Sanità Lombarda, Ospedale San Paolo: Esame superato
Sanità lombarda alla prova. “La perfezione - recitava un filosofo - si sostanzia negli atti minori“, ovvero negli esami non particolarmente a rischio. Al cronista, che dalla giovinezza patisce un ematocrito stellare, viene consigliato il prelievo di un frammento del midollo osseo affinché la diagnosi sia centrata il più possibile e la cura venga ricalibrata.
Alle 8 di un giovedì di settembre sono al san Paolo, ospedale di recente accorpato al san Carlo, con sede alla Barona. Terzo piano, blocco A, medicina interna versione ematologia.
Vengo fatto accomodare subito nella saletta riservata ai pazienti del “day hospital”. Dopo un’oretta, ecco il prelievo, di sangue, per saggiare le mie condizioni generali. Con tanto di misurazione della pressione e dei battiti cardiaci. Prima che l’infermiera, professionale e professionista, buchi il mio braccio destro, sul sinistro si è esercitata una studentessa in medicina. Esile, titubante, assalita dal timore di recarmi dolore, non riesce nell’intento prefissato, ovvero riempire del mio sangue una provetta. Ma non gliene voglio, sono gli inconvenienti dell’apprendistato. Quando s’impara, sopra tutto, dando una scossa alla fiducia in se stessi, che all’inizio è sempre scarsa.
Poi passa un assistente a delucidarmi sulle procedure dell’ esame, con tanto di indagine cardiaca e polmonare. Nella stanza, con me, tre anziani riposano, forse turbati dalla nostalgia di una salute e una giovinezza che il tempo ha cancellato. Su due, vegliano le consorti, fedeli alle promesse che han pronunciato all’altare e che molti dimenticano, terrorizzati dal sacrificio, massima donazione.
E verso mezzodì, entra in scena la “protagonista”, la dottoressa Elena Bertinato, dirigente medico del nosocomio della Barona. Stempera al paziente la tensione con qualche felice battuta, quindi infila il lungo ago nell’osso sacro. Centra il midollo osseo, di cui preleva uno spicchio. Placato dalla doppia anestesia locale, il dolore è minimo. E dopo mezz’ora posso lasciare il reparto.
Nel pomeriggio, conseguenze negative non si palesano, tant’è che cammino due orette senz’affanno. Permane un minino disturbo nell’accomodarsi sul divano. Che somiglia ad una lieve artrosi risvegliata dall’umidità autunnale.
Com’è mio costume, ringrazio la dottoressa Bertinato per la perizia e la sensibilità dimostrata. Associando nel riconoscimento il suo assistente e l’infermiera dedicata.
Nei lamenti lancinanti per la mala sanità, anche un esame ben eseguito smussa la depressione da ospedale. E rianima i pazienti, già provati dalla malattia.
Il cronista ha sentito il dovere, anzi tutto professionale, di raccontare una sua “avventura al san Paolo. Nella prospettiva di incoraggiare medici e infermieri ad affinarsi sempre più nella scienza e nella compassione. Non sono due ambiti separati. Dovrebbero passeggiare insieme. Sulla via di una sanità a misura di persona.
Gaetano Tirloni