente, in quel momento era assente.
In questo momento sento dentro di me una rabbia immensa, sia per me che per ma per tanti docenti che si sono trovati nella mia soluzione.
Qual è il motivo secondo lei di questa così grave aggressione?
Sicuramente per aver rimproverato il proprio figlio, facendo dei rapporti.
La classe, dove ho lavorato come supplente, era poco scolarizzata, non rispettava le regole e io da buon docente ho cercato di insegnare ai ragazzi questo.
E' veramente qualcosa di brutale un genitore che aggredisce il docente del proprio figlio. Si sente preoccupato nei confronti di questi giovani?
Sono davvero preoccupato, perché tutto questo significa essere senza una famiglia solida alle spalle incapace di educare i propri fogli.
Con dei genitori del genere e facile che i ragazzi rischiano di intraprendere strade delinquenziali, bruciando totalmente il proprio futuro.
La scuola rappresenta una risorsa importante nella formazione degli studenti.
Cosa potrebbe fare in questo caso per prevenire atti di questo genere?
La scuola può fare e deve fare tanto per sensibilizzare gi studenti alla non violenza, attraverso una collaborazione attiva con la famiglia.
Scuola e famiglia sono risorse fondamentali per la crescita dei ragazzi.
Cosa potrebbero invece fare le istituzioni?
I docenti hanno bisogno di un vero supporto da parte delle istituzioni.
Quante volte soprattutto chi è precario si ritrova in una classe senza conoscere gli alunni.
La scuola è un lavoro di squadra, per quello bisognerebbe rafforzare il corpo docente investendo nell'istruzione tutelando i docenti.
Dopo quello che è successo mi aspetto delle risposte concrete, perché non smetterò mai pubblicamente a battermi per i diritti di tutti.