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La vita è una schiscetta: un libro di racconti su Milano

  • Francesca Martinelli
La vita è una schiscetta. Avventure di ogni giorno raccontate anche in milanese è un libro di Giorgio Guaiti che raccoglie gli articoli di costume che negli anni il giornalista ha scritto per la rubrica Specchio Segreto de Il Giorno.la-vita-una-schiscetta
 
Il libro è una raccolta di una quarantina di racconti che descrivono Milano attraverso la sua quotidianità (dal caffè al banco la mattina alla caldaia da sostituire), i suoi personaggi (come il “prestinaio”), i suoi amori e disamori (uno per tutti: il “ballabiòtt”, ovvero il Napoleone nel cortile dell’Accademia di Brera). Ogni racconto è tradotto in dialetto milanese e quattro anche in latino, per mostrare quanto dell’antica lingua è rimasto nella parlata meneghina.
 
Ogni racconto è un tuffo nella città e nelle sue tipicità, nel suo passato, nel suo presente e, a volte, anche nel suo futuro, e consente a vecchi e nuovi milanesi di addentrarsi in una realtà che avvolge chi nella città vive e ha vissuto, ma anche chi non la conosce e vuole capirla un po’ meglio, anche grazie al suo dialetto. Il dialetto, infatti, restituisce la visione di una Milano che agli occhi di molti sembra scomparsa nelle sue continue trasformazioni, ma che invece continua a pulsare nel cuore delle sue strade e piazze e di coloro che vogliono ricordarne o comprenderne il passato.
 
Ho avuto l’occasione di intervistare Giorgio Guaiti, autore del libro, che mi ha raccontato anche qualcosa di sé. Giorgio Guaiti,– ovviamente – milanese, è laureato in Lettere e giornalista professionista dal 1973. Giorgio Guaiti ha precisato di aver lavorato presso Il Giorno dal 1975 al 2010, ma di continuare tuttora a collaborarvi con articoli di fondo e di “costume”. Durante la sua carriera si è sempre occupato di cronaca dedicandosi a tutte le sue varie sfaccettature: a partire dalla cronaca nera per passare poi alla sanitaria e alla giudiziaria, e, infine, alle notizie riguardanti scuola e politica (Palazzo Marino e Regione). Inoltre, ha sempre scritto articoli di colore, commenti e di fondo. Per molti anni ha anche curato la rubrica Specchio Segreto, da cui sono tratti i pezzi pubblicati nel libro La vita è una schiscetta.
 
D: Da dove nasce l’idea del libro La vita è una schiscetta?
 
R: La vita è una schiscetta è la seconda raccolta di articoli tratti dalla rubrica Specchio Segreto che ho pubblicato per anni sulle pagine di Cronaca de Il Giorno. Pezzi di colore e di costume. L’idea era quella di trovare uno spazio per scrivere, con un pizzico di ironia, molti di quei fatti, di quelle situazioni, che fanno parte della vita di un milanese (e non solo di un milanese), ma che non trovano spazio nelle pagine di un giornale perché non “fanno notizia”. Brevi racconti sulla vita di ogni giorno, sull'affermarsi di nuove mode e abitudini, sui guai che possono capitare a chiunque. Insomma su tutte quelle cose, belle e brutte, che finiscono per riempire l’esistenza, proprio come si riempie una “schiscetta”: il contenitore che soprattutto gli operai, ma anche gli impiegati, si portavano al lavoro, per il pranzo di mezzogiorno. Una “schiscetta” con il primo e il secondo, con pietanze riuscite più o meno bene, più o meno gustose.
 
D: Come mai si è scelto di tradurre i racconti in dialetto milanese e com’è nata la collaborazione con il Circolo Filologico Milanese? Inoltre, nel libro alcuni racconti sono tradotti anche in latino oltre che in dialetto milanese, potrebbe spiegarci perché?
 
R: L’idea non è mia, ma della signora Alma Brioschi, insegnante di milanese e “anima inossidabile” del Circolo Filologico Milanese, che anni fa aveva cominciato a leggere la mia rubrica a Radio Meneghina, prima nella versione italiana, poi traducendola in milanese. Non solo, un paio di anni fa ha anche pensato di utilizzare i miei “racconti” come testi per le sue lezioni di  milanese, chiedendo ai suoi allievi di tradurli in milanese. Ed è lì che è nata l’idea del libro in doppia versione: l’originale in italiano e la traduzione della signora Brioschi. A completare l’opera è arrivato l'architetto Giancarlo Rossi, che al Circolo insegna latino. Anche a lui i “racconti” sono piaciuti e si è offerto di tradurne qualcuno: così per quattro “quadretti milanesi” oltre all’italiano e al meneghino è arrivata anche la versione latina.
 
D: C’è un racconto che preferisce tra quelli che ha scritto?
 
R: Impossibile rispondere. Il libro ne contiene una quarantina, ma nel complesso ne ho scritti oltre 700 e non me li ricordo tutti. Certamente ce ne sono alcuni venuto meglio e altri meno bene. Però è successo più di una volta che qualche pezzo che a me non sembrava particolarmente bello, sia piaciuto moltissimo. E viceversa. Quello che posso dire è che, fra quelli pubblicati in questo libro, il racconto dedicato alla bambina cinese che gioca sul balcone (“Una bimba gioca sul balcone, suspense al semaforo”, nda) è fra quelli che sono piaciuti di più ai chi lo ha letto.
 
D: Dalla sua raccolta emerge un’identità milanese che trova le sue radici nel passato, potrebbe spiegarci cosa significa, secondo lei, essere milanese?
 
R: È il tema di uno dei brani del libro, ma la risposta è difficile. Anche perché è difficile dire chi sono i milanesi: da secoli, dall'epoca dei Comuni e forse anche da prima. questa città accoglie migliaia e migliaia di “forestieri” che però finiscono per inserirsi nella città e per adeguarsi ai suoi ritmi di vita e al suo spirito. Forse, in fondo, il senso vero della milanesità è proprio questo: saper accogliere e dare un’opportunità a chi è disposto a lavorare in questa città e per questa città. Fino ad ora ha funzionato con gente che arrivava da altre zone della Lombardia, da altre regioni, da altre nazioni. Sarà interessante vedere se la ricetta funzionerà anche con chi oggi arriva da altre, anche lontanissime, parti del mondo. È questa la scommessa sul futuro di Milano.
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