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Rosa e celeste: distinzione di genere e fenomeno sociale

Mi capita spesso, ultimamente, di entrare in negozi per neonati, cercando di barcamenarmi tra vestitini, body, tutine, calzine, lenzuolina, e una miriade di altri oggetti di cui prima non sospettavo neanche l'esistenza. Dovendo acquistare solo poche cose, magari per fare un regalino ad amici da poco diventati genitori, veniva quasi spontaneo prendere delle cose rosa per le femminucce o celesti per i maschietti. Dopo i primi acquisti, però, ho notato un noioso "regime" monocromatico di netta separazione di genere, che interessa qualsiasi oggetto: rosa per le bambine e celeste per i bambini. Trovare altri colori, almeno per i neonati, è una missione piuttosto ardua; le cose sembrerebbero migliorare per quanto riguarda bambini un po' più grandicelli, ma il rosa e il celeste hanno dei significati ben precisi e sembrano costituire una stretta linea di demarcazione.
Pur adorando il rosa (solo da grande, però), ammetto quindi di esserne ormai un po' nauseata perché, come si dice, "il troppo storpia". Appare subito chiaro che quella dei colori è una convenzione, e la domanda è inevitabile: da quando è entrata in uso, e perché?

mantegnaAlmeno fino agli inizi dell'Ottocento, il rosa non era assolutamente identificato come un colore femminile. Leonardo da Vinci (1452 - 1519), per es., poteva vantare nel suo guardaroba alcuni abiti rosa. Questo non aveva niente a che fare con il suo orientamento sessuale, ma indicava il suo gusto raffinato in fatto d'abbigliamento, nonché una buona dose di vanità, considerando che i colori usati per il vestiario erano codificati e indicavano l'appartenenza a un determinato ceto sociale e lui, non appartenendo alla nobiltà, non avrebbe potuto indossare questo colore così costoso e ricercato.
I neonati venivano vestiti rigorosamente di bianco, perché molto più facile da lavare rispetto ai tessuti colorati; gli stessi abitini (ricordiamoci che prima i neonati venivano fasciati con delle bende di stoffa bianca, a mò di bozzolo di farfalla) per maschietti o femminucce non presentavano differenze sostanziali fino ai 6 anni.

Piccole-donne-riassuntoSolo verso la metà dell'Ottocento vengono introdotti nell'abbigliamento dei bambini i soffici colori pastello, tra cui il rosa e il celeste che, però, non implicavano ancora un significato di genere. Troviamo uno dei primi riferimenti a questa distinzione nel celebre romanzo della scrittrice statunitense Louisa May Alcott, "Piccole donne" (1868), dove un nastro rosa sulla culla identifica una femminuccia e uno celeste un maschietto. Questo fatto, però, viene visto come una cosa curiosa, quasi esotica, tanto che dagli stessi personaggi è definito come "una moda francese".

Nel 1918 la rivista newyorkese Earnshaw's Infants's Department, specializzata in abbigliamento per bambini, asseriva che "la regola comunemente accettata è che il rosa sia per i bambini, il blu per le bambine. Questo perché il rosa è un colore più forte e deciso, più adatto ad un maschio, mentre il blu, che è più delicato e grazioso, è più adatto alle femmine". Tralasciando l'opinabilità di questa affermazione, le spiegazioni date erano che il rosa veniva visto più vicino al rosso, che ricordava il sangue e i combattimenti e, per traslazione, gli eroi. Il blu, invece, veniva associato al colore del velo della Madonna.
Ragionamenti in verità piuttosto forzati, che a mio parere vogliono solo giustificare a tutti i costi quella che magari è stata semplicemente una scelta di gusto di un sarto molto alla moda o di una rivista patinata agli inizi del Novecento.

botticelliSe parliamo del significato dei colori (strettamente codificato, appartenente a quella branca della storia dell'arte chiamata iconologia), il velo della Vergine è sempre blu per indicare che è ammantata, circondata, della Verità. Il blu rappresenta infatti il colore dell'aria, che in ambito cristiano indica lo Spirito Santo, cioè la Verità. La veste di Cristo risorto, invece, solitamente è sempre stata raffigurata rossa (o rosa), perché questo colore indica l'amore di Dio e il sangue di Cristo che ha riscattato l'umanità con la sua Passione.
Tra gli anni '30 e '40, però, iniziò a esserci una variazione di tendenza, e i colori usati per i bambini iniziarono a ricalcare quelli usati dagli adulti: colori scuri per gli uomini (associati al mondo degli affari) e colori chiari per le donne (percepiti come più femminili e legati alla sfera domestica), anche se fino alla seconda guerra mondiale rosa e celeste venivano utilizzati ancora in maniera intercambiabile.

barbie-pantoneIl punto di non ritorno è invece costituito dagli anni '50. In maniera del tutto arbitraria il rosa venne identificato esclusivamente come colore femminile, onnipresente non solo nell'abbigliamento ma anche nei beni di consumo (la bambola Barbie nasce proprio in quegli anni, consolidando la femminizzazione del rosa). Per semplice contrapposizione il celeste fu assegnato ai maschietti. Appare piuttosto curioso che la spiegazione data oggi per la scelta del rosa e del celeste a indicare la differenza di genere sia esattamente il contrario della giustificazione di poco più di un secolo fa ... ovvero: il rosa ricorda il colore della terra (che dovrebbe essere in realtà marrone) e la Grande Madre, archetipo di tutte le divinità femminili, mentre il celeste è il colore del cielo, contrapposto alla terra.

Come abbiamo visto insieme, quello che realmente possiamo fare è tracciare un'evoluzione storica dell'uso dei colori legato alla sfera infantile, ma non è possibile risalire realmente alla giustificazione di un fenomeno sorto ed evolutosi solo nell'ultimo secolo. Quello che appare chiaro è che si tratti di un fenomeno sociale e legato al marketing. Il mio consiglio, quindi, è di scegliere i colori per i piccoli perché ci piacciono e li riteniamo adatti a loro ... non perché siamo costretti da convenzioni recenti, stabilite senza motivo, e che potrebbero anche essere dannose.

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