La peste suina non si trasmette all'uomo: intervista al medico veterinario Dottor Antonio Galdo
In Italia è scattato l'allarme della peste suina africana, dopo che in Piemonte verso la Liguria, sono stati ritrovati morti ben quattro cinghiali a causa del virus. Una patologia altamente trasmissibile che può uccidere gli animali, causando ingenti danni alla filiera agroalimentare italiana.
Nei luoghi dove sono stati rinvenuti gli animali, oltre alla caccia, è vietata qualsiasi attività come: trekking, raccolta funghi, mountain bike, semplici escursioni e qualsiasi altra azione che potrebbe interagire con i cinghiali.
Abbiamo voluto chiedere dei chiarimenti al nostro esperto, il dottor Antonio Galdo, medico veterinario, PhD, specializzato in tecnologia e patologia delle specie avicole del coniglio e della selvaggina.
La PESTE SUINA
Dottore, all'improvviso a causa della morte di alcuni cinghiali è scattato questo allarme di peste suina africana. Di che cosa si tratta?
La peste suina africana è una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici, solitamente letale. Non esistono vaccini né cure specifiche. È per questo che la malattia ha gravi conseguenze socio-economiche nei Paesi in cui è diffusa. È una patologia infettiva trasmessa e sostenuta da un virus a DNA a doppia elica chiamato Asfarviridae, genere Asfivirus, patogeno stabile che viene trasmesso sia per contatto diretto, cioè trasmissione associata ad un trasferimento fisico diretto di microrganismi tra un animale infetto ed un ospite suscettibile, tipo naso/naso, oppure per contatto indiretto di un ospite suscettibile con un oggetto contaminato; vettori come le zecche Ornithodoros possono esercitare un ruolo epidemiologico. In Africa, la malattia è endemica, e la trasmissione attraverso vettori contribuisce in larga misura alla persistenza ed alla propagazione del virus.
I segni tipici della peste suina africana includono febbre, perdita di appetito, debolezza, aborti spontanei, emorragie interne con emorragie evidenti su orecchie e fianchi o morte improvvisa. Gli animali infettati da ceppi meno aggressivi del virus della peste suina africana possono non mostrare i tipici segni clinici.
LA DIFFUSIONE DEL VIRUS
Per adesso l'area dove si sospetta ci sia questa malattia, riguarda gran parte del Piemonte spostandosi verso la Liguria. Il virus potrebbe colpire anche altre aeree del paese?
Certo, la malattia potrebbe diffondersi anche in altre aree del Paese a causa delle caratteristiche intrinseche dell'animale; infatti il cinghiale è un animale ad elevata densità post riproduttiva che si adatta alle diversità ed alle modifiche ambientali. Inoltre, la lunga persistenza del virus isolabile dalle carcasse depositate a lungo sui terreni, ne favorisce la permanenza e la successiva diffusione.
Il ruolo nella diffusione del virus spetta anche all'azione diretta dell'uomo. Fondamentale è il rispetto delle norme, ben codificate, relative al trasporto degli animali, al controllo dell'igiene e pulizia degli allevamenti.
Molte delle attività svolte dall'uomo potrebbero contribuire alla diffusione del virus al di fuori delle aree di focolaio.
NON CONTAGIOSO PER L’UOMO
In una situazione di pandemia sentir parlare di un virus può creare un grande spavento. Questa malattia può essere trasmessa anche all'uomo?
No
Perché?
É questa una malattia specie-specifica, propria del suino domestico e selvatico (cinghiale).
IL DIVIETO DI PRATICARE CACCIA; TREKKING………………
Nelle zone dove sono stati ritrovati morti i cinghiali è vietata caccia e praticare altre attività.
Se il virus non fosse contagioso per l'uomo per quale motivo è stato deciso questo?
Il fine è il contenimento della diffusione virale che può avvenire anche con la contaminazione di oggetti, per esempio: il virus si rinviene sotto le suole delle scarpe, sulle gomme delle automobili ecc.; ovviamente, contaminazione non vuol dire contagio, per cui ci tengo a rassicurare i lettori.
LA DENUNCIA DI COLDIRETTI
Coldiretti ha denunciato che l’elevata presenza dei cinghiali e soprattutto la moltiplicazione della specie, potrebbe essere tra le cause di questo problema.
Che ne pensa di tutto questo?
Sì, certo, è proprio la somma delle proprietà di sopravvivenza virale e delle abitudini di vita del selvatico a creare un cocktail micidiale per la sua diffusione.
IL PERICOLO PER IL SETTORE AGROALIMENTARE
Si teme un grave problema che potrebbe scaturire un’ingente crisi del settore agroalimentare, riguardante la produzione di salumi. In che modo bisognerebbe agire per permettere che questo non accada?
Seguire le direttive ben codificate dagli organismi preposti. Bisogna tenere a mente che chiunque provenga da aree infette può rappresentare un veicolo di trasmissione del virus agli animali. Anche i cinghiali, liberi di avvicinarsi alle aree antropizzate, rappresentano uno dei mezzi di diffusione del virus ed in particolare, qualora entrassero in contatto con allevamenti non in regola con le norme di biosicurezza.
È indispensabile adottare comportamenti corretti e precauzioni per prevenire la diffusione della malattia.
LA PREVENZIONE
Secondo lei si potrebbe parlare di prevenzione per la peste suina africana e fenomeni simili?
La profilassi sanitaria si fonda su controlli ben codificati della filiera aziendale al fine di evidenziare la presenza non solo della patologia in atto, ma anche di animali con sintomatologia atipica o silente. In caso di sospetto e/o accertamento diagnostico, al fine di impedire il propagarsi del virus, è necessario dare inizio alle operazioni di abbattimento e distruzione di tutti i capi presenti. Per quanto riguarda il ruolo del cinghiale, è fondamentale bloccare l'epidemia segnalando e testando i cinghiali morti; limitare con recinzioni le aree interessate e soprattutto ridurre la contaminazione virale dell'habitat insistendo sul divieto di caccia e sulla rimozione delle carcasse. In ultimo, è di fondamentale importanza cercare di contrarre la popolazione dei cinghiali tramite azioni di cattura mirata come il trappolaggio, il tiro notturno oppure l’ isolamento, per mezzo di personale competente.
Per concludere, voglio sottolineare che in Europa, la presenza di cinghiali infetti, rappresenti il maggior rischio di infezione per il suino domestico. La tempestiva diagnosi di malattia e la corretta gestione delle popolazioni di cinghiali rappresentano le uniche opportunità da perseguire per contenere la diffusione del virus.