Cletto Arrighi: alle origini della Scapigliatura
Forse non tutti sanno che la Scapigliatura, il movimento culturale che animò la Milano del Regno d’Italia, prende il suo nome dal romanzo di uno scrittore e giornalista che ebbe un ruolo fondamentale in quegli anni turbolenti.
Carlo Righetti, che come giornalista e scrittore adottò lo pseudonimo di Cletto Arrighi, nacque a Milano nel 1828.
Secondo la sua autobiografia Memorie di un soldato lombardo, pubblicata nel 1863, Arrighi prestò servizio come ufficiale dei dragoni lombardi durante la prima guerra d’indipendenza, per poi dimettersi dopo la sconfitta di Novara e successivamente partecipò alla seconda guerra d’indipendenza come soldato semplice dell’esercito piemontese.
Laureato in legge, Arrighi per tutta la vita s’interessò al giornalismo e alla letteratura.
Nel 1857 usci il suo romanzo d’esordio, Gli ultimi coriandoli, che affronta le tematiche patriottiche -sociali care a Giuseppe Rovani, suo grande amico.
Un anno dopo venne pubblicato il romanzo storico La giornata di Tagliacozzo, poi riedito come Il diavolo rosso nel 1863 e nello stesso anno usci la parodia dei Promessi Sposi di Manzoni Gli sposi non promessi.
Nel frattempo, nel 1860, Arrighi aveva fondato Cronaca Grigia, uno dei primi periodici della Scapigliatura, che pubblicava solo articoli e racconti scritti da lui.
Con il romanzo La scapigliatura e il 6 febbraio: un dramma in famiglia del 1862, su una rivolta dei giovani mazziniani a Milano nel 1853, il giovane scrittore diede il nome al movimento di cui faceva parte, la Scapigliatura.
L’introduzione al romanzo dice che “In tutte le grandi e ricche città del mondo incivilito esiste una certa quantità d’individui […], fra i venti e i trentacinque anni non più; pieni d’ingegno quasi sempre; più avanzati del loro secolo; indipendenti come l’aquila delle Alpi; pronti al bene quanto al male; inquieti, travagliati, turbolenti, i quali, e per certe contraddizioni fra la loro condizione e il loro stato, vale a dire tra ciò che hanno in testa e ciò che hanno in tasca, e per una loro particolare maniera eccentrica e disordinata di vivere […] meritano di essere classificati in una nuova e particolare suddivisione della grande famiglia civile, come coloro che vi formano una casta sui generis distinta da tutte quante le altre. Questa casta o classe […], che a Milano ha più che altrove una ragione e una scusa di esistere, io con bella e pretta parola italiana, l’ho battezzata appunto: la Scapigliatura milanese”.
Nel 1867 Arrighi venne eletto deputato nel collegio di Guastalla, ma si dimise dalla carica prima dello scadere del mandato in segno di protesta contro il malcostume parlamentare, che aveva messo in ridicolo nella Cronaca Grigia.
Con l’ascesa al potere della Sinistra, Arrighi fu il direttore del giornale L’Unione e collaborò anche con altri periodici satirici come L’uomo di pietra e La farfalla.
Dal 1877 fino al 1885 pubblicò una serie di romanzi ispirati al naturalismo francese, come I quattro amori di Claudia, Nanà a Milano, La mano nera e La canaglia felice.
Negli ultimi anni della sua vita Arrighi lavorò a una compagnia di teatro dialettale, Il Teatro milanese, con attori celebri come Gaetano Sbodio e Edoardo Ferravilla e per cui scrisse ben quaranta commedie in dialetto milanese, come El barchett de Buffalora, On milanes in mar. il Dì de Natal e Un pret che sent de vess omm.
A causa della sua mania per il gioco lo scrittore passò gli ultimi anni della sua vita in gravi ristrettezze economiche, anche se Francesco Crispi gli trovò un lavoro presso l’archivio di Stato.
Ormai solo e con il fisico distrutto dall’alcool, Arrighi morì a Milano il 3 novembre 1906, non prima di aver sconfessato due anni prima, davanti al vescovo di Milano, le sue idee materialistiche e anticlericali, oltre alla produzione letteraria dell’ultimo periodo.
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