Carlo Emilio Gadda: ingegnere, scrittore e sperimentatore
Uomo dei mille talenti, Carlo Emilio Gadda non solo fu uno scrittore abilissimo a manipolare la lingua italiana, con risultati spesso esilaranti, ma anche un valido collaboratore della Rai degli anni Cinquanta, ma con un difficile rapporto materno che influì su tutta la sua vita.
Carlo Emilio Gadda nacque a Milano il 14 novembre del 1893, dalle seconde nozze di Francesco Ippolito con la nobile ungherese Adele Lehr, donna dal carattere forte e indipendente che condizionò pesantemente la vita del figlio.
Il piccolo Carlo ebbe una infanzia molto travagliata, in quanto la sua famiglia perse tutto quello che aveva a causa di alcune azzardate manovre economiche del padre, che per il dolore morì nel 1909, costringendo Gadda, con il fratellastro Enrico, a fare i lavori più umili per mantenere la sontuosa villa di Longone, nel cuore della Brianza, residenza estiva della famiglia.
Nel 1912, dopo aver conseguito la maturità presso il liceo classico Parini, Gadda si iscrisse alla facoltà di ingegneria del Politecnico di Milano, rinunciando a malincuore alle sue ambizioni come scrittore.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, i due fratelli si arruolarono come volontari nell’esercito, desiderosi di aiutare il proprio paese.
Ma la realtà si rivelò molto diversa; non solo Carlo venne catturato dagli Austriaci per poi trascorrere gran parte del conflitto nel campo di Celle ad Hannover, in Germania, ma Enrico, che era diventato aviatore, morì nell’aprile del 1919 durante un’azione nemica.
Il dolore per la perdita del fratello cambiò per sempre i rapporti tra Gadda e la madre, che inconsciamente non gli perdonò mai il fatto di essere sopravvissuto ad Enrico.
Dopo aver conseguito nel 1920 la laurea in ingegneria elettrotecnica, Carlo decise di iscriversi alla facoltà di Filosofia, ma non diede mai la tesi, anche se superò tutti gli esami.
Nel 1927 Gadda pubblicò sulla rivista “Solaria” il suo primo lavoro “Apologia Manzoniana”, un saggio sulle opere di Alessandro Manzoni.
Gli anni Trenta videro lo scrittore pubblicare le raccolte di racconti “La Madonna dei filosofi” e “Il castello di Udine”, ma allo stesso tempo gli portarono un nuovo lutto; infatti nel 1936 mori sua madre, perdita che non solo turbò profondamente Carlo, ma lo portò alla decisione di vendere la villa di Longone.
Abbandonato il lavoro come ingegnere, Gadda nel 1940 si trasferì a Firenze, dove pubblicò nel 1944 “L’Adalgisa”, una raccolta di racconti che tracciavano un ritratto autoironico della società milanese del primo Novecento.
Con l’inizio degli anni cinquanta lo scrittore si trasferì a Roma, dove divenne uno dei collaboratori per il settore cultura del terzo programma Rai fino al 1955, quando cominciò a lavorare al suo romanzo più noto “Quel pasticciaccio brutto de’ via Merulana” a cui aveva già cominciato a pensare dal 1946.
La vicenda, ambientata nella Roma fascista, vede un paziente commissario di origini molisane che, in un tripudio di invenzioni linguistiche e dialettali, cerca di risolvere il duplice mistero di un furto di gioielli e di un delitto inspiegabile avvenuto nello stesso condominio, popolato da una folla di personaggi con le manie e abitudini più strane.
All’inizio degli anni Sessanta lo scrittore pubblicò per Garzanti la nuova versione di “Le meraviglie d’Italia” e il saggio romanzo “Eros e Priapo” che racconta, con amaro sarcasmo, il fascismo in un ottica poco eroica.
Ma il capolavoro finale dello scrittore rimane “La cognizione del dolore” che racconta, in un Sudamerica dalle venature grottesche, la storia autobiografica del complesso rapporto di amore – odio tra un giovane ingegnere e la ricca madre, che lo ritiene responsabile della morte del fratello in guerra.
Negli ultimi anni della sua vita Gadda, ormai vecchio ed inacidito, rinunciò ad uscire di casa, al punto che i suoi pochi amici comunicavano con lui per posta o per telefono.
Dopo la morte dello scrittore, avvenuta nella sua casa di Roma il 21 maggio del 1973, vennero dati alle stampe “Meditazione milanese” e “Racconto italiano di ignoto del novecento”, inediti che consentono di dare uno sguardo al laboratorio stilistico e narrativo dello scrittore milanese.