Ricordando Lucio Battisti, il cantante dell'Amore
Il 9 settembre del 1998 si congedava dalla vita terrena Lucio Battisti. Col tumore aveva spartito l'esistenza per diversi anni, sino estremo delle forze, fisiche e psicologiche.
Moriva all' alba dell'autunno il cantante che forse - in coppia col paroliere Mogol - aveva meglio celebrato l'estate dell'Amore, in tutte le sue declinazioni.
Nei momenti nei quali solo la contestazione pareva colmare il bisogno di giustizia delle categorie meno favorite, Lucio metteva in vetrina i risvolti più reconditi dell'anima.
Battisti musicava i versi del fido Mogol accordandoli alla chitarra dell'amore. Intuiva che alle persone, dopo una giornata di fatica e insoddisfazione, non serviva l'indottrinamento dei cantautori alla moda, bensì una melodia marcata dallo struggimento per una consolazione magari effimera però benefica.
Lucio era etichettato come un musicista di destra, falsamente. Solo perché non solleticava i deteriori istinti di una generazione spinta alla ribellione e poi abbandonata alla depressione e alla solitudine.
Le sue canzoni, dal ritmo dolce e insieme sincopato, lasciavano all'ascoltatore lo spazio per scrivere, tra le note, la sua storia, somma di accadimenti ripetitivi però mai banali.
Battisti non aveva figli e i maligni sussurrano che il suo matrimonio non fosse particolarmente appagante.
Se n'è andato in un'anonima camera dell'ospedale San Paolo di Milano, falansterio del dolore. Forse fischiettando, con le ultime energie rimastegli, "fiori rosa, fiori di pesco" sognando il giardino dell' immortalità.
Gaetano Tirloni