Ferdinando Valletti: uomo dalle tre vite
Dalla squadra del Milan ai campi del lager, fino al ritorno in patria, la vita di Ferdinando Valletti è stata davvero straordinaria, sempre all’incessante ricerca di un modo per rendere vivo il ricordo della sua avventura umana sotto il nazismo.
Nato a Verona il 5 aprile del 1921, fin da piccolo Valletti era stato molto interessato ai campi da calcio, tanto che dopo una lunga gavetta fece il suo debutto ufficiale nella squadra dell’Hellas Verona, una delle più note del primo dopoguerra.
Dopo un breve passaggio presso la squadra brianzola del Seregno, nel 1940 Ferdinando con la moglie si trasferì a Milano, dove aveva trovato un posto di lavoro presso l’Alfa Romeo, una delle case di produzione automobilistiche più note e stimate di quegli anni.
Ma il lavoro era sempre più difficile, anche a causa del coprifuoco e dei continui bombardamenti alleati, e questo spinse Valletti a prendere la decisione di far parte della squadra del Milan, che in quegli anni aveva la maggior parte dei suoi giocatori arruolata nell’esercito italiano.
Come mediano, Ferdinando giocò nelle stagioni 1942 – 43 e 1943 – 44, dove ebbe un buon successo, contribuendo a portare la sua squadra nelle fasce alte della classifica finale del campionato di calcio.
Ma a causa di una frattura al menisco, Valletti non poté più giocare come un tempo, tanto che dopo alcune amichevoli dovette lasciare per sempre la maglia rosso nera e tornare al suo lavoro per l’Alfa Romeo.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943, il giovane si unì a un gruppo di partigiani garibaldini e nel marzo del 1944 divenne uno dei promotori degli scioperi cittadini milanesi contro la difficile situazione in cui versavano la maggior parte dei milanesi a causa della guerra.
Ma questo non fece piacere ai nazisti e, dopo essere stato tradito, Valletti fu catturato e portato nel campo di concentramento di Gusen, dove venivano condotti i prigionieri idonei al lavoro pesante.
Grazie alla sua abilità come calciatore, in poco tempo Ferdinando non solo entrò in una delle squadre di calcio delle SS, ma ottenne un posto di lavoro come sguattero nelle cucine del campo, dove poté dare una mano ai suoi compagni di prigionia, tra cui il pittore Aldo Carpi.
Dopo la sua liberazione, che avvenne il 5 maggio del 1945, Valletti tornò in Italia, dove riprese a lavorare presso l’Alfa Romeo, di cui divenne uno dei dirigenti più apprezzati e stimati.
Negli ultimi anni, l’instancabile Ferdinando raccontò più volte i suoi anni nel campo di concentramento, fino alla morte, avvenuta il 23 luglio 2007 nella sua Milano, con la mente distrutta dal morbo di Alzheimer, mentre la figlia Manuela ancora oggi con la fondazione intitolata a suo padre porta avanti il ricordo di un uomo davvero straordinario.