Vecchi detti meneghini
Ogni regione della nostra bella Penisola presenta, tra i tanti suoi tesori, anche adagi che una volta venivano usati per sottolineare una situazione, un personaggio, un momento della vita quotidiana, senza stare a "tenerla tanto lunga".
Oggi quest'usanza è in parte scomparsa, resiste più a lungo in zone rurali, montane o in borghi dove ancora le persone si lasciano andare a parlar dialetto, comunque ve ne voglio rendere edotti di alcuni di questi che i nostri nonni e bisnonni meneghini usavano. Ovviamente sono in Dialetto milanese.
- Alt de ciel, de bocca, di palàto. Era riferito a una buona forchetta, un mangione.
- Andà in Busca. Andare incontro a un castigo certo. In milanese "buscà" significa prenderle – le bòtte, le sberle - .
- Andà giò piatt. Ovvero, parlare chiaro.
- Barabitt. Erano così chiamati i ragazzi che si avviavano su una cattiva strada.
- Bagolon del luster. Chiacchierone del lucido, vale a dire chi spreca molte parole per illustrare una cosa semplice. E qui conviene chiedersi il perché.
- Dagh el còlor ai polpett. Si riferisce a quel furbone che tenta di incantare qualcuno a parole.
- El gh'ha l'oli sant in sacoccia. Si suole riferire a chi è pronto per l'estrema unzione o per chi si teme incorra in una morte imminente.
- El sarà minga lù che l'ha inventaa el fumm de râs. È detto a chi pretende di rivelare cose che già si sanno. Il râs è il nerofumo.
- Fà la guggia. La guggia è l'ago, in questo caso si riferisce alla leva con cui il tranviere effettuava lo scambio di rotaia del tramvai, e sottolinea il cambiare argomento per sottrarsi a una situazione imbarazzante.
- Fà stringh de la pell. Si dice di chi ha guadagnato ma con fatica e sudore.
- Hinn semper i strasc che và a la fola. Vale a dire che son sempre i poveri che subiscono e pagano le conseguenze.
- Invêrs come ona pidria. Si dice a persona di umore nero. La pidria è l'imbuto.
- La lengua la gh'ha minga d'oss, ma la rompe el doss. Di facile intuizione, la lingua fà più male della spada, riferito al pettegolezzo o peggio.
- La regola la tên in pee el convent. Non vi sono dubbi, ove non vi sono regole regna il caos.
- La troppa confidenza la fà perd la riverenza. Detto proprio veritiero.
- Lavorà per la gêsa de Vâver, di Vaprio. Ovverossia lavorare gratis.
- L'è piscinin, ma l'è calcaa. Piccolo ma ricco di qualità.
- L'è el cald, l'è el fregg; l'è l'asen che l'è vècc! Con tutto ciò che comporta la vecchia e che gli appartiene.
- Mangiass el fen in erba. È riferito a chi, sprovveduto, impegna i propri guadagni prima di averli conseguiti.
- On de fà de pòllin. Far mostra di sè, pavoneggiarsi.
- Sabetta de la lobbia. La lobbia è il balcone, e si riferisce a donna pettegola, ficcanaso e molesta, che, dal proprio balcone, non perde occasione per spettegolare.
- Sincer come l'acqua di fasoeu. Ovvero poco sincero, bugiardo, proprio come l'acqua dove cuociono i fagioli che non rimane limpida ma diventa scura.
- Sont propri consciaa' m'el strasc del moletta! Si dice di chi è sporco o messo piuttosto male.
- Tegnì a man de la spinna e lassà andà del bondon. Il bondon è il tappo, quindi, badare al poco e piccole spese e lasciare incontrollate le spese o le cose più importanti.
- Và a onget. Ossia vai a ungerti, nel senso di mandare una persona a quel paese.
- Vantes cavagna che 'l manegh l'è rott! Tradotto: vantati pure cesto che il tuo manico è rotto. Si apostrofa a chi si vanta ingiustamente.
- Zifolòtt de menta. Fischietto di menta, ovvero uno strumento inservibile, proprio come una persona incapace di concludere qualcosa.
Anche questa carrellata di vecchi e saggi detti è terminata.
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