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Milano: Tanti i giovani in difficoltà e tante comunità in emergenza

ragazzo solo

Una città molto ricca ma con tantissimi problemi sociali. E' questa Milano, città della moda, capitale economica italiana di tanti investimenti, che nonostante tanta ricchezza e prosperità, rimane immobile davanti  a  gravi problemi sociali, come quello della criminalità minorile.

Basta girare per  le periferie, dove la miseria e il malcontento sfociano in tanta rabbia e delinquenza e rendersi conto che tanti sono  giovani,  spesso  soli oppure associati in  baby gang,  che cercano la propria affermazione personale  in pericolosi  contesti sociali. Un problema grave quello della criminalità giovanile, con tanti ragazzi di età inferiore ai quattordici anni, che commettono reati, cimentandosi in un futuro buio,  illuso  dal  guadagno facile, in una città spesso insensibile alle difficoltà dei più deboli. Attualmente, considerando gli  ultimi dati forniti dall' Istat, la città meneghina, patria della moda, registra il numero più alto numero di reati da parte di minori non  accompagnati.

Un dato molto alto che  ci fa capire che l'emergenza immigrazione riguarda sia i più grandi che i più piccoli. Questi ragazzi giovani avendo un'età inferiore a quattordici, non sono imputabili per il carcere minorile,  e quindi vengono affidati  a comunità di competenza territoriale.

L'ultimo caso: Bilal, un bambino senza mamma e papà, autore di furti e scippi, gli ultimi proprio a Milano in stazione centrale,  arrivato in Italia  dal Marocco all'età di dieci anni, costretto a vivere  per strada, nonostante tanti affidamenti a comunità sociali da cui è sempre fuggito.

Anche se di comunità c'è ne sono tante, tanti  sono i problemi che questi enti devono affrontare.

Il Dottor Tartaglione e il presidente della cooperativa  Arimo e si è  occupato in prima persona di tanti ragazzi come BIlal.

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La cooperativa sociale Arimo fondata nel 2003, ha lo scopo di aprire  comunità educative per minori attraverso concreti percorsi di accompagnamento verso l'autonomia economica, educativa e sociale, per adolescenti in difficoltà: ragazzi allontanati dal nucleo familiare o stranieri non accompagnati, minori a rischio di devianza, minori  sottoposti a misure penali.

Dottor Tartaglione, Milano una città ricca di opportunità, con tanti giovani in difficoltà. Secondo gli ultimi dati dell'Istat, nella città meneghina, ci sono il più alto numero di minori non accompagnati e nello stesso  tempo è aumentato il fenomeno della criminalità.  Cosa è successo?

Alcuni giovani a Milano stanno in effetti manifestando il loro malessere con la commissione di reati. La Procura presso il Tribunale per i Minorenni segnala un aumento dei reati, soprattutto commessi in gruppo. Per molti anni si è apprezzato un contenimento del fenomeno, quindi è molto presto per parlare di una tendenza. Bisogna ricordare che la nostra Legge sul penale minorile ritiene che la commissione di reati in minore età sia una richiesta di aiuto; noi, che accogliamo giovani autori di reato da 20 anni possiamo pienamente confermare questa  lettura.

Mi chiedo spesso: Perché il malessere dei ragazzi fa notizia solo quando commettono reati, o generano allarme sociale?  Oppure Perché per sollevare il problema e chiedere aiuto devono arrivare ad allarmare l’opinione pubblica?

E’ necessaria una politica di investimenti che ponga attenzione in maniera preventiva al malessere dei giovani: luoghi in cui ritrovarsi, prevenzione della dispersione scolastica, e un patto con le aziende per orientare e formare i giovani che abbandonano la scuola, nella convinzione che possano trovare piena realizzazione in una professione desiderata!

Oggi il sociale è in difficoltà, lei è presidente di Arimo, una cooperativa sociale  molto importante, quindi conosce bene il problema soprattutto dei più giovani. Quanto è difficile oggi occuparsi di minori e quali sono i problemi che ogni giorno la sua cooperativa deve affrontare?

Benché non ci siano ricerche su grandi numeri, l’opinione di tutti i colleghi che gestiscono comunità è che i giovani ospiti evidenzino una sofferenza psichica maggiore di un tempo; non fanno eccezione i giovani e giovanissimi stranieri, che, lungi dall’essere pronti per l’asserito obiettivo “documenti e lavoro”, evidenziano invece un grado altissimo di sofferenza, e necessitano di essere visti nelle loro reali necessità, e che vengano considerati i grandi traumi che hanno dovuto subire, prima, durante e spesso dopo il viaggio che li ha portati in Italia.

Il problema più grande che devono affrontare oggi le comunità è però legato alla carenza di educatori disponibili a investire sui servizi di Tutela Minori, con particolare riferimento ai contesti residenziali. Questo problema è particolarmente acuto proprio nelle comunità che, come le nostre, accolgono adolescenti autori di reato; la carenza di personale ha portato alla chiusura di molte strutture, mettendo in grandissima difficoltà i Servizi che sono chiamati a collocare adolescenti. La situazione è davvero drammatica: tra la ridotta capienza dell’Istituto Minorile Beccaria, e la chiusura delle comunità, in Lombardia è diventato ormai difficilissimo eseguire le misure cautelari disposte dal Tribunale per i Minorenni.

E’ una situazione che necessita un intervento immediato, perché se non c’è la tenuta del sistema di protezione, la risposta delle Istituzioni diventa inefficace

Lei si è occupato di molti giovanissimi con una storia simile a quella di BilaI. Perché secondo lei questo  ragazzino è riuscito a fare  tutto questo?

Capisco che un ragazzino come Bilal possa attrarre le attenzioni dei giornalisti: “l’inarrestabile rapinatore seriale”! Anche se non conosco Bilal, abbiamo accolto molti ragazzi con una storia molto simile. Altro che inafferrabile Mandrake! Da quanto capisco è un ragazzino disperato che passa di stazione in stazione e commette reati per procurarsi il rivotril e potersi stordire. E’ stato arrestato, e risponderà dei reati se verrà riconosciuto che ha almeno 14 anni. In caso contrario il Tribunale per i Minorenni dispone comunque di strumenti per contenerlo. Non credo che la nostra Società sia così fragile da farsi mettere in scacco da un ragazzino disperato.

Quanto al fatto che scappi dalle strutture in cui viene collocato: le comunità non hanno e non intendono avere compiti di custodia di tipo carcerario; il fatto che un ospite si allontani non è responsabilità da imputare agli educatori. Il fenomeno delle fughe dalle comunità, peraltro, per la nostra esperienza è meno diffuso di un tempo.

Il vero punto è capire quale sia la proposta che riuscirà ad agganciare il ragazzino. Non c’è dubbio sul fatto che abbia bisogno di aiuto, anche se è possibile che adesso l’aiuto debba passare da un contenimento più forte di quanto fatto sinora.

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