Le Confraternite della Buona Morte: storia e tradizione
Leggendo il titolo magari qualcuno si appresterà a fare gli opportuni scongiuri, che però a mio avviso servono a ben poco in quanto, quando arriva "quella cartolina", non c'è scongiuro che tenga, quindi proseguo nell'esposizione poiché le Confraternite sono parte della storia della nostra bella Italia, e ritengo giusto e doveroso conoscere anche questo aspetto.
Il termine confraternita vuol intendere una "adunanza di fratelli", più in specifico una Congregazione di persone secolari per scopo spirituale.
Di confraternite ne sono esistite, e tuttora esistono, di diverse tipologie, tra cui appunto quelle della "Misericordia" dette anche della "Buona Morte". La nascita di queste fraternità è molto antica, infatti, se ne trova traccia già nel IV-V secolo nei monasteri il cui scopo era anche quello di dare assistenza ai malati e fornire di una cristiana sepoltura anche a coloro che non potevano permettersela.
È nel Medioevo che però le Confraternite, tra cui quelle della della Misericordia, acquistano valore e spessore, richiamandosi al Vangelo di san Marco dove afferma: "Amerai il prossimo tuo come te stesso" e cercando di mettere in pratica l'insegnamento.
Nel 1500 si moltiplicarono le opere pie quali assistenza negli Ospedali, ai poveri, agli orfani, ai carcerati e ai condannati a morte. Queste opere messe in atto nei confronti dei bisognosi avevano non solo la finalità di seguire l'insegnamento di Gesù, ma anche quella di procurarsi una possibile salvezza della propria anima una volta entrati nell'aldilà.
Vi è in questo un richiamo all'esperienza devozionale dei Flagellanti, anche se con motivazioni diverse, infatti, i Flagellanti, con le loro punizioni corporali, intendevano offrirsi come vittime sacrificali a imitazione della Passione e Morte di Gesù, mentre gli aderenti alla Misericordia mettevano più in luce l'aspetto della Via Crucis, accompagnando i condannati a morte al patibolo o gli ammalati in fin di vita.
È innegabile che l'opera svolta dalle Misericordie presentava anche un aspetto di carattere non solo religioso, ma anche sociale in quanto contribuiva a cercare di ristabilire una pace sociale venuta meno per atti di brutalità e violenza. Il condannato a morte comportava l'espulsione violenta dalla cittadinanza, e anche il suo cadavere, considerato impuro, era destinato ad essere sepolto alla meno peggio e spesso in terra sconsacrata. Questa consuetudine aveva fatto nascere nel popolino ignorante, la convinzione che questi morti, proprio perché non avevano ricevuto una degna sepoltura, potevano ritornare tra i vivi.
Un altro aspetto interessante è la figura del boia, visto dal popolo come meritevole di rispetto per la sua funzione pubblica, ma anche temuto per la sua vicinanza col sangue e la morte, tanto che spesso la sua abitazione era confinata ai margini e che il suo salario gli veniva consegnato gettando il denaro al suolo, questo perché era convinzione che un contatto con il boia avrebbe comportato un possibile contagio. Come si vede per questo "giustiziere" e la sua famiglia non erano tutte rose e fiori.
Con queste premesse di può comprendere allora il gravoso e misericordioso compito che avevano i componenti della Misericordia della Buona Morte. Compito che col passare del tempo assunse una nuova conformazione, ossia non più quello di un rito di espulsione del condannato, ma diveniva un rito di reintegrazione del reo, in quanto i patimenti subiti erano l'occasione di un riscatto morale.
Vediamo adesso come si svolgevano, in pratica, gli avvenimenti. Una volta emessa la sentenza di condanna a morte, il condannato era portato nel luogo chiamato "confortatoio", un luogo isolato dove potevano accedere solo due fratelli della Confraternita per conferire con il condannato. La Confraternita, avuta notizia della condanna era tenuta ad esporre il "gonfalone della morte" per una durata che variava dai tre ai sei giorni, e il cui scopo era quello di avvisare la cittadinanza che, a breve, vi sarebbe stata una esecuzione capitale.
La Confraternita inoltre forniva, a proprie spese, cibo, bevande, indumenti al condannato. Al momento stabilito il condannato, insieme ai due confortatori, si avviava al patibolo, con questi che gli facevano recitare preghiere in modo da tenere occupata la mente del condannato. Uno dei confortatori saliva poi sul patibolo con reo, recitando preghiere e cercando di confortare la vittima, poi, scendeva e si riuniva agli altri membri continuando nelle intercessioni per l'anima del condannato.
Ovviamente lo scopo di questa Misericordia della Buona Morte non atteneva solo ai condannati, ma anche a coloro che, ad esempio negli ospedali, soprattutto a chi non aveva nessuno, erano ormai in agonia, e la presenza di questi fratelli della Misericordia era quella di accompagnare, soprattutto con preghiere, il moribondo alla sua dipartita da questa valle di lacrime.
Un momento sicuramente drammatico e ricco di pathos, che però, religiosamente parlando, aveva un significato profondo. Oggi, purtroppo, assistiamo a un fenomeno contrario, dove troppo spesso l'agonizzante è lasciato solo, senza nessun conforto né vicinanza. Ritengo che invece sia necessario un recupero per un accompagnamento a una Buona Morte, invece di confinare e nascondere quell'inevitabile momento.