La nuova variante Omicron e la vaccinazione per i bambini: intervista al dr. Pregliasco
Oggi affrontiamo le caratteristiche della nuova variante Omicron (variante africana), di come i vaccini attuali possono fronteggiare le varianti e il tema vaccinazione dei bambini con il Dr. Fabrizio Pregliasco, Direttore Sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, oltre che Professore associato di Igiene Generale e Applicata presso la sezione di Virologia del dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano.
Nel corso dell’ultimo anno, si sono sviluppate diverse varianti per arrivare a quella africana. Quest’ultima è più aggressiva rispetto alle precedenti? L’aggressività dipende dalla capacità di bucare i vaccini o ci sono altri elementi che definiscono la pericolosità?
La variate Omicron sembra essere più contagiosa ma determina effetti clinici meno pesanti. Questo è un buon segno perché probabilmente la tendenza di questo virus è essere più tranquillo. L’aggressività è legata alla parte di malattia clinica che sembra non esserci. L’aspetto del vaccino è un fatto diverso e comunque più preoccupante da un punto di vista di sanità pubblica.
Le variazioni/le mutazioni sono a carico per fortuna dello spike* s1 (della parte dell’uncino dello spike), quello che aggancia il virus e determina una maggiore facilità nell’ andare sui recettori delle cellule (che si chiamano ace2) e avere maggiore contagiosità.
Per fortuna le mutazioni non sono nel gambo, nel bastoncino immaginando un uncino, invece sono quelle legate alla maggiore letalità patogenicità che sono non ci sono.
Non ci sono studi precisi per quanto riguarda quello che non sembra essere una perdita molto pesante dell’efficacia degli attuali vaccini nella composizione attuale soprattutto eseguendo tre dosi.
Se le misure che già adottiamo come distanziamento/sanificazione/uso mascherine non cambieranno, l’unica soluzione “massiva” contro le varianti rimangono i vaccini. E’ ipotizzabile che andremo avanti con nuove dosi per fronteggiare le ulteriori varianti oppure sono allo studio nuovi vaccini che consentono una copertura più duratura per fronteggiare queste situazioni?
I vaccini sono l’elemento importante. Fondamentale è il nuovo galateo delle misure come il distanziamento. Dobbiamo continuare con queste misure. Dobbiamo immaginare questa pandemia come un serie di onde di un sasso in uno stagno, le prime più importanti e vi via più rallentate e pesanti, ma anche se arriveremo a valori elevatissimi come stiano positivamente procedendo in Italia, il virus rimarrà endemico.
Io penso che ci saranno vaccinazioni come quella dell’influenza non più universali, tranne se arriva una nuova variante pesante, ma penso ad un campagna vaccinale magari con cadenza annuale non per tutti, ma per i soggetti fragili, più esposti o per chi lo vorrà.
Si sta parlando di introdurre la vaccinazione per i bambini compresi nella fascia 5 -11 anni. Ritiene che sia fondamentale affrontare questo passo in concomitanza della nuova variante?
La vaccinazione per i bambini a mio avviso è importante perché l’1% di loro va in ospedale, mentre 1 su 3000 ha il sindrome multi sistemica infiammatoria che determina miocarditi, ben peggio di non quanto non si dice dei vaccini che sono 1 a 100.000 e molto meno nei dati che ci arrivano nei bambini più piccoli: 1/3 di loro ha il long covid.
In particolare la variante delta è molto più efficace nell’infettare i bimbi, perché l’originale aveva uno spike (il famoso uncino) che aggrediva con meno facilità i pochi recettori dei bimbi. Difatti in questo momento i bimbini rappresentano un aspetto molto importante dell’andamento epidemico.
C’è davvero una convenienza nella vaccinazione. I dati sono miliardi di dosi negli adulti e nei giovani e 4000.000 circa negli Usa, che hanno riferito veramente di efficacia notevole (come si immaginava) e anche in termini di sicurezza con una incidenza minore di miocardite 1 a 100.000 o pericardite 1 a 800.000 per maschi adolescenti più grandicelli.
Le vaccinazioni obbligatori per morbillo hanno rischi simili e minori di complicanze. Su questo aspetto c’è un una paura assurda dovuta anche all’intensità dell’informazione e fake news.
Sono stati effettuati dei test sui gruppi omogenei di vaccinati per verificare che i vaccini riescano a fronteggiare il virus anche nelle sue varianti? Fino ad ora la scienza ha affermato che le varianti si sviluppano perché il virus trova terreno fertile nei non vaccinati e relative aree geografiche.
I virus si modificano e tendono ad adattarsi ed è fatto naturale in particolare i coronavirus come il virus dell’influenza hanno un difetto, quello di non replicarsi uguali a sé stessi.
Questo diventa un vantaggio perché trovano variazioni (in questi errori di replicazione) secondo lo schema di Darwin, “il caso e le necessità”, in questi errori di replicazione.
La fake stupidissima che i vaccini determinano una selezione è vera nel lunghissimo periodo, in quanto se saremo tutti vaccinati è possibile che i qualche virus trovi una variazione, come per altre vaccinazioni come lo pneumococco.