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Delio Tessa: quando il dialetto diventa allucinato e grottesco

tessa Delio Tessa nacque nel 1886 a Milano, in via Fieno, in una delle tante casa di ringhiera, da una famiglia di bancari della piccola borghesia milanese dell’epoca.

Anche se si era laureato in legge del 1911, fin da subito il giovane rivolse i suoi interessi principali alla filosofia, al cinema, alla musica, ma soprattutto alla poesia, a cui si dedicava dagli anni del Liceo, inizialmente muovendosi nella tradizione milanese di Maggi e Porta, ma poi utilizzò idee e suggestioni nuove e originali.

Fisicamente, come dice uno dei suoi biografi, Carlo Linati,  il poeta era "non molto alto, minutino, sorridente da una faccetta lievemente rosata, un dente d'oro nella bocca vizza e, dietro gli occhiali (era miope) ballettanti, un po' malsicuri nella loro orbita, quei suoi occhi grigi ed acquosi, da cordiale allucinato".

D’estate Tessa vestiva abiti dal taglio alquanto "demodé" come pantaloni di tela bianca, solino, cravatta, e maggiostrina sulle ventiquattro, mentre se pioveva , portava sempre con se una vecchia ombrella a becco appartenuta a suo padre.

D'inverno invece il poeta indossava un paletò color tabacco, che lo faceva sembrare un notaio di provincia.

La sua carriera professionale non fu di grande successo, i suoi clienti erano solo sufficienti a fargli sbarcare il lunario con dignità.

E per arrotondare Tessa si dedicò anche ad una attività giornalistica in provincia e nel Canton Ticino, dove lavorò con la Radio della Svizzera italiana.

delio tessa milanoInoltre nel 1936 collaborò al giornale "L'Ambrosiano" che riuniva molte delle migliori firme della letteratura di allora, con scritti malinconici e al tempo stesso umoristici incentrati su figure e scorci della città, che sarebbero stati raccolti postumi nel volume "Ore di città"

Fu anche un fine dicitore di poesie, che preparava come "si preparerebbe un concerto" cosi sosteneva lui.

Di carattere mite e riservato, Tessa condusse una tranquilla esistenza da scapolo, a seguito di una cocente delusione sentimentale, col solo sostegno della famiglia e di pochi amici che gli furono vicini fino a quando una setticemia, provocata da un'infezione ad un dente curato troppo tardi non lo condusse alla morte il 21 settembre 1939.

Inizialmente il poeta venne seppellito in un piccolo cimitero nel comune di Musocco, ma nel 1950 il Comune di Milano ne fece traslare i resti nel Famedio e gli intitolò la strada che da corso Garibaldi va fino a piazza delle Crociate.

tessa 2Per chi oggi si accosta alla lettura delle poesie di Tessa, c’è l’ostacolo di una lingua oggi in parte sconosciuta e dimenticata come il dialetto milanese, al punto da sembrare quasi una lingua esotica.

Ma Tessa e il milanese erano una cosa sola, come dimostra questa sua dichiarazione “Scrivo in dialetto perché so che la lingua italiana non può, assolutamente non può, fornire quel mondo di suoni che mi occorre per esprimermi come voglio. Non immagino la lirica se non come musica della parola e le mie dizioni le preparo come si preparerebbe un concerto”.

I temi tipici della sua poesia sono la vita quotidiana dei milanesi, ma anche la conseguenze della drammatica situazione della prima guerra mondiale, oltre a una particolare attenzione per gli emarginati della società, come prostitute, ladri della vecchia Vetra e del Bottonuto, tra cui coltivò a lungo e discretamente poche ma sincere amicizie.

E proprio in questo  sta uno dei motivi cardine della poesia di Tessa, il milanese allora era una lingua viva, ancora parlata in gran parte della città, in grado di dar voce al suo mondo.

Ma le sue poesie non  sono solo una riproposizione di maniera, come quelle che per tutto l’Ottocento seguirono il modello di Carlo Porta, ma hanno un notevole respiro concettuale e grande attenzione alle forme metriche, sintattiche e fonosimboliche che appartengono alla grande poesia europea, da Baudelaire fino a arrivare agli espressionisti tedeschi degli anni Venti. 

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