Alessandro Manzoni e il dolore
Alessandro Manzoni e il dolore: La concezione del dolore espressa da Manzoni ne "I Promessi Sposi"
Ne "I Promessi Sposi" Alessandro Manzoni presenta la propria concezione del dolore attraverso la reazione dei personaggi agli eventi, che progressivamente sconvolgono la loro esistenza.
Il primo sentimento preso in esame dall'autore è la paura.
La paura: Don Abbondio
Essa caratterizza il personaggio di don Abbondio, che compie la maggior parte delle sue azioni spinto dal timore, la stessa scelta di diventare sacerdote è dettata dalla paura di essere oppresso dai prepotenti e non da una autentica e personale vocazione.
Questo si nota in particolare nel momento in cui, minacciato dai bravi di don Rodrigo, egli mette al primo posto il timore per la propria vita rispetto al proprio dovere professionale, cioè quello di celebrare il matrimonio tra Lorenzo Tramaglino e Lucia Mondella.
La sicurezza personale è la prima preoccupazione del parroco anche nel momento in cui tutta la cittadinanza è sconvolta a causa della discesa dei Lanzichenecchi, che saccheggiarono ogni luogo in cui passarono, o per la diffusione della peste.
Egli continua a temere per se stesso anche dopo la morte di don Rodrigo e dei bravi e celebra il matrimonio tra Lucia e Renzo solo dopo esser stato rassicurato dall'erede di don Rodrigo.
Il dolore: i prepotenti
Alla paura segue il dolore, causato dall'ingiustizia e dai soprusi compiuti dai prepotenti che impediscono a Renzo di realizzare il proprio desiderio di prendere in sposa Lucia.
Egli acconsente a perdonare don Rodrigo, che gli ha procurato grande dolore solo dopo la conclusione dei travagli, poco prima di scoprire che il suo avversario ha perduto la ragione a causa della peste.
Il dolore colpisce anche i personaggi di Lucia e Agnese.
Lucia soffre, dapprima, per l'allontanamento dalla propria terra, come si nota nell' "Addio ai monti" in cui ella piange la perdita dei luoghi dove è nata e cresciuta e dove lascia la casa dopo essersi fortunatamente salvata dal tentato rapimento messo in atto da don Rodrigo; in seguito, ella soffre per la propria sorte incerta, nel momento in cui viene rapita dai bravi dell'Innominato.
In questa situazione, scossa dal timore, ella si affida alla Madonna e fa voto di castità, rinunciando al matrimonio; sarà solo l'intervento di fra' Cristoforo, che scioglierà il voto, a permettere la realizzazione del lieto fine.
Agnese, invece, soffre a causa della preoccupazione per la figlia, dalla quale si separa per cercare fra' Cristoforo, che viene allontanato per intervento del conte-zio di don Rodrigo, dopo l'azione del frate a favore dei due promessi, e per Renzo, coinvolto in un movimento di rivolta a Milano e per questo perseguito dalla giustizia.
La sofferenza: fra' Cristoforo
Per fra' Cristoforo l'origine della sofferenza, invece, è il vedere che la giustizia opera solo a vantaggio dei prepotenti, nonchè l'essere obbligato ad allontanarsi dagli umili che stava aiutando, a causa di don Rodrigo.
Tuttavia, anche quest'ultimo viene colpito dal dolore, in forma di malattia.
Egli, infatti, cade vittima della peste, che lo priva della ragione e viene tradito dal Griso, il più fidato dei suoi bravi, che anzichè aiutarlo, lo abbandona ai monatti e lo deruba. La sua azione è motivabile per mezzo del dolore e dell'afflizione provocati da una vita condotta nell'emarginazione, a causa dei delitti commessi, e nella sottomissione, per ottenere la protezione necessaria ad evitare la giustizia.
L'amore: Gertrude
Anche Gertrude conduce una vita subordinata al volere di altri: il suo obiettivo è ottenere l'amore del padre e dei familiari, che conquista solamente accettando di prendere i voti e diventare monaca, pur non provando la vocazione. Il suo dolore è causato dalla necessità di lasciare irrealizzati i propri sogni di fanciulla, per ottenere il perdono da parte del padre per il suo errore di gioventù: aver stretto amicizia con un paggio.
