Daniele Comboni e il suo amore per l’Africa
Daniele Comboni, un uomo di modeste origini che ha portato il Vangelo in Africa.
Nasce a Limone sul Garda nel marzo del 1831, e muore a Khartoum nell'ottobre del 1881. La famiglia è al servizio di un ricco proprietario svolgendo l’attività di contadini, povera di mezzi economici ma molto unita e di provata fede. Daniele è il quarto figlio di otto fratelli, morti quasi tutti in tenera età.
La povertà porta Daniele a lasciare il paese per recarsi a Verona presso l’Istituto di don Nicola Mazza, per frequentare la scuola. Durante il periodo scolastico Daniele scopre la sua vocazione religiosa e il suo amore per l’Africa.
Completa così gli studi di teologia e filosofia e nel 1854 è ordinato sacerdote. La terra d’Africa è per il novello sacerdote un richiamo irresistibile, così tre anni dopo, con altri cinque missionari, parte per il continente nero. Il viaggio dura quattro mesi prima di arrivare alla capitale del Sudan, e qui il Comboni si rende conto delle enormi difficoltà esistenti; malattie, clima insopportabile, fatiche inaspettate, povertà ancora peggiore di quella che viveva nella sua famiglia d’origine, gente abbandonata e lasciata a se stessa nella sofferenza e nella morte.
Alcuni suoi compagni non superano questo doloroso impatto e sono preda della morte, questi accadimenti però, anziché spaventare, spingono Daniele a mettere ancora più impegno e decisione nel suo intento missionario, e questo non lo spaventa perché tutto è fatto per amore di Gesù e del prossimo, infatti, dice: o Nigrizia o morte.
Nel 1864 Daniele rientra in Italia, e qui, davanti alla tomba di San Pietro a Roma, mentre è assiso in preghiera, ha una folgorante illuminazione che lo induce a elaborare un nuovo piano missionario per l’Africa. Elabora un progetto che ha come motto: “Salvare l’Africa con l’Africa”, certo della capacità umane e religiose del popolo africano. Progetto che ritengo ancora valido ai giorni nostri e che andrebbe più che mai attuato anche oggi. Questo suo nuovo concetto incontra però non poche difficoltà, ecco che allora si prodiga in un’instancabile attività promozionale bussando a ogni porta possibile, a Vescovi, re, nobili, ricchi e meno abbienti, fondando anche la prima rivista missionaria in Italia. La sua incrollabile volontà e forte fede nel Signore, nonché nella sua amata Africa, lo portano a fondare, nel 1867 e 1872, l’Istituto Missionario Comboniano del Cuore di Gesù, e quello delle Suore Missionarie Comboniane.
Il papato indice il Concilio Vaticano I, e il Comboni, come teologo del Vescovo di Verona, vi partecipa, riuscendo a far sottoscrivere a settanta Vescovi una petizione a favore dell’Evangelizzazione dell’Africa Centrale. Un risultato di non poco conto. Questo suo forte impegno e coraggio d’idee e azione, lo portano a essere nominato Vicario Apostolico dell’Africa Centrale e consacrato Vescovo, siamo nel 1877. Nel 1880, per l’ottava e ultima volta, decide di ritornare in Africa con i suoi missionari per continuare l’attività missionaria e la lotta contro gli schiavisti. L’impegno è davvero faticoso, in più si trova a subire calunnie e accuse infondate, tanto che nell'ottobre del 1881, a cinquant'anni, si ammala e muore.
Celebre la sua frase detta poco prima di morire: “Io muoio, ma la mia opera non morirà”. Aveva visto giusto, infatti, la sua opera, posta nelle mani del Cristo, continua a vivere anche ai giorni nostri. Nel marzo del 1994 le sue virtù eroiche sono riconosciute, e l’anno dopo è accreditato il miracolo operato per sua intercessione a favore della ragazza Maria José de Oliveira Paixão. Giovanni Paolo II, nel marzo del 1996, in San Pietro, lo rende beato, e quando, nel 2002, è riconosciuto un nuovo miracolo operato a favore di una mamma musulmana sudanese, tale Lubna Abdel Aziz, lo porta alla canonizzazione, avvenuta a Roma il 5 ottobre 2003, e voluta dal Papa Giovanni Paolo II.
Più di mille sono gli scritti lasciati dal missionario, e tutti consultabili. Oggi la Famiglia Comboniana è sparsa e opera in quaranta paesi del mondo.
Un uomo, natio della generosa terra lombarda, che, con una fede incrollabile e tanta fatica, ha portato il Vangelo da vero operaio nella vigna del Signore.