Picnic metropolitano: ritorno alla quotidianità
A settembre inoltrato la quotidianità dovrebbe ormai aver ripreso il suo solito corso, a partire dalle levatacce al rintocco di una sveglia, che per quanto si camuffi sotto le sembianze di radio, di dolce melodia, di canzone preferita rimane pur sempre un appuntamento fastidioso.
Io, che rifuggo il risveglio di soprassalto, ho imparato senza volerlo a svegliarmi due minuti prima che scatti l’ora x.
Segue poi il rito dei preparativi, un filmino accelerato visto che si è sempre un filino in ritardo: io sono così brava che le rarissime volte che sono in anticipo riesco a fare più tardi del solito, forse sguazzando troppo nel mio rarissimo tempismo perfetto!
E finalmente parte la gara. Strade e marciapiedi vengono presi d’assalto, per non parlare di tram e metrò. Alle fermate si rischia di venire letteralmente travolti dai passeggeri. Insomma, una gimcana piena di insidie che aumentano in modo direttamente proporzionale al ritardo via via andatosi accumulando. E finalmente lo sprint finale per raggiungere il lettore del badge e vittoriosi esclamare entrando in ufficio: anche oggi non sono l’ultima ad arrivare!
Sia dato inizio al lavoro che ci impegna in modo più o meno serrato, più o meno gradevole, più o meno movimentato fino alla agognata pausa pranzo, anzi, scusatemi, ma siamo a Milano e non mi capirebbe nessuno se parlassi così, qui si consuma la colazione. Colazione? Alle 13.00? sì, avete letto bene, nel mondo che conta evidentemente la colazione si salta a piè pari e slitta all’ora di pranzo, dove del resto si consumano piatti che per quantità e talvolta per assortimento sarebbero più appropriati per il risveglio. Poi mettiamoci anche il fattore dieta, ed è presto spiegato l’uso del termine.
Ma tornando a noi comuni mortali, proprio qui volevo arrivare, al picnic metropolitano. Dovrebbe essere una pausa rilassante per staccare la testa e ricaricare le energie e la concentrazione, e invece ci si rituffa nuovamente in una ressa di affamati che invadono bar, e simili, disposti a mangiare uno in braccio all’altro, oppure a lasciare libero il posto finendo l’ultimo boccone in piedi con il piatto in mano. E non è neanche detto che tanta fatica per accaparrarsi il posto venga poi ripagata perché non sempre si mangia ciò si ordina, disponibile fino ad esaurimento scorte.
Da non trascurare l’atmosfera sonora: meglio fare finta di niente, perché a soffermarsi sul rumoroso chiacchiericcio si rischia di andare in tilt.
Aria per favore, mi sento soffocare. Preferisco di gran lunga le mie pause alternative in solitaria, che alterno a sporadici pranzi per approfittare ad incontrare amici e conoscenze altrimenti frequentati solo sul web, cercando rigorosamente posti imboscati, lontani dai circuiti più trafficati. Tempo permettendo propongo in alternativa dei picnic sulle panchine che, seppur seminate col contagocce, ci sono: sarebbe simpatico mapparle. E’ vero, spesso sporche e maltrattate, ma le trovo così simpatiche per accogliere una chiacchierata in “tranquillità” e senza fretta gustando una prelibatezza di panetteria, un gelato tutto-in-uno, yogurt e cereali, e tutti i cibi da passeggio che pian piano stanno prendendo piede.
Ormai è arrivata anche da noi la moda del caffè americano da trangugiare durante la corsa mattutina in direzione ufficio.
Dimenticavo, vuoi l’effetto crisi, vuoi le intolleranze alimentari, il tempo risicato, io non disdegno affatto la “schiscetta” consumata anche in solitaria in compagnia di un libro, oppure passeggiando per sgranchirmi le gambe. Come pregusto i giorni di pioggia che dedico a scoprire nuove letture: ormai tutte le librerie mettono a disposizione spazi e scaffali di volumi per la lettura. Purtroppo un hobby trascurato dai più eppure così prezioso, non solo per rispolverare un po’ di sana lingua italiana (costruzioni della frase, ortografia, vocabolario) ma anche per arricchirci di contenuti, per stimolare il nostro senso critico, le idee, confrontarci con soluzioni alternative a problemi comuni.
E’ dopo pause così che rientro in ufficio con spirito sereno, dimentica delle solite ingiustizie da ufficio subite, spianati i malintesi, l’ approccio collaborativo e la ricaricata energia; felice: il giro di boa è stato doppiato, manca poco alla chiusura.