Skip to main content

Viaggio nelle periferie tra le paure e le ombre dell’immigrazione

In un momento storico così difficile, dove la paura è la nostra ombra che ci rende simili, si accendono ancora di più i focolai di esasperazione e insofferenza soprattutto nelle periferie delle città, presso le stazioni degradate e negli angoli sommersi dell’economia.

sou immigrazioneQueste ombre ci incutono sospetto, paure e spesso nascondono pericoli, che si trasformano in attacchi che segnano la nostre vite e ci rendono fragili; da quel momento in poi la nostra vita diventa un viaggio sempre più insicuro.

Come si fanno a cacciare queste ombre?  Sicuramente lo strumento più risolutivo è il respingimento, oppure quando questo fenomeno è di difficile soluzione, viene spostato verso altri paesi.

Ma l’ombra è una metafora dell’oscurità che torna.

Mi sono posto una serie di interrogativi negli ultimi due anni, ai quali non ho mai trovato risposte ascoltando i media e leggendo le cronache.  Il dibattito politico è diventato duro, costellato di numeri sugli sbarchi e respingimenti.

Tutto questo ha condizionato anche il voto politico, spesso inquinato anche dalle fake news. Ho deciso pertanto di ascoltare una voce di chi ha vissuto, vive e lotta in questa ombra.

Oggi vi racconterò il viaggio di Soumila Diawara, che arriva dal Mali. 

Soumila, parlaci un po’ di te, da quale parte del mondo vieni e cosa fai nella vita?

Mi chiamo Soumaila Diawara e sono nato il 4 febbraio 1988 in Mali, dove mi sono laureato in scienze politiche e giuridiche, successivamente ho preso la specializzazione in tecnico informatico presso l’Università di Montreal in Canada.  Da circa quattro anni vivo in Italia, e lotto per la giustizia sociale ed economica nella promozione delle pari opportunità.  Sono autore e scrittore di testi.

Come mai hai deciso di lasciare il tuo paese di origine? Come sei arrivato in Italia?

Dopo gli studi ho iniziato la mia esperienza nei movimenti studenteschi a fianco della società civile.  Successivamente sono entrato nel partito “Solidaritè Africaine pour la Démocratie ed lndépendance” per continuare la lotta per la liberazione del mio paese dall'imperialismo occidentale.

Nel 2012 ho abbandonato il Mali in quanto accusato, ingiustamente, insieme ad altri di un’aggressione ai danni del Presidente dell’Assemblea Legislativa. Dopo queste accuse, molti miei compagni hanno incontrato la morte, altri sono fuggiti, io sono stato costretto a seguire le rotte dell’attuale fenomeno migratorio partendo dalla Libia su un gommone. Grazie al salvataggio di una nave della Marina Militare, sono arrivato nel 2014 e ho ottenuto la protezione internazionale e sono attualmente un rifugiato politico.

Non hai avuto paura di affrontare un viaggio, dove rischiavi la vita? Come è stata la traversata?

Il viaggio non è un cosa facile, affrontare il mare, arriva dopo un periodo di disperazione, non avendo alternative, uno deve scegliere tra la morte più veloce o quella incerta in cui potrei trovare la salvezza.

Non è facile affrontarlo sapendo di rischiare. La gente non lo sa. Non conosce cosa ci sta dietro. Non è una decisione facile, non è una passeggiata e nemmeno una crociera. Un cammino in cui cerchi di fuggire dalla morte e anche affrontandola per attraversare il mare.  Io personalmente sono sopravvissuto anche ad una strage in cui sono morte 90 persone, però per fortuna sapevo “notare“ e mi sono salvato. 

Come spieghi i flussi migratori dall’Africa verso i paesi occidentali, sebbene il tuo continente sia ricco di materie prime? Si parla spesso nel dibattito pubblico, di aiutare le popolazioni nelle loro terre di origine, per prevenire i flussi immigratori. Perché questo non avviene?

Tante sono le persone disperate che vanno via per diversi motivi, anche se vengono da paesi ricchi.

Il problema è dovuto alla rete di corruzione internazionale creata tra Occidente e Africa, dove vengono mantenuti dei dittatori che hanno dei conti correnti in occidente pieni di soldi e si armano contro il proprio popolo, e non danno nemmeno possibilità alla gente di sopravvivere.

Ci sono dei posti in Africa dove si può morire di malaria perché uno non ha venti euro per curarsi. Purtroppo la brutta bestia del capitalismo ha devastato l’Africa con questi dittatori, che non danno possibilità, spingendo i popoli alla fuga di loro paesi anche per colpa di guerre, conflitti interetnici.

Esempio nel Mali, in particolare del More, ci sono i terroristi che rapiscono i bambini che vengono addestrati per combattere e le madri preferiscono che i loro figli vadano a morire sul mare piuttosto che seguire la strada del terrorismo.

Dai numeri che leggiamo sulle cronache, osserviamo che i tassi di delinquenza sono più alti nella popolazione degli immigrati irregolari. Secondo te quali sono le cause e cosa la politica potrebbe fare per risolvere questo problema?

Io credo che sia dovuto all'abbandono delle persone a se stesse, che non hanno la consapevolezza della loro sopravvivenza, finendo poi nelle mani della criminalità organizzata.

Tanti sono i ragazzi che hanno problemi nell'integrarsi, dovuti anche al fallimento del sistema di accoglimento, quando escono dai centri senza una minima formazione.

Tanti di loro finiscono nei campi o nello giro dello spaccio, e soprattutto le donne che finiscono sfruttate nel mercato della prostituzione.

Lo stato deve intraprendere una strada di integrazione giusta per dare spazio a queste persone, per integrarsi culturalmente e lavorativamente. Avere la consapevolezza che devono lavorare, devono cercare di guadagnarsi la vita in maniera dignitosa. Ci sono tante persone che sono nelle mani delle mafie non perché lo hanno voluto, ma perché vogliono sopravvivere. Chi ha maturità preferisce andare a farsi sfruttare nei campi che stare a spacciare.

Occorre che lo stato intervenga quando questi ragazzi escono dai centri, mandandoli a scuola, per imparare la lingua e fare una formazione lavorativa. Dopo di che ci saranno le possibilità di sopravvivere all'inizio e continuamente potrà migliorare la loro vita, ed evitare situazioni che causano danni a loro stessi e alla cittadinanza.

Un altro fenomeno preoccupante sono lo stato delle periferie, le stazioni abbandonate dove spesso troviamo immigrati irregolari che creano situazioni di insicurezza. Secondo te è un fallimento del sistema di integrazione, con responsabilità dello Stato che non crea le condizioni di integrazione oppure c’è anche un concorso di colpa degli immigrati?

Io non credo che lo stato italiano non sia in grado d i controllare lo spaccio, ma spesso è molto facile dare la colpa ai deboli, ai disagiati e vulvenaribili, perché si sa bene, chi porta la droga per strada ma sono colpiti i piccoli spacciatori. Io sono contrario alle droghe. Meno spaccio e si salveranno tanti ragazzi. Bisognerebbe guardare chi sta sopra. Chi organizza il trasporto. Ci sono tante responsabilità. Non voglio dare tutta la colpa allo stato, ma lo stesso ha una grande responsabilità. Non giustifico il fatto chi spaccia per strada, in quanto commette reato e deve rispondere di quello che fa.

Cosa ne pensi delle ultime polemiche sugli immigrati infetti al covid, che sta suscitando forte dibattito. Ravvedi errori nella gestione dei centri di accoglienza da parte del Governo?

Il Governo sta cercando soltanto di giustificare il rinnovo del finanziamento con la Libia, che è disumano. Io ne sono passato, ho visto di tutto: ragazzi che venivano costretti a lavorare forzatamente, in campi che io chiamo di campi di concentramento e donne costrette a prostituirsi.

Milizie, guardie e anche marinai libici prendono soldi. Finanziare la marina libica è un crimine, soprattutto da un paese europeo dove si pretende che il rispetto dei diritti, allo stesso tempo si finanziano criminali che tengono le persone in condizioni disumane.

Il Covid è un pretesto.

Le persone sono controllate, messe in quarantena e lo stato ha la possibilità di controllare che non avvengano i contagi.

Ma speculare sulla malattia è l’irresponsabilità totale della politica, cercando di nascondere questo accordo.

Occorre pensare alle condizione delle persone, non perseguendo la ricerca affannata del consenso.

Purtroppo noto che chi ha responsabilità di Governo ha perso un po’ la rotta sul difficile compito dei diritti civili, facendosi trascinare da derive spesso alimentate dai venti di insofferenza.

 

Ringrazio Soumila Diawara, per il suo racconto che ci insegna che governare nell'interesse generale è molto difficile, e soprattutto quello che accade nell'altra parte del mondo arriva prima o poi e tocca tutti noi.

Pin It