Oltre che all'esperienza personale dei personaggi, il dolore appartiene alla cornice del racconto, nella quale si alternano la mortalità, causata dalla guerra di Successione per il Ducato di Mantova, la carestia, provocata dalla siccità, le rivolte, motivate dalla povertà e dalla fame e la mortalità derivata dalla peste.
Quest'ultima fu introdotta dai Lanzichenecchi e aggravata dalle pessime condizioni del sistema sanitario e dal tentativo delle autorità di mascherare l'epidemia, per non inquietare il popolo. Ciò favorì il diffondersi di credenze superstiziose, che giustificarono molte condanne a morte emesse.
Dal quadro prodotto da Alessandro Manzoni si può dedurre che egli interpreta il dolore secondo una prospettiva cristiana.
Ciò emerge in modo particolare per fra' Cristoforo, la monaca di Monza e l'Innominato, i quali vengono convertiti dal dolore causato ad altri.
Il rendersi conto di avere provocato dispiacere agisce, infatti, come un mezzo che stimola la conversione.
Da questa presa di coscienza, infatti, i personaggi iniziano una nuova vita, votata al servizio del prossimo, per scontare i propri errori e ottenere il perdono divino per potere godere della gioia del Paradiso.
Di conseguenza il dolore è un mezzo per giungere in cielo e unisce tutti coloro su cui si riversa, come sostiene il cardinale Federigo Borromeo, nel dialogo con don Abbondio.
Oltre a ricordare i benefici di cui può godere chi sopporta il dolore durante la propria esistenza terrena, Alessandro Manzoni suggerisce come tollerarlo.
Nel primo dialogo tra Renzo e Lucia, dopo il rifiuto di sposarli da parte di don Abbondio, l'autore sottolinea che Dio è vicino a chi soffre.
Con questa consapevolezza l'uomo è portato a rivolgere le sue preghiere e le sue richieste di aiuto a Dio, fonte di bene per colui che è addolorato, anche qualora non sembri esserci via d'uscita dall'oppressione, proprio come fecero gli Ebrei durante la schiavitù d'Egitto.
Altre fonti di consolazione sono comunemente presenti tra gli uomini: la commozione e la compassione che prova colui che ascolta il racconto di un sofferente.
Queste emozioni sono supportate dal sentimento dell'amicizia, che unisce gli uomini accomunati dall'esperienza del dolore, e sostengono il sofferente durante le prove, cui la vita lo sottopone.
Nel romanzo questa funzione viene attribuita al personaggio anonimo, amico di Renzo, che custodisce l'a sua abitazione e lo accoglie con benevolenza al ritorno in patria. Egli, inoltre, si comporta da confidente informandosi sugli eventi accaduti, consolando l'amico e, infine, narrandogli ciò che è accaduto in paese durante la sua assenza.
La fede: Lucia
Tuttavia, l'aiuto maggiore deriva dalla fede, come si dimostra nel caso di Lucia, durante la prigionia trascorsa presso il castello dell'Innominato.
Dopo essere stata liberata, ella viene accolta da donna Prassede e don Ferrante, fino al momento in cui contrae la peste.
Dopo la guarigione, Lucia è aiutata da una donna alla quale ha prestato assistenza, mentre si trovava al lazzaretto, poiché erano compagne di stanza. Costei l'accompagna nel suo percorso di vita fino al matrimonio, sostenendola economicamente e moralmente.
Il lieto fine
Il matrimonio costituisce il lieto fine dell'opera, ma il messaggio conclusivo più edificante è affidato all'ultimo dialogo dei promessi sposi con fra' Cristoforo, al lazzaretto, poco prima della morte del frate, causata dalla peste.
Nella conversazione, resa solenne dallo scioglimento del voto di castità di Lucia da parte del frate, quest'ultimo esorta Renzo e l'amata a ringraziare Dio, che li ha condotti alla felicità della vita matrimoniale, passando attraverso esperienze dolorose, così da predisporli ad una gioia mite e tranquilla: quella derivante dalla speranza della contemplazione del volto di Dio in Paradiso.
Anna Chiara Ronchi
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