San Biagio, san Bias benedis la gola e el nas
Da un'antichissima e suggestiva tradizione a noi son giunti due importanti elementi: la credenza del potere taumaturgico dei resti del "pangrande" consumato a Natale e lo stesso "pangrande" in veste di panettone.
Nel giorno di San Biagio (3 febbraio), ancora alcuni anni or sono, si soleva aprire la giornata mangiando un pezzetto di panettone tenuto da parte dal giorno di Natale, per "benedire" la gola.
Un antico adagio, infatti, recita "el dì de san Bias se benedis la gola e el nas" anche in memoria del santo che aveva miracolosamente guarito un bambino a cui si era conficcata in gola una spina di pesce. La tradizione ai nostri giorni si è modificata in ossequio ai dettami del consumismo, per cui, abbandonata l'usanza di conservare nel cassetto una fetta del panettone, si è pensato di mettere in vendita attorno a san Biagio due panettoni al prezzo di uno.
Biagio visse nel IV secolo e precedette di mezzo secolo Sant'Ambrogio; era nobile di famiglia e, come Ambrogio, divenne vescovo ancora prima di essere ordinato e consacrato. Biagio riusciva bene tanto in medicina e chirurgia che in teologia, per cui curava sia i corpi che le anime.
Accadeva sovente che, invocato per dare gli estremi conforti ad un moribondo, lo richiamasse da morte a vita tagliandogli una gamba o somministrandogli un purgante. Da quel giorno la fama del medico - vescovo di Sebaste corse per tutta l'Armenia. E’ ritenuto dalla tradizione vescovo della città di Sebaste in Armenia al tempo della “pax” costantiniana. Come Vescovo governava la comunità di Sebaste quando nell’Impero Romano si concede la libertà di culto ai cristiani, nel 313 d.C. sotto Costantino e Licinio, entrambi “Augusti” cioè imperatori (e pure cognati: Licinio ha sposato la sorella di Costantino).
Licinio governa l’Oriente e perciò ha tra i suoi sudditi anche Biagio. Biagio muore martire, non si sa per quale motivo, intorno al 316 d. C., ossia dopo la fine delle persecuzioni. Il suo martirio è spiegato dagli storici come una persecuzione locale dovuta ai contrasti tra l’occidentale Costantino e l’orientale Licinio.
Il conflitto provoca in Oriente anche qualche persecuzione locale, forse ad opera di governatori troppo zelanti, come scrive lo storico Eusebio di Cesarea, nello stesso IV secolo, con distruzioni di chiese, condanna dei cristiani ai lavori forzati, uccisioni di vescovi.
Agricola, prefetto di Diocleziano, lo fece cercare nel suo rifugio sul monte Argeo e condurre al proprio cospetto; il colloquio fu breve e tragico perché, essendosi Biagio rifiutato di rinnegare il proprio Dio, Agricola lo condannò ad essere decapitato e, prima ancora straziato nelle carni con pettini di ferro: ragion per cui i materassai ed i cardatori di lana lo presero a proprio patrono.
I miseri avanzi del santo martire vennero poi raccolti da una pia matrona chiamata Elisea fin che, al tempo delle Crociate, vennero trasportati in Occidente, dove si venerano in diversi santuari, mentre i re d'Armenia fondavano in suo onore un ordine militare e religioso insieme che, come quello dei Templari, aveva la consegna di difendere la fede della Chiesa.
Altri dicono che durante la persecuzione ordinata da Licinio, Biagio fu imprigionato e, dopo un lungo periodo di prigionia, fu gettato in un lago, dal quale uscì salvo. Quindi, per ordine dello stesso giudice, fu lungamente picchiato e sospeso ad un legno, dove con pettini di ferro gli fu scorticata la pelle e quindi lacerate le carni. Poi decapitato insieme con due fanciulli e l’uccisione di sette donne, arrestate perché raccoglievano le gocce di sangue che scorrevano dal corpo dello stesso martire durante il suo supplizio.
San Biagio lo si venera tanto in Oriente quanto in Occidente e per la sua festa è diffuso il rito della “benedizione della gola” fatta poggiandovi due candele incrociate (oppure con l’unzione mediante olio benedetto).
Come emblema, San Biagio ha il bastone pastorale, candela, palma, pettine di ferro.
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