Franco Albini sempre verso il domani
Un uomo, un artista creativo che con la sua visione tra il classico e la ricerca del nuovo lasciò a Milano una preziosa eredità architettonica.
Figlio unico di un ingegnere originario di Como, Franco Albini nacque il 17 ottobre del 1905 nel piccolo paese di Robbiate.
Dopo essersi laureato nel 1929 presso il Politecnico di Milano, Albini cominciò a lavorare presso il rinomato studio di Ponti e Lancia, nel cuore della città.
In poco tempo il giovane architetto riuscì a farsi una discreta fama come arredatore nella Milano degli anni Trenta, fino a quando l’incontro casuale con Edoardo Persico, lo spinse ad unirsi al movimento artistico legato alla rivista “Casabella”.
Nel 1931 Albini aprì uno studio professionale nel centro di Milano con Giancarlo Palanti e Renato Camus, con cui cominciò a lavorare seguendo le idee di Walter Gropius, uno degli architetti più famosi del novecento tedesco, che ideò un impianto aperto, con corpi di fabbrica allineati secondo l’asse elio termico.
Il primo progetto di Albini che seguiva queste direttive fu la Villetta Pestarini del 1938, che ebbe l’onore di venir presentata da Giuseppe Pagano con un articolo su “Casabella”.
Sempre attivo, il giovane architetto iniziò a sperimentare una serie di strutture curve o ordinate in griglie geometriche fino ad arrivare a pannelli in vetro o tessuto che lo portarono verso l’inizio degli anni Quaranta alla scoperta di innovazioni come il controsoffitto forato e a varie sperimentazioni legate al sistema espositivo prodotto in serie, come nel caso del Padiglione Montecatini alla Fiera Campionaria di Milano tenutasi nel 1940.
Dopo la seconda guerra mondiale, Albini spostò i suoi interessi verso le opportunità artistiche legate alla ricostruzione di Milano, mentre nello studio verso la fine del 1952 arrivò Franca Helg.
Sempre sul fronte delle ricerche sulla residenza popolare, l’architetto progettò edifici articolati sull’autonomia volumetrica delle scale, colonne di alloggi e collegamenti, come il quartiere Mangiagalli di Milano, la casa per impiegati della Società del Gres a Colognola a Bergamo, oltre a una serie di derivazioni dall’albergo – rifugio Pirovano di Cervinia e la villa Olivetti di Ivrea, per non parlare di oggetti di arredamento come le poltrone Luisa, Fiorenza e Tre Pezzi, il televisore per Brionvega, le maniglie Ambra e Agata fino ad arrivare alla poltroncina Adriana.
In tutto questo Albini non perse mai di vista la tradizione, che vedeva come la reinterpretazione dei valori architettonici italiani riconosciuti, come nel caso dell’edificio per uffici Ina a Parma e della nuova Rinascente a Roma, ma ne troviamo anche traccia nei nuovi uffici comunali di Genova.
Tra il 1962 e il 1963, Albini lavorò alla risistemazione delle stazioni della Linea 1 della Metropolitana di Milano.
Gli ultimi anni videro l’architetto impegnato sia in nuove sperimentazioni come nel caso dei numerosi musei italiani da lui progettati sia come insegnante di architettura al Politecnico di Milano.
Franco Albini mori il 1 novembre del 1977 nella sua casa di Milano.
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