Mauro Zorer racconta la sua vita da fotografo. Dalla sua formazione a Milano ai recenti premi
"Io sono nato piccolo e rimango piccolo, con idee piccole; non c'è bisogno di essere grandi" (Mario Giacomelli)
Il personaggio che vi voglio presentare è il fotografo contempoaraneo Mauro Zorer, la sua fotografia ha fatto già molto parlare di sé, in Italia e all’estero.
Il merito è probabilmente dovuto alla forte carica di umanità e di emotività delle sue fotografie e ad una collaborazione con un giornale di spicco nel panorama mondiale @Vogue.
La bellezza delle sue immagini si lega al suo amore per la natura, al suo interesse per temi sociali forti e attuali e alla sua determinazione nel volerli affrontare con il mezzo fotografico.
Nelle righe che seguono scopriamo qualcosa in più su Mauro Zorer, lasciandoci trasportare dalle emozioni racchiuse nelle sue fotografie che toccano l’anima.
Benvenuto Mauro Zorer, su @Milanofree, raccontaci di come è nato il tuo interesse per la fotografia?
Più che interesse il mio approccio alla fotografia lo definirei una necessità che si è manifestata in un periodo buio della mia vita. Uso il termine buio non a caso visto che l’immagine fotografica fin dalla sua nascita prende vita nella camera oscura fissandosi poi su di un supporto sensibile alla luce, pellicola o sensore digitale. Questo mi ha portato ad usare la macchina fotografica come strumento, come intermediario per conoscermi e far conoscere il mio punto di vista rispetto a ciò che stavo vivendo e come mezzo per esprimere la mia umanità. Di fondamentale importanza è stata la mia formazione iniziata a Bassano del Grappa con il fotografo Paolo Gasperini per poi proseguire a Milano con Sandro Iovine e a Modena dove ho potuto conoscere, confrontarmi tra gli altri, con Mario Cresci , Guido Guidi, Efrem Raimondi ed altri fotografi\artisti anche internazionali.
C’è qualche foto di cui vai particolarmente fiero o a cui sei molto legato ?
Ogni fotografia è un autoritratto per me; non c’è un’immagine che ho scattato che non mi rappresenti, che non parli di me. Sono molto legato emotivamente ad ogni mia immagine ma la
collaborazione con la comunità di San Patrignano a San Vito di Pergine (TN) ha costituito un punto di svolta. Lì ho svolto il mio progetto con cui mi sono diplomato in Reportage sotto la guida di
Sandro Iovine; ho un ricordo ancora vivido del mio primo scatto lì e sono particolarmente fiero di essere riuscito a risultare invisibile agli occhi delle ragazze e dei ragazzi ospiti, segno del rapporto umano e della fiducia che ero riuscito ad instaurare con loro.
Nell’edizione del concorso “Linee di paesaggio”, organizzato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari e Oristano con il sostegno della Fondazione di Sardegna e la collaborazione della Fondazione Sardegna Film Commission hai vinto il terzo premio con una fotografia intitolata “Cicatrici” puoi parlarci di come la natura ti ispira ?
Sono nato in Trentino e la natura è stata parte integrante della mia vita. Amo gli alberi in maniera particolare, ricerco il silenzio sulle cime delle montagne e nei boschi come nel paesaggio collinare della Val d’Orcia in Toscana. Fin da piccolo rimango affascinato, ad occhi aperti, nell’osservare la neve cadere; la sua inesorabile caparbietà nel ricoprire e proteggere con lentezza e delicatezza. La natura è maestra di vita per me e mi ci rispecchio, la ricerco continuamente. In lei ritrovo il passare del tempo, il ritmo delle stagioni, le ferite e le cicatrici. E' una fedele compagna.
Nel suo lavoro fotografico “Presa di coscienza sulla natura” Mario Giacomelli scriveva così: - Paesaggio come atto di espressione totale dove sento lievitare la natura, il flusso traumatico del tempo. È la dimensione dello spazio ridotto a un’emozione unica. Un’estensione della mia esistenza dove il quotidiano, il ripetitivo, viene come filtrato dal fluente dell’immaginario. Io non ritraggo il paesaggio ma i segni, le memorie dell’esistenza di un “mio” paesaggio.
Le tue fotografie vengono scelte per la rivista @Vogue quando è iniziata questa collaborazione e secondo te perché piacciono le tue foto? Quale messaggio trasmettono ?
La mia prima immagine selezionata in Photo Vogue è stata nel 2012. Oggi ne conto più di duecento. Per me è sempre una gradita sorpresa in quanto i canoni classici sono altri, più legati alla ritrattistica, moda o immagini di nudo. Più che piacere direi che le immagini devono funzionare nel senso che all’osservatore arriva che la fotografia non è solo una riproduzione della realtà ma è frutto di una interpretazione del fotografo, che la trasforma a sua immagine, rendendola altra. Il messaggio è proprio questo; nei miei scatti ci sono io.
Quando hai scelto di diventare un fotografo professionista ? Quale è stato il tuo primo ingaggio ?
Ho iniziato insegnando. Ho tenuto il mio primo corso di fotografia presso Barycentro a Trento un Centro Sociale e Culturale. Ho proseguito poi questa attività che svolgo tutt’ora presso varie associazioni a Trento e Rovereto e poi per un periodo presso il mio studio. Ho collaborato poi con alcune Aziende di promozione turistica, amministrazioni locali con progetti di Piano Giovani ed aziende private oltre ad un progetto di Fototerapia con un uno psicoterapeuta dell’Azienda sanitaria di Trento.
Quando ti accorgi di un paesaggio o di una situazione che vuoi fotografare quanto conta l’improvvisazione e quanto lo studio d’immagine ?
La fotografia non si improvvisa e cerco di tenere sempre allenato l’occhio alla luce, spina dorsale di ogni fotografia, in uno stato che io definisco di allerta per poter capire che quello è l’istante decisivo. Il cogliere una situazione favorevole dipende comunque per me dalla curiosità, dalla sensibilità, dal desiderio di stupirsi, con lo sguardo affamato di un bambino unita allo studio delle fotografie dei grandi maestri, fonti preziose ed inesauribili. Questo permette uno studio istantaneo dell’immagine , una previsualizzazione come definita da Ansel Adams.
Quali sono i temi culturali e sociali che vorresti mettere in luce o quale i luoghi che vorresti fotografare e non l’hai ancora fatto ?
Il mio primo progetto fotografico “Sanpa” ha riguardato le lavorazioni effettuate dalle ragazze e dai ragazzi ospiti della struttura di San Patrignano nelle vicinanze di Trento; in modo particolare la mia attenzione è ricaduta sulle loro mani, mani che avevano acquisito un’eleganza straordinaria. Ciò che prima distruggevano ora creavano e modellavano. A seguire “ Vedere Voci” riguardante la storia familiare di un ragazzo affetto dalla sindrome dell’autismo e di suo padre. “Lo Sguardo Dentro | Dentro lo Sguardo” nasce da una mia esperienza personale di collaborazione con un terapeuta di gruppo ad orientamento cognitivo, gruppo all’interno del quale è stato dedicato un tempo per la fotografia intesa come Foto Terapia.
La mia formazione ha coinvolto anche l’Associazione Trentina Sordoparlanti e la Sezione Territoriale di Trento dell’Unione italiana dei Ciechi con corsi di fotografia. La mia attenzione quindi è rivolta a mettere in luce temi sociali meno visibili e conosciuti sul territorio in cui vivo o a livello nazionale; c’è ancora molto da fotografare senza andare all’estero.
Ci consigli un libro sulla fotografia che ti ha colpito particolarmente?
Come libro fotografico consiglio “The American”s di Robert Frank per la sua straordinaria capacità di comunicare attraverso le immagini . Non può mancare a livello di saggistica “La camera Chiara” di Roland Barthes e a livello di romanzo “Il pittore di battaglie” di Arturo Pérez-Reverte.
“La mia vita intera” di Mario Giacomelli mi ha aiutato a scoprire un uomo speciale, prima ancora di essere un fotografo, di riferimento per me come anche lo sono Antoine d’Agata e Francesca Woodman.
Cosa pensi della fotografia fatta con gli smartphone ? Molti la criticano altri gli dedicano addirittura concorsi . Qual è il tuo pensiero in merito ?
Penso che dietro alla fotografia per fortuna ci debba essere sempre l’uomo, ‘l’operator’, come scrisse Roland Barthes, con le sue paure, le sue debolezze, i suoi sogni. Lo smartphone è sempre e solo un mezzo come lo è la macchina fotografica. Ogni mezzo ha le sue peculiarità e potenzialità ma Senza l’idea, con la sola tecnica o tecnologia, la fotografia è una cornice vuota.
Le nuove tecnologie, il digitale, lo smartphone hanno permesso un’espansione radicale della fotografia e una produzione esponenziale di immagini fotografiche e questo è molto positivo.
Resto convinto del fatto che la qualità delle fotografie e dei progetti non dipenda dal mezzo usato fortunatamente e che i progetti autoriali avranno sempre la capacità di emergere.
Progetti futuri?
Sto lavorando ad alcuni anni ad un progetto fotografico legato ad un fatto accaduto durante la seconda guerra mondiale in Toscana, più precisamente in val d’Orcia e rivisitato da me in termini contemporanei. Il mio sogno è di pubblicarlo nel 2024 a ottant’anni dall’anniversario e di allestire una mostra fotografica in più sedi. Sto collaborando con un équipe di persone tra cui Sandro Iovine, un grafico trentino e ho preso contatti con più di una casa editrice. Incrocio le dita!
BREVE BIOGRAFIA
Mauro Zorer nasce a Rovereto (TN) nel 1969.
Dopo anni di studi personali nel 2007 intraprende un primo approccio nella direzione della Fotografia Professionale con un corso avanzato presso il Laboratorio del Linguaggio Visuale a Bassano del Grappa. Nel 2009 segue il primo corso di Tecnica Fotografica - Stage I - presso la John Kaverdash Accademia di Fotografia di Milano.
La crescente passione e il desiderio di utilizzare la realtà per esprimere la sua carica di umanità e di emotività attraverso il mezzo fotografico, lo spingono a frequentare presso la stessa Accademia il Master di Reportage con Sandro Iovine, conseguendo il diploma nel 2011 con il lavoro SanpaBikes - il laboratorio delle bici targate San Patrignano a Trento – . Con la stessa Comunità nasce un progetto di collaborazione che prevede corsi di fotografia alle persone ospiti.
Nel giugno 2015 espone in mostra collettiva presso il Foro Boario di Modena in occasione della tradizionale mostra di fine anno The Summer Show organizzata da Fondazione Fotografia.verso la fotografia fine-art e del Reportage sociale. A testimoniarlo la rassegna personale SANPA realizzata a Trento nel 2011 e il Silver Awards conseguito al FIOF Nikon Awards 2014 di Orvieto nella categoria Storia con il progetto fotografico sull’Autismo. Nell’ottobre del 2014 si iscrive al Master di Alta Formazione sull’Immagine presso FONDAZIONE FOTOGRAFIA a Modena.
Nel giugno 2015 espone in mostra collettiva presso il Foro Boario di Modena in occasione della tradizionale mostra di fine anno The Summer Show organizzata da Fondazione Fotografia. Dal 2012 collabora con @Vogue.
PREMI
- Silver Awards conseguito al FIOF Nikon Awards 2014
- 1° classificato Lake Garda Photo Challenge 2018 – Tema “Lago di Garda” -
- 1° classificato Lake Garda Photo Challenge 2020 - Tema Lago di Garda
- 1° Dummy Photobook - Libro d’artista - in collaborazione con CHIPPENDALE STUDIO di Luca Panaro
- Finalista premio Arte Borgo 2021 (Roma)
- Selezionato per INFINITY ART presso SALA PRADO DELL’ATENEO DI MADRID dal 17 al 29 LUGLIO 3021 con l’opera « Il corpo che non abito » 2021
- Finalista premio Art Gallery 2022 e mostra collettiva presso la Image Collective Gallery situata nell’Ocean Terminal, Edimburgo, in Scozia, dal 1 al 30 luglio
- 3° posto nella categoria Fotografia, concorso d’Arte “Linee di Paesaggio” concorso artistico ideato e bandito dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e sud Sardegna
- Finalista premio Bifoto 2022