Lucio Fontana: un taglio con il passato
Un artista che con la sua sensibilità ha dato una svolta all’arte italiana del secondo Novecento, introducendo la ricerca della tridimensionalità nella tela.
Lucio Fontana nacque il 18 febbraio del 1899 a Rosario del Fè, un piccolo paese nelle grandi pianure dell’Argentina.
Figlio unico di uno scultore e un’attrice, a soli sei anni il piccolo Lucio si trasferì a Milano con il padre per frequentare le scuole elementari e nel 1910 iniziò a lavorare come apprendista nella bottega paterna.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, Fontana si arruolò come volontario, ma dopo poco tempo venne congedato con medaglia d’argento al valor militare per gravi ferite.
Dopo la fine delle ostilità, Lucio tornò in Argentina, dove iniziò la sua attività come scultore, prima nella bottega del padre, poi aprendo uno studio a Rosario.
Nel 1928 tornò a Milano per iscriversi al primo corso dell’accademia di Brera e in poco tempo, venne promosso al quarto corso.
Nel 1930 conobbe e sposò Teresita Rasini, mentre contemporaneamente la sua scultura diventò sempre più libera e personale rispetto ai canoni dell’epoca.
Per tutti gli anni trenta, Fontana partecipò a mostre tra cui la Triennale di Milano e la Biennale di Venezia, oltre a sviluppare una piccola attività come ceramista ad Albisola e alla manifattura di Sévres.
Durante la seconda guerra mondiale tornò in Argentina, dove lavorò e insegnò come professore di modellato alla scuola di Belle arti di Buenos Aires, oltre a fondare nel 1947 l’Accademia di Altamira, di cui elaborò il Manifesto Bianco.
Dopo essere tornato a Milano nel 1947, Lucio fondò il movimento Spaziale che avrebbe dato un taglio netto all’arte italiana.
Uno dei suoi primi lavori in questa direzione fu l’ambiente spaziale a luce nera, presentato nel 1949 alla Galleria del Naviglio dove suscitò grande scalpore, mentre nello stesso periodo la sua incessante ricerca della terza dimensione lo portò a forare alcune tele dipinte dando origine a quelle che sarebbero diventate le sue opere più note.
Con l’arrivo degli anni cinquanta, Fontana prese una direzione sempre più orientata verso l’astrattismo puro, forando le tele a cui applicava colori, pastelli, lustrini, collages, inchiostri e frammenti di vetro, suscitando entusiasmi e stupore persino oltre i confini dell’Italia.
La vera svolta avvenne nel 1958, quando nei musei e nelle gallerie, comparirono le opere note come Concetto Spaziale e Attesa in cui solo tre o più tagli verticali rompono la monocromia della tela.
Mentre i collezionisti dei musei acquistavano le sue opere, Fontana continuò ad aiutare i giovani artisti, acquisendone i lavori.
Negli anni sessanta, dopo un viaggio a New York, Lucio cominciò a lavorare alle sue ultime tele, tra cui Fine di Dio, dipinto ad olio monocromatico con buchi, squarci e lustrini, Teatrini, cornici di legno sagomate e laccate con al loro interno tele monocrome forate e i suoi ultimi Tagli, che nel 1966 gli valsero il primo premio per la pittura alla XXXIII Biennale di Venezia.
Il 7 settembre 1968, nella vecchia casa colonica della sua famiglia a Cornabbio, nei pressi di Varese, Lucio Fontana morì a 69 anni.