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De Andrè Piazza Duomo: musica in libertà per ricordare il grande Faber

faberLa notte dell’11 gennaio 1999 si spegneva Fabrizio De André, stroncato da un tumore a 58 anni, all'Istituto dei Tumori di Milano, dove era ricoverato da qualche tempo.

Questa sera, Venerdì 11 gennaio 2013, a 14 anni dalla sua scomparsa, Milano ricorda il cantautore genovese sul sagrato del Duomo, un ritrovo collettivo con chitarre, fisarmoniche e strumenti vari, ma soprattutto tanti amici per cantare le sue canzoni. L’iniziativa si svolge da qualche anno, una manifestazione di aggregazione spontanea che serve alla città di Milano per far rivivere le note di De Andrè, ricordandole di avere una vitalità e una forza da riscoprire. Tantissimi saranno oggi gli eventi e in concerti in suo onore, noi v’invitiamo a condividere questa esperienza estemporanea, senza preparativi, all’insegna della semplicità e con la grande voglia di condividere le emozioni che le sue canzoni sempre ci hanno trasmesso.

Cosa ci manca di Fabrizio?  Di sicuro la sua ironia e la sua lingua, affilata come un bisturi, quella sua sensibilità fatta di “velluto e carta vetrata” per dirla con un titolo di un disco di Dori Ghezzi. Con le canzoni di Fabrizio ci sono cresciuta e non passa giorno senza che non lo riascolti e rimanga costantemente affascinata da quel suo modo di scandire le parole, dare il giusto peso a ogni lettera, calcare le consonanti, gustarsi le sillabe tra le labbra, regalare a ogni luogo la sua profonda dimensione. Mi piace ricordare le emozioni che ha sempre suscitato nella mia vita, da piccolissima il mangianastri di mio papà che suonava spesso una sua cassetta ed io rimanevo ore ad ascoltarla senza capire quasi nulla, restandone già totalmente affascinata. La passione per Fabrizio è cresciuta con gli anni. E’ esplosa durante l’adolescenza quando mi identificavo nelle sue parole di rabbia contro il potere, nel disprezzo per le opinioni dominanti, nella difesa delle minoranze. Accompagna i miei pensieri di oggi, schiacciati da un potere che soffoca gli ultimi, da una religione che spesso si dimostra ottusa e che ha scordato le parole semplici di quello che lui ha sempre chiamato “il più grande rivoluzionario di tutti i tempi”. E quanti, tra voi, sono stati a Genova a passeggiare per Via del Campo, a visitare il negozio-museo che fu di Gianni Tassio, il collezionista di dischi scomparso qualche anno fa, grande amico del cantautore genovese? Quanti a vedere quel balcone immaginandosi una graziosa? Quasi tutti, ne sono sicura, cercando di ricollocare le sue parole tra quei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi.

Perché De Andrè ha ispirato i nostri sogni di rivoluzione? Forse perché è sempre partito dalle cose che ci circondano, ha sempre lasciato da parte i grandi temi universali, regalando un posto speciale invece alla realtà di ogni giorno, a quelle figure che parlano con semplicità e che dalla vita non hanno più nulla di aspettarsi. Mi hanno sempre profondamente divertito i racconti che di lui fanno le persone che hanno condiviso anni di carriera o di vita, dipingendo una figura ostile a quello che tutti si sono sempre attesi da lui. Chi non ha mai sentito il racconto della nascita di Amico Fragile? Una notte in Sardegna, lo invitano a partecipare a una festa tra medici, avvocati e gente di un certo livello culturale, con cui Fabrizio voleva parlare di temi contemporanei, che in quel momento lo interessavano, specie in relazione ad alcune affermazioni che Paolo VI aveva fatto sugli esorcismi. I presenti invece erano solo interessati a sentirlo suonare, mentre mangiavano e bevevano. Stanco e annoiato, finisce la serata con una sbronza colossale e se ne va mandandoli tutti a quel paese per finire la notte nel suo garage a scrivere testo e musica di quella che diventerà una delle sue canzoni più emblematiche e oscure.

 Diceva che “La canzone serve prima di tutto a chi la scrive. Se poi incontra i sentimenti di qualcun altro, meglio”, ne ha incontrati tanti di sentimenti De Andrè con le sue canzoni, e sono innumerevoli le ragioni. Una fra tutte il sentimento di protesta, che oggi più che mai ce lo fanno sentire vivo. Soprattutto i sentimenti contro la cattiva gestione del potere sulla società da parte di quelle persone che non rinunciano mai ad avere dei benefici oggi per il benessere del futuro e che ostentano una falsa attenzione per la società e il futuro. I soprusi, costanti nei confronti dei deboli. Le dignità spezzate nei confronti delle minoranze, dagli indiani d’America al popolo Rom, gli accanimenti contro i più deboli della società, dagli sbandati a chi tenta di sbarcare il lunario. E non ultimo il tema dell’amore, spesso malinconico, quasi sempre finisce male con l’amaro in bocca.

Fernanda Pivano, durante un'intervista, quando le venne chiesto se Fabrizio De André fosse il Bob Dylan italiano, rispose: "Credo che Bob Dylan sia il Fabrizio De André americano!". Chissà come avrebbe reagito De Andrè a un pubblico grande come quello americano, lui che diceva di essere logorato dal pubblico. Fortunatamente Fabrizio non è nato in America, è un nostro grande cantautore di cui andiamo fieri ogni giorno, come oggi, per la sua musica e per le sue idee.

Partecipate numerosi questa sera! L'appuntamento in caso di pioggia è  sotto la loggia di piazza dei Mercanti.

